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Populismo sanitario, benefici per pochi

di Rosaria Iardino

21 OTT - Gentile direttore,
sul tema della tutela dell’universalismo sanitario e dell’equità di accesso nel nostro Paese si è detto e si è scritto molto ed è una questione su cui, purtroppo o per fortuna, si dibatterà ancora molto. Le variabili e le implicazioni sono tante e, moltiplicate per i diversi punti di vista, portano ad avere un numero di argomenti tendente all’infinito. Per questo motivo limito l’oggetto della mia riflessione a un ambito ben ristretto il cui perimetro è circoscritto alla pubblicità di RBM Assicurazione Salute apparsa in questi giorni a piena pagina sulla maggior parte dei quotidiani nazionali.

Mi riferisco alla promozione del nuovo prodotto assicurativo con un nome, molto esplicito ed efficace, che è una dichiarazione d’intenti: “Stop alle liste d’attesa”. Il claim è altrettanto intrigante: “La tua salute adesso”. Per chi non avesse visto la pagina, si tratta di un eccellente esempio di comunicazione tanto dal punto di vista grafico quanto da quello dell’incisività dei testi scarni; è impossibile, infatti, non notarla e non pensare alla comodità e all’utilità di un servizio che permetta di far coincidere la data per un esame diagnostico o per una visita cardiologica ai propri desideri e alla propria fitta agenda. Di fronte a tanta ammirazione per una pubblicità così ben fatta, mi assale una forte preoccupazione circa la possibilità che elementi fondanti del nostro servizio sanitario nazionale possano essere indeboliti o ridisegnati da un soggetto privato for profit.

Come dichiarato, mi limiterò a un’analisi quasi filologica della pubblicità.

Il box in alto [“Stanchi dei tempi d’attesa del Servizio Sanitario Nazionale?”] porta alla luce un indiscusso sentimento di malcontento diffuso, ovvero gli infiniti tempi d’attesa che troppo spesso caratterizzano il diritto ad accedere a visite e cure pubbliche. Nonostante esistano una serie di norme che garantiscano tempi certi, nella realtà esistono forti disomogeneità territoriali, poca trasparenza, troppa asimmetria informativa. Il problema esiste e può essere affrontato attraverso diverse strade: innanzitutto è necessario un richiamo a norme e a cambiamenti strutturali e gestionali che permettano (e in certi casi obblighino) le diverse strutture ospedaliere a efficientare il servizio e a garantire trasparenza rispetto ai propri standard.
 
Si tratta di percorsi gestionali e culturali che non necessiterebbero di grossi investimenti, ma questa non è la sede per approfondire il tema. In secondo luogo, esiste uno strumento pubblico, aperto a tutti, che già permette di “saltare le code” e di accorciare i tempi d’attesa; si chiama intramoenia e permette a qualsiasi cittadino di accedere a prestazioni private pagando l’equivalente del ticket, senza maggiorazioni. Il problema sta nel fatto che questo diritto sia pressoché sconosciuto in quanto ne è mancata la pubblicizzazione, e anche il sistema pubblico dovrebbe aggiornarsi in quanto a leve di marketing.
 
Un’ulteriore via è quella proposta da RBM: pagando salti le code. Utile. Fa gola a tanti. D’altronde, lo fanno anche i principali parchi di divertimento con il braccialetto che riserva l’ingresso immediato alle principali attrazioni. Il messaggio è chiaro: con il denaro ci si guadagna il diritto a non rispettare le regole e ad assicurarsi il posto acquistandolo. Esattamente come per il parco di divertimento, il cui accesso è già stato pagato con il biglietto, anche le visite e le cure sanitarie sono già state pagate da tutti attraverso il gettito fiscale. La domanda da porsi è quindi molto lineare: vogliamo legittimare un sistema dove chi può pagare di più, acquisisce diritti maggiori? Vogliamo legittimare un sistema che riconosce moderne forme di balzelli discriminatori come elementi di innovazione ed efficienza?

Un altro grande, mostruoso, dubbio mi assale. La normativa, a oggi, riconosce i tempi massimi di attesa standard in base all’urgenza sanitaria valutata dai medici, sulla base di considerazioni cliniche. Queste potranno essere messe in discussione dal “braccialetto salta fila”? Finanza vince su clinica 1 a 0? Raccapricciante, soprattutto per un’italiana che guarda i medical drama americani con la serenità di chi vive in un Paese dove non servono medici super eroi con il cuore grande per essere curati.

Andando al fondo della pagina del quotidiano, salta all’occhio il payoff altrettanto forte: “RBM Assicurazione Salute, la vera Sanità Complementare al SSN”. Non conosco le regole precise del marketing, ma pur da profana credo si possa parlare di informazione che distorce la realtà. Una pillola indorata. Un tecnicismo importante. Esiste il Sistema Sanitario Nazionale ed esistono i fondi sanitari integrativi; è opinione comune che i due sistemi convivano da tempo in Italia, ma è una convivenza senza regole.
 
L’identità e il funzionamento della sanità integrativa sono stati dettati dai fondi stessi che hanno trovato un ampio spazio in un ambito completamente non normato. Il fatto che si ufficializzi un ulteriore passaggio a sistema complementare non dovrebbe essere una scelta univoca dell’attore privato. RBM si è già dato un ruolo prima che le istituzioni glielo concedessero.
 
La differenza tra la funzione integrativa e quella complementare è grande e con ripercussioni enormi. Abbiamo letto che questa opzione è contemplata dal recente Patto della Salute, ma sappiamo altrettanto bene che non è ancora stata votata dal Governo. Una lettura superficiale degli elementi potrebbe far pensare (non tanto malignamente) che chi sta decidendo per il futuro della nostra sanità non sia (solo) chi è stato istituzionalmente incaricato di farlo. Prima che i cittadini possano cadere nell’errore di ritenere reale l’esistenza di un “braccialetto salta fila” anche per gli aspetti che normano il nostro sistema sanitario, inviterei chi di dovere a ripensare al Piano della Salute, aprendo un tavolo di confronto ampio e reale.

Per chiudere, siamo di fronte a quello che potrebbe essere letto come una proposta formulata con tutti i canoni, molto in voga nel nostro Paese, del populismo; potremmo definirlo Populismo Sanitario. Onore al merito di RBM di aver introdotto, nell’arena sanitaria, un nuovo approccio semantico che si rivolge direttamente ai più con un linguaggio semplice e comprensibile. L’inghippo sta, però, nel fatto che la soluzione proposta non rappresenta una strada accessibile a tutti, ma va, ancora una volta, a previlegiare un’”élite” composta da chi, potendo pagare, può ricorrere al privato. La democraticità della proposta sta nell’allargare un poco il circolo elitario a spese della popolazione più fragile e svantaggiata.

Rosaria Iardino
Presidente Fondazione The Bridge


21 ottobre 2019
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