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Pnrr. Le risorse per la sanità sono poche ma è possibile utilizzarle al meglio. Ecco alcune proposte

di Laura Stabile

28 LUG - Gentile Direttore,
l'approccio al PNRR dimostrato dal Ministero della Salute appare molto ideologico e poco concreto, con il rischio che gli interventi previsti risultino in sostanza inefficaci. Perseguendo la concretezza, si è cercato di “far parlare i numeri”, analizzando nel dettaglio alcuni importanti aspetti dei documenti relativi alla missione sanità del PNRR.  

E' evidente che le risorse messe finora a disposizione, ben inferiori al definanziamento del Ssn  (stimato in 37 miliardi nel decennio 2010-2019), non saranno sufficienti per cambiare radicalmente il sistema sanitario, però è possibile ipotizzare delle proposte per arrivare a un impiego più efficace delle risorse.  

“Puntare” sulla medicina del Territorio è fondamentale, e in questo senso, in linea di principio, l’azione del Governo appare del tutto condivisibile.

Ma, al di là delle affermazioni ideologiche e di principio, non sembra esservi una vera riforma dell’assistenza sanitaria, ma una semplice moltiplicazione di sportelli e strutture (Case della Salute, Centri di Coordinamento e Ospedali di Comunità), senza che si possa intravvedere una vision complessiva, né una programmazione credibile, in termini di analisi dell’esistente, di definizione degli obiettivi e della loro fattibilità, delle azioni idonee a perseguirli, di un sistema di monitoraggio atto a verificare i risultati e indicare possibili correzioni.

Dall’esame dei documenti relativi al PNRR non emerge un reale potenziamento delle cure territoriali.  

Per i MMG, che dovrebbero rappresentare il fulcro delle Cure Primarie, è previsto un decremento, da 42.000 nel 2020 a 35.300 nel 2027.

Per ogni Casa della Comunità è prevista la nuova assunzione di soli due infermieri. Il resto del personale sarà quello già esistente, che sposterebbe la sede di lavoro.

La cosiddetta “presa in carico” da parte dell’assistenza domiciliare per il 60 % degli assistiti dovrebbe consistere in media in una sola visita al mese del Medico di Medicina Generale, e per un altro 20% di una visita del medico ogni due mesi, e una dell’infermiere ogni 11-12 giorni.

Vi è inoltre una discrepanza importante fra il numero di strutture che si ritiene (teoricamente) necessario per mettere a regime il sistema e il numero di quelle che si intendono attivare entro il 2026, che per le Case della Salute e gli Ospedali di Comunità è mediamente meno della metà.

Infine, un aspetto molto preoccupante riguarda il fatto che dal 2027, una volta esaurito il Recovery Fund, si prevede di finanziare l’incremento dei costi del personale per Case della Salute, assistenza domiciliare, Centri di Coordinamento e Ospedali di Comunità con risparmi (tagli?) che dovrebbero realizzarsi nell’ambito del Ssn (“Sustainability Plan”); risparmi improbabili, e in ogni caso aleatori, che deriverebbero da un’ipotizzata riduzione di ricoveri ospedalieri e di accessi al Pronto Soccorso, oltre che da una migliore appropriatezza nella prescrizione di alcuni farmaci. Tutto questo dovrebbe automaticamente, e quasi miracolosamente realizzarsi perché i pazienti sarebbero meglio seguiti e “presi in carico” dai servizi territoriali. E se non si realizzassero? Tagli o tasse? E le conseguenze sulla salute dei cittadini?

Proposte
Come principio generale, valutare l’esistente: la domanda di assistenza deve essere individuata con la maggior precisione possibile prima che si definisca l’offerta.  

- Potenziare la rete ospedaliera, l’Italia ha 3,1 posti letto ogni 1000 abitanti, quando la Germania ne ha 8 e la Francia 5,9, e la pandemia ha chiaramente evidenziato l’insufficienza di questi rispetto alla necessità di ricovero. Provvedere con urgenza alle liste d’attesa, che si sono allungate in modo intollerabile.

- Articolare i progetti considerando che le Regioni hanno definito organizzazioni dei sistemi sanitari anche molto diversi fra loro.

- Differenziare l’assistenza territoriale tenendo conto delle diversità fra aree urbane, rurali, montane… Non è pensabile che la stessa organizzazione possa essere efficace in centro a Roma o in aree montane sperdute.

- L’Ospedale può assicurare alcuni servizi (es. visite specialistiche, brevi degenze a bassa intensità) a costi minori e con maggior rapidità e sicurezza. Evitare quindi dispersioni e duplicazioni, che causano sprechi di risorse. Investire sulle Case della Comunità prioritariamente nelle aree periferiche e/o disagiate, abbandonare l’ideologia a favore della concretezza.

- Per le cure domiciliari è fondamentale operare una valutazione di costo-efficacia, e puntare soprattutto sull’assistenza alle fasce di età più avanzate: la soglia dei 65 anni oggi non appare più adeguata per individuare le età più “fragili”.

- Valutare diverse modalità di retribuzione dei Medici di Medicina Generale, eventualmente avviando modelli sperimentali in cui la retribuzione sia collegata a risultati positivi (es. pay for performance, retribuzioni maggiori all’aumentare dell’età degli assistiti…).

Laura Stabile (FI)
Senatrice, componente 12ª Commissione Igiene e Sanità

Il documento integrale

28 luglio 2021
© Riproduzione riservata

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