Quei medici dell’Est che in Italia proprio non vogliono venire
di Giovanni Leoni
22 OTT -
Gentile Direttore,
sulla base dell’articolo del Gazzettino di Treviso del 20 ottobre 2018 a firma del giornalista Mauro Favaro “
No dei medici dell’Est meglio la Germania”, che verte sulla risposta negativa dei medici dei Balcani a venire a lavorare nel Veneto per colmare i buchi di organico dei nostri specialisti preferendo la Germania che offre stipendi ben più alti, appare necessario fare alcune considerazioni.
In sintesi, vista la risposta negativa dei medici nei Balcani si afferma “per trovare i medici necessari adesso ci si rivolgerà al Sud America“. Devo dire un successo, e sono obbligato a metterla sull’ironico per non dire altro …
La carenza di medici, in tale caso di specialisti ospedalieri, non è un fatto casuale o episodico ma premeditato e costruito nel tempo con relativo risparmio sulle spese del personale sanitario.
Nell’articolo della giornalista Michela Nicolussi Moro del
15 settembre 2018 per il solo Veneto veniva rivelata la mancanza di 1295 medici di cui 140 nella AULSS Marca Trevigiana.
Sarebbe interessante conoscere gli stessi dati a livello nazionale separati per specialità come nel testo citato.
Se un medico costa in media 75.000 euro anno un “buco” di 1300 medici in 5 anni ha fatto risparmiare alla Regione Veneto circa 500.000 euro , e non è poco.
Si accettano naturalmente smentite e relative correzioni in tal senso.
Nel quotidiano per colmare i “buchi” del personale si tratta di fare lavorare di più chi è in servizio con riposi saltati, incentivi, guardie e gettone, sale operatorie a gettone, esami di radiologia a gettone, tutto a gettone, fino ad un certo punto.
Infatti i medici ospedalieri italiani continuano ad andare in pensione al ritmo di circa 7.000 all’anno, già adesso e senza quota cento.
Per coprire gli organici viene in aiuto la Legge Balduzzi con la devoluzione del 5% degli introiti privati dei medici che fanno libera professione intramoenia ai fini della riduzione della lista di attesa: in pratica i medici pagano altri medici per lavorare per i pazienti.
Poi ci sono i progetti regionali finalizzati e le ore straordinarie mai recuperate dei medici.
Medici ospedalieri che dopo 10 anni di blocco contrattuale accettano questi correttivi economici
Dall’articolo dei medici dell’est si evince che: i medici italiani sono al livello più basso di retribuzione europea, il Sistema Sanitario Nazionale, tanto decantato perché universale equo e solidale nonché economico, ha trovato il modo di sopravvivere all’aumento di altre spese come i farmaci, strumenti e materiali, risparmiando sulla pelle dei medici. E non ci può essere altra interpretazione: la realtà è lì davanti ai nostri occhi.
Non fanno testo i picchi degli stipendi di alcuni professionisti di fama, la massa dei medici è sottopagata da tempo ed a rischio contenzioso legale sempre maggiore, perché con i medici gli avvocati ci guadagnano e anche molto bene.
Lo ha affermato il Prof. Salvatore Aleo, ordinario di Diritto Penale a Catania, a Mestre in data 20 ottobre 2019 ad un interessante congresso: La Sanità che cambia.
Un’altra
dichiarazione pesante in questi ultimi giorni è quella del Presidente dei chirurghi ospedalieri ACOI Pierluigi Marini “Quest’anno meno di 90 studenti hanno selezionato la chirurgia generale come prima scelta nel concorso nazionale per le scuole di specializzazione. Andando avanti di questo passo, non avremo più chirurghi italiani in questo Paese”. Tanti i motivi alla base di questa disaffezione, a cominciare dal contenzioso medico-legale, « diventato ormai un fenomeno insopportabile” a detta di Marini, e dal costo delle assicurazioni professionali.
Ed ancora “Poi è un lavoro difficile – prosegue il presidente Acoi –, per il quale è difficile formarsi e poi è difficile entrare nel mondo del lavoro, tenendo sempre in considerazione che i nostri stipendi sono tra i peggiori d’Europa. Ecco perché la Svizzera sta facendo man bassa di neo-specialisti italiani: lì è facile iniziare a lavorare e si guadagna tre volte di più rispetto all’Italia.”
Quindi la carenza di programmazione nazionale, o meglio una programmazione premeditata dedicata al risparmio dove si può risparmiare, è alla base del mancato ricambio, imputabile alle Istituzioni preposte quali Ministero - Università con il silenzio assenso delle Regioni, che provoca il calo dell’offerta istituzionale medica ai cittadini, un fatto di una gravità inaudita.
Quindi come da recente articolo del sottoscritto su
QS Veneto ritengo che la stabilizzazione dei precari, l’accesso dedicato alle Scuole di Specialità anche in sovrannumero con aumento immediato del posti almeno di 3.000 unità anno ed omogeneo al numero dei laureati, la qualificazione dei circa 15.000 medici italiani - ho detto italiani - bloccati nell’imbuto formativo senza specialità o triennio formativo in medicina generale, la rotazione negli ospedali degli specializzandi dal 3 anno in poi, il ritorno agli avvisi ed ai concorsi a tempo indeterminato, il controllo della turnistica con adeguata alternanza di lavoro e riposo , la sostituzione immediata della gravidanze delle dottoresse sempre più presenti anche nelle corsie ospedaliere, siano la base di intervento per questa che si sta rivelando anche ai non addetti ai lavori una vera emergenza nazionale.
Poi se qualcuno continua a dire “bisogna mettere il paziente al centro” deve dimostrare con i fatti di aver contrastato questo stato di cose che causa un calo verticale dell’assistenza medica, o si cade nell’ipocrisia allo stato puro.
Dott. Giovanni Leoni
Segretario CIMO Veneto
22 ottobre 2018
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