L’operatore socio sanitario, dall’abuso di professione al demansionamento
di Angelo Minghetti
14 MAR -
Gentile Direttore,
vogliamo iniziare con questa riflessione su quanto sta avvenendo nelle varie strutture socio assistenziali – socio sanitarie – residenze anziani - strutture sanitarie - strutture private e operatori gestiti da cooperative sociali su tutto il territorio nazionale a causa di carenza di personale, dove ci sono dei grossi problemi organizzativi, e nessun politico s’interroga come viene gestita l’assistenza a causa di leggi che non vanno a creare una tutela di salvaguardia e benessere dell’utente ma vanno a incrementare piani di lavoro per favorire piani di risparmio per le strutture.
Ci domandiamo se siamo davanti a un lavoro faticoso, usurante, che mette a dura prova la capacità di reggere a stress fisici ed emotivi del personale oppure siamo davanti a una politica aziendale, dove si ritiene prioritario il risparmio.
Esiste il fenomeno dell’abuso di professione dell’oss, che mette a serio rischio la salute di chi si affida alle cure, in quanto questi operatori sono esposti a rischio di ritorsioni sul lavoro se non effettuano anche compiti che in realtà non gli spettano. Specifico (ECG, esecuzioni di stik glicemici, esecuzioni emogas, rilevazione dei parametri vitali, effettuazione di unità insulinica sotto cute, parnaparina sotto cute, la somministrazione della metformina, esami diagnostici come la uroflussometria, cateterismo vescicale, terapia orale, broncoaspirazione ecc) compiti prettamente infermieristici che ormai sarebbero di normale routine come competenze dell'OSS, con assunzioni di gravi rischi, anche di tipo penale.
Esiste il demansionamento dell’oss, un grande problema ignorato che è l’effetto combinato della de-capitalizzazione del lavoro, dovuto a delle restrizioni imposte dalle strutture intese come il principale capitale della sanità che si trasforma in mobbing. Esiste un demansionamento anche per volontà Istituzionale che sono, il blocco del turn-over, dei contratti, il sotto dimensionamento degli organici, la compressione dei minuti di assistenza, il rapporto squilibrato nel numero tra professioni diverse, il costo zero, il precariato, la disoccupazione, il blocco dei salari sono tutti figli della de- capitalizzazione del lavoro.
Si rimane senza parole quando in molte strutture il cittadino diventa un semplice numero, una pratica fastidiosa da sbrigare nel minor tempo possibile. Quante volte si è parlato della malasanità, dove l’emergenza viene anche usata per rendere plausibile la riduzione dei posti letto in un disegno strategico di politiche sanitarie, utilizzandola per risolvere problemi di ordine economico. Sono altri che comandano, la struttura stessa te lo fa capire, come avviene in tutte le strutture “totalizzanti” e burocratiche. Non sempre è colpa dei singoli; è la logica nosocomiale a essere così.
Gli ordini di servizio adottati da queste strutture applicano linee guida nella quale si prevede che l’operatore socio sanitario “cenerentola” svolga i seguenti compiti in assistenza indiretta, (deragnatura con scovolo – spolvero arredi – lavaggio manuale dei pavimenti – accurata pulizia dei sanitari, rivestimenti - rubinetteria – docce - vasche – wc/bidet - usare la macchina lavasciuga o lavaggio a mano dei pavimenti - lavaggio sedie – tavoli - piani di lavoro – carrozzine – lavaggio tazze e utensili per colazione/pranzo e cena – scopatura a secco – apertura finestre e chiusura finestre – pulizia delle spazzole usate – vuotatura cestini e carrelli – cambio sacchi della spazzatura e raccolta al piano - una volta al mese spolveratura sopra gli armadi - vetri – finestre – termosifoni – lampade – lampadari – interruttori – unità del paziente ecc - semestralmente tapparelle – bimestralmente porte . piastrelle - pareti - più pulizia straordinaria previste – lavanderia – pulire le cucine) riducendo i tempi di assistenza diretta al paziente.
A causa di carenza di personale, di notte su 60 ospiti c’è un operatore (OSS), un infermiere su 120/180 ospiti. Molti ospiti non sono autosufficienti, sono lasciati all’abbandono per molte ore perché l’oss deve recarsi in altri piani per fare l’igiene ad altri ricoverati ed eseguire interventi di assistenza indiretta e se subentra un’emergenza contemporaneamente nei diversi piani, il personale deve scegliere e valutare la priorità.
Capita, spesso, di trovare i pazienti in condizioni di estremo disagio: completamente sporchi di feci, medicazioni sporche, pazienti distesi sul pavimento nudi, prima che il personale intervenga poiché ruota sotto organico, senza contare gli ospiti che necessitano di assistenza continua che devono essere costantemente sorvegliati.
Il Migep denuncia:
• Le modalità che sono adottate perché non si comprende se l’oss è una “cenerentola” o una figura assistenziale dove le strutture interpretano in modo erroneo il recepimento dell’Accordo Stato Regioni del 2001.
• le modalità e i tempi di assistenza diretta al paziente adottate da molte strutture, con rischi notevoli di aggravamento e complicazioni di salute per i ricoverati .
• il mancato passaggio di qualifica di molti operatori in oss e l'utilizzo dello stesso personale nel modo non coerente.
• una formazione disomogenea, sul Territorio Nazionale, senza qualità formativa, e di enti formativi di discutibile credibilità.
• lo scarso controllo da parte delle autorità competenti (commissioni di vigilanza)
• la mancanza di corsi di aggiornamento continuo
Un aspetto molto grave che si evidenzia in molti contesti lavorativi, sono i conflitti ambientali e personali tra infermieri e oss e la mancanza di collaborazione in équipe.
L’altro aspetto che si vuole evidenziare in entrambe le professioni e la presenza di carichi di lavoro, ansie, forme di nevrosi, depressione, e quindi la carenza di comportamenti collaborativi.
L’altra nota dolente sono le modalità di assunzione e l’assenza di valutazioni della preparazione specifica dell’operatore nei periodi di prova portando in alcuni casi episodi di malasanità.
Abbiamo inviato molte lettere al Ministro della Salute denunciando i rischi legati a questa professione, chiedendo urgentemente l’intervento del Ministro è l’applicazione del documento siglato nel 2012 nella tutela dei diritti e della professione di questi operatori e soprattutto degli ammalati.
Pur essendoci l’atto d’indirizzo che indica l’oss nell’area socio sanitaria nel prossimo contratto nazionale di lavoro, la Federazione migep e i Sindacati hanno posto la necessità di un altro tavolo tecnico volto a definire la professione, le competenze, il reale fabbisogno e il ruolo dell’Operatore socio sanitario e riconfermare il ruolo, svolto da più di trent’anni, di altre figure penalizzate, (inf. generici – puericultrici) emarginati dal sistema politico, poiché operano affianco all’oss e hanno gli stessi problemi.
A tutt’oggi nulla di fatto, nessun incontro, nessuna risoluzione. solo una politica che esprime belle parole in campagna elettorale, per discolparsi dall’inefficienza del sistema, poi mancano risposte adeguate alla realtà del territorio e i suoi bisogni.
Il buon funzionamento del Sistema Sanitario e una formazione adeguata, non riguarda solo i lavoratori, i pazienti, ma anche i famigliari e la collettività in quanto è un diritto, un semplice diritto imprescindibile avere una sistema assistenziale umanamente migliore.
Angelo Minghetti
Federazione Nazionale Migep
14 marzo 2017
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