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Responsabilità professionale. Cambia il ruolo del Ctu nella legge Gelli-Bianco?

di Alessia Gonzati e Massimiliano Zaramella

15 NOV - Gentile Direttore,
risale a pochi giorni fa la “Risoluzione in ordine ai criteri per la selezione dei consulenti nei procedimenti per la responsabilità sanitaria” adottata dal Consiglio Superiore della Magistratura - in accoglimento di quanto proposto dalla VII Commissione – e che si pone l’importante obiettivo di uniformare le tempistiche e le modalità di revisione degli albi dei consulenti tecnici dettando un protocollo comune per tutti i Tribunali.

L’auspicabile accoglimento e realizzazione di quanto sollecitato dal CSM rappresenterebbe un passo avanti nel corretto inquadramento della responsabilità professionale in ambito sanitario di importanza epocale, dando finalmente, almeno in questo ambito, una forma compiuta alla Legge 24/2017 (Legge Gelli/Bianco), più dei tanti decreti attuativi che stanno vedendo la luce in ordine sparso e con indicazioni spesso di difficile applicazione, salvo poi venire rimodulati, se non smentiti, da note ministeriali (vedi l’accreditamento delle Società Scientifiche per le nuove linee guida, tanto per fare un esempio).

Nei procedimenti giudiziari - sia civili che penali - aventi ad oggetto la responsabilità professionale sanitaria la Consulenza Tecnica d’Ufficio ha difatti sempre avuto un ruolo fondamentale quale strumento probatorio. Tanto che i Giudici, nell’emettere le sentenze, sovente assumono gli esiti della perizia tecnica a fondamento del proprio giudicato.

L’art. 15 della Legge 24/2017 interviene ora nella disciplina della nomina del consulente tecnico d’ufficio dettando regole comuni al procedimento civile e a quello penale.

Il comma 1 dell’art. 15 prevede in particolare che la consulenza tecnica d’ufficio sia sempre collegiale, essendo demandata ad “un medico specializzato in medicina legale e a uno o piu' specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento”.

Sempre il comma 1 dispone quindi che la scelta dei componenti del singolo collegio peritale debba avvenire “tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3” (ovvero negli albi tenuti dai singoli Tribunali) “in cui devono essere indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina”. Albi che il comma 3 dell’art. 15 dispone debbano essere aggiornati ogni 5 anni e che, in sede di revisione, ai sensi del comma 2 “devono indicare l'esperienza professionale maturata dai singoli esperti, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati”.

Già da una prima lettura della norma emerge come l’art. 15 rischi, purtroppo, di rimanere “lettera morta”. Ovvero di creare un sistema più confuso e meno garantista del precedente.

Il legislatore non ha difatti né disciplinato le procedure di formazione dei nuovi elenchi contenenti i nominativi e le specialità dei singoli consulenti d’ufficio, né stabilito i termini entro i quali detti elenchi debbano essere formati, lasciando quindi alla discrezionalità dei singoli Tribunali la determinazione di tempi e modalità mediante i quali uniformarsi alla nuova normativa.

La prassi attualmente adottata dai Tribunali civili infatti – con l’eccezione di rari casi di virtuosità - è quella di procedere ancora alla nomina dei consulenti tecnici sulla base dei vecchi elenchi, spesso formati da ogni singolo Giudice Istruttore sulla base di un numero ristretto di medici legali di propria fiducia.

Non solo.

Prassi estremamente diffusa presso i Tribunali civili è inoltre quella di procedere ancora alla nomina di un singolo perito, incaricando il Collegio (pur reso obbligatorio dal comma 1 dell’art. 15), solo a fronte dell’eventuale richiesta formulata dal nominato CTU; al consulente tecnico viene pertanto lasciata facoltà di decidere se farsi assistere o meno, nell’espletamento delle operazioni peritali, da un esperto in materia.

Deve essere peraltro precisato che, fino al momento in cui non saranno predisposti gli elenchi di cui ai commi 2 e 3, i Giudici saranno ovviamente sprovvisti degli strumenti necessari per procedere alla nomina dei singoli esperti in materia.

La nuova disciplina dettata dall’art. 15 si presenta quindi, alla stregua di altre innovazioni introdotte dalla Legge 24/2017, come una riforma nata con buoni propositi, ma elaborata dal legislatore con carenze e criticità.

Emerge difatti, in tutta chiarezza, come il sistema delineato dall’art. 15 abbia purtroppo creato difficoltà e disparità applicative tra i singoli Tribunali date ad esempio dal fatto che:
- in assenza di termini, alcuni Tribunali si uniformeranno prima di altri alla nuova normativa;

- in attesa della predisposizione degli elenchi degli esperti nelle discipline specialistiche ogni Tribunale (ovvero ogni Giudice Istruttore) deciderà come ovviare alla carenza dei nominativi, continuando ad esempio ad incaricare un solo consulente (il medico legale), ovvero scegliendo lo specialista sulla base delle indicazioni del nominato consulente o, ancora, selezionandolo sulla base di altre fonti conoscitive;

- in assenza di disposizioni normative di dettaglio, ogni Tribunale adotterà sistemi e modalità applicativi diversi per la predisposizione degli elenchi nonché per la specifica individuazione degli “esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie” menzionati al comma 3;

- in assenza di disposizioni normative chiare e specifiche, infine, ogni Tribunale (ovvero ogni singolo Giudice Istruttore) potrà diversamente identificare le “adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi” richieste per la nomina dei consulenti d’ufficio nei procedimenti di cui all’art. 696 bis c.p.c..

Le difficoltà e differenze applicative sopra menzionate si accompagnano a non pochi dubbi interpretativi.

Nel silenzio della Legge si sono ad esempio già ravvisate interpretazioni giurisprudenziali discordanti in merito all’applicabilità dell’art. 15 ai soli procedimenti incardinati successivamente all’entrata in vigore della Legge 24/2017 ovvero anche ai procedimenti, seppur già iscritti a ruolo, nei quali non si è ancora provveduto alla nomina del CTU.

Viene da chiedersi, quindi, se in materia di nomina dei consulenti tecnici d’ufficio la Legge 24/2017 abbia effettivamente migliorato il sistema preesistente realizzando gli obiettivi e le finalità prefissate dal legislatore.

Certamente fino al momento in cui la nuova normativa non sarà entrata “a regime” in molti Tribunali, pur nella vigenza della Legge 24/2017, continuerà ad applicarsi la precedente normativa.

Altrettanto certamente, purtroppo, in assenza di adeguati correttivi quali indicati nella citata Risoluzione adottata dal CSM, pur raggiunto (non si sa quando) il pieno adeguamento all’art. 15 da parte di tutti i Tribunali, persisteranno nella realtà differenze applicative tra i singoli Fori. Con buona pace del principio di equità.

Alessia Gonzati
Legale Obiettivo Ippocrate

 
Massimiliano Zaramella
Presidente Obiettivo Ippocrate


15 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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