Che cosa è successo quest’ultimo anno negli ospedali italiani in risposta al Covid-19?
di Claudio Maria Maffei
07 APR -
Gentile Direttore,
attualmente a distanza di circa un anno dalla introduzione del sistema di indicatori per il monitoraggio della pandemia siamo ancora sostanzialmente fermi a due soli indicatori di impatto sulla funzionalità della rete ospedaliera: la saturazione dei posti letto di terapia intensiva e la saturazione dei posti letto di area medica, con i rispettivi valori soglia fissati al 30 e al 40%. Entrambi questi indicatori assieme ai dati che li generano sono oggetto di un
report quotidiano da parte dell’AGENAS.
Questi due indicatori pur con i loro limiti sono utili come una sorta di test da sforzo per capire il grado di capacità di risposta della rete ospedaliera alla pressione dei nuovi casi, ma sono di quasi nulla utilità per capire cosa è davvero successo negli ospedali nel corso della pandemia. E quindi poco utili per la costruzione del Piano Pandemico Nazionale e dei Piani Pandemici Regionali.
Infatti, solo per fare alcuni esempi, quei due indicatori nulla ci dicono su alcuni fenomeni quali:
1. la creazione di strutture temporanee all’esterno degli ospedali;
2. la riconversione di intere parti degli ospedali pubblici a funzioni Covid e la contestuale sospensione delle attività “tipiche” in precedenza svolte nelle stesse aree;
3. la riconversione in tutto o in parte delle strutture ospedaliere private a funzioni Covid e la contestuale sospensione delle attività “tipiche” in precedenza svolte nelle stesse strutture,
4. la attivazione di aree di degenza semi-intensiva in entrambe le tipologie di strutture, sia pubbliche che private;
5. la creazione di aree intensive aggiuntive con una distinzione dei posti letto a seconda della possibilità o meno di renderli immediatamente operativi con il personale a disposizione (i cosiddetti posti letto “staffabili”);
6. la creazione di aree di post-acuzie dedicate a pazienti Covid, sia in regime di ricovero ospedaliero che residenziale;
7. la sospensione o la riduzione delle attività programmate.
In tutto o in parte questi fenomeni “adattativi” sono (o meglio dovrebbero essere) stati rilevati nelle Regioni come è stato previsto di fare nel caso della
Regione Emilia-Romagna o della
Regione Sicilia tanto per limitarsi a degli esempi ricavabili dalla documentazione in rete. Da questa documentazione regionale si ricava ad esempio che sin dall’aprile 2020 erano state date dal Ministero della Salute istruzioni per riportare nei flussi NSIS i dati utili per descrivere e monitorare molti dei fenomeni sopra ricordati e che da novembre 2020 è attiva la rilevazione sui posti letto semintensivi.
La ricostruzione di quanto avvenuto (ed in parte tuttora in corso) negli ospedali italiani risulta decisiva nella riprogettazione della rete ospedaliera post-Covid e nelle scelte di politica del personale che dovranno accompagnare tale ridisegno.
A solo titolo di esempio sulla base di quelle analisi si potrebbero raccogliere indicazioni utili per verificare:
1. l’impatto della creazione di strutture temporanee distaccate dedicate ad attività di area critica;
2. il fabbisogno stimato di posti letto da attivare ad hoc (numero e disciplina) da attivare in caso di recrudescenza epidemica o di nuova emergenza infettiva;
3. l’utilità di aree di degenza temporanee immediatamente a ridosso della struttura ospedaliera con cui tali aree si integrano;
4. il fabbisogno stimato di personale necessario per tipologia e qualifica per una copertura progressiva delle aree di cui ai punti precedenti;
5. il ruolo delle diverse tipologie di strutture presenti nella rete ospedaliera;
6. gli effetti delle diverse politiche di organizzazione della rete ospedaliera anche in termini di esiti grazie all’incrocio dei dati delle Schede di Dimissione Ospedaliera relative ai ricoveri con quelli dei modelli HSP relativi ai posti letto ed alle strutture ospedaliere;
7. ridefinizione dei contenuti del DM 70/2015 a partire dai posti letto complessivi e per singola disciplina;
8. nuovi standard di autorizzazione ed accreditamento;
9. nuove tipologie di accordi con gli erogatori privati;
10. nuovi criteri di progettazione degli ospedali.
Per questo è importante che i dati sui ricoveri e sui modelli organizzativi adottati negli ospedali italiani nel periodo pandemico vengano resi accessibili sia ai ricercatori ed ai tecnici che ai cittadini e alle forze sociali. Perchè solo così i futuri Piani Pandemici potranno essere costruiti andando di là delle indicazioni davvero troppo generiche
dell’ultima versione della Bozza del Piano Pandemico Nazionale 2021-2023.
Claudio Maria Maffei
Coordinatore Chronic-On
07 aprile 2021
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