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Frattura di femore, serve un migliore modello assistenziale 

13 MAG - Gentile Direttore,
lo scorso 10 maggio, presso l’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, ho presentato il progetto Femur, nato dalla cooperazione tra l’Ospedale e Federated Innovation@Mind (Milano Innovation District) - con il contributo di Cariplo Factory - che uniscono le forze per studiare il patient journey del paziente con frattura di femore e per sviluppare nuovi percorsi per l’assistenza dopo le dimissioni.

Questo evento traumatico è in continua crescita ed è strettamente correlato all’invecchiamento della popolazione e, nel prossimo futuro, potrebbe rappresentare uno dei maggiori problemi sanitari, con notevoli costi per il nostro Sistema Sanitario Nazionale.

Si stima che, entro il 2030, in Italia, le fratture, cosiddette da fragilità, aumenteranno di oltre il 20%, arrivando a sfiorare il tetto di circa 700mila casi e tra queste quelle di femore occupano indubbiamente il primo posto. In Italia, ogni anno, più 90mila persone ricorrono al pronto soccorso per fratture del femore, con la possibilità, però, che il loro numero sia complessivamente più alto, considerando quelle non diagnosticate. La fragilità scheletrica è, dunque, un problema di sanità pubblica, basti pensare ai tassi di mortalità tra gli over 65: se sono pressoché trascurabili durante la degenza post-operatoria, rimangono tuttavia ancora significativi nel periodo immediatamente successivo. La frattura del collo del femore è, infatti, caratterizzata da una percentuale di mortalità pari al 5% in fase acuta e del 15-25% entro un anno. Nel 30% dei casi, inoltre, il paziente ha una disabilità permanente e una riduzione delle sue capacità di deambulare in maniera autonoma (dati tratti dal 103° Congresso Siot 2023).

La frattura del femore è, inoltre un evento che coinvolge diversi aspetti: da quelli clinici, a quelli rieducativi, fino ai socio-assistenziali che interessano il Terzo Settore e gli Enti locali, oltre che, ovviamente, alla cerchia famigliare del paziente. Si tratta, quindi, di un problema che ha un forte impatto sulla società e che richiede un approccio collaborativo e integrato tra i vari attori coinvolti.

Ed è proprio in questo quadro che si inserisce il progetto Femur, uno studio osservazionale, condotto presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio, su 100 casi di frattura del femore, che è partito nel mese di luglio del 2023 e che si concluderà nel mese di giugno del 2024. I pazienti, fino a sei mesi dall’intervento, rispondono a dei quesiti consentendo ai ricercatori di tracciare una fotografia del trattamento delle fratture femorali, dal momento dell’intervento fino alla successiva riabilitazione. Fine ultimo è quello di partire dalla comprensione dello scenario attuale, nei suoi punti di forza e, soprattutto, nelle sue criticità, per arrivare a definire un modello di cooperazione tra realtà accademiche, scientifiche, sanitarie, sociali e industriali che disegni un nuovo percorso diagnostico e assistenziale per il miglior trattamento delle fratture del femore.

Credo, e con me tutti i partner dell’iniziativa, che sia cruciale tracciare oggi un percorso che ci permetta di far fronte alle criticità di domani e auspico che altre strutture ospedaliere e assistenziali vogliano condividere il nostro progetto, perché solo contando sua una rete solida e capillare possiamo raggiungere il nostro ambizioso obiettivo.

Professor Giuseppe Banfi
Direttore scientifico dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato)

13 maggio 2024
© Riproduzione riservata

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