La figura del Direttore assistenziale non è certo un tentativo di furto di competenze
di Giuseppe Carbone
29 LUG -
Gentile Direttore,
ho seguito con estremo interesse il dibattito che è nato sulla figura del Direttore assistenziale in Emilia Romagna, ma ho trovato davvero disdicevoli alcune prese posizioni che sanno tanto di beffardo gioco dialettico e poco di politica professionale. È paradossale che ancora oggi, dopo medaglie al valore, encomi e migliaia di professionisti sacrificati, si corra subito ai ripari per proteggere una certa lobby.
Ciò che sta avvenendo oggi in Emilia Romagna, non è altro che la meritata “etichetta” messa a ciò che già gli infermieri fanno da decenni ed era anche ora che chi rappresenta e governa circa i 2/3 delle risorse umane e dei processi assistenziali e organizzativi entrasse di diritto a far parte della Direzione strategica.
La figura del Direttore assistenziale non è certo un tentativo di furto di competenze o di potere altrui. Non è il vezzo professionale di una targhetta da esporre fuori dall’ufficio e di certo il Direttore generale medico non sarà meno Direttore generale perchè al suo fianco avrà un direttore assistenziale infermiere.
Ed è ridicolo il tentativo di qualcuno di applicare la regola dividi et impera sperando di mettere i professionisti contro quegli stessi colleghi che per studi e competenze raggiungono posizioni di vertice. La valorizzazione della professione passa anche dall’avere pari opportunità di carriera come per altre figure professionali.
Pertanto, non solo l’affermazione “meno capi e più autori” nulla c’entra con il tema (anche perchè altrimenti lo stesso dovrebbe valere per tutte le professioni) ma dire che avendo meno capi infermieri “ si abbasserebbero i costi di transazione del sistema e si alzerebbe la performance” non ha alcun valore se non come opinione personale. Gli esperti in ambito manageriale, la letteratura scientifica sugli esiti di cura e soprattutto l’esperienza di altri Stati dicono ben altro sul fatto di assegnare a infermieri posizioni strategiche.
Oggi, oltre ai vari direttori di U.O. e di dipartimento, esiste un direttore medico di presidio (simile per funzioni al Direttore infermieristico) e un Direttore sanitario; non vedo perchè allo stesso modo una stessa gerarchia creerebbe dei problemi agli infermieri e non ai medici.
Stucchevole, offensivo e fuori luogo sminuire il lavoro che grandi professionisti fanno tutti i giorni paragonandoli a “Direttori di peti”.
Il “nuovo”deve essere visto come una risposta ad esigenze organizzative sociali e culturali mutate negli anni. Il SSN ha bisogno degli infermieri ad ogni livello: basterebbe pensare a quanto, durante la pandemia è stata importante non soltanto il loro expertise clinico ma anche manageriale e organizzativo.
Non possiamo che condividere la posizione espressa da Saverio Proia, ben consapevoli che passare dal to cure al to care non sia una inutile dicotomia.
Credo fermamente che nelle giuste condizioni di contesto organizzativo e culturale tutto possa diventare un potenziale innesco di azioni strategiche che migliorano la performance, il posizionamento e la reputazione della singola azienda ospedaliera, del SSR e del SSN.
E per intenderci anche i nostri medici meritano molto di più di una stupida guerra medici- infermieri tanto cara a nostalgici fautori di Direttori di peti.
Giuseppe Carbone
Segretario Generale FIALS
29 luglio 2021
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