Se la sanità al Sud è come “un cane che si morde la coda”
di Filippina Ciaburri (Anaao Campania)
07 FEB -
Gentile Direttore,
è ormai evidente che la spesa sanitaria pubblica dal 2010 al 2014, dopo un’iniziale contrazione, si è bloccata con un PIL del 6,8% mentre altri paesi del G7 sono passati nello stesso periodo dal 7,9 % al 8,2 %, ricordiamo inoltre che il rapporto spesa sanitaria/PIL è costante nel tempo per il nostro paese (rapporto annuale ospedali & salute/2016). E’ evidente alla luce dei suddetti dati che il nostro SSN offre minori servizi a costi più elevati per i cittadini, con la conseguenza che sempre più Italiani rinunciano a curarsi (26%).
Tale modello, basato su un processo deflattivo, provocherà negli anni a venire inevitabilmente una “ipoteca” sul principio universalistico e solidale del nostro SSN. Il vero dramma cui si dovrebbe porre un argine è che l’offerta delle prestazioni sanitarie è molto diseguale nel nostro Paese, provocando una disomogeneità di assistenza sanitaria regionale con il conseguente fenomeno della “migrazione sanitaria” dei cittadini del sud che continuano a rimpinguare le “casse” delle regioni settentrionali.
Questo accade perché il nord ha un sistema sanitario più virtuoso ed avanzato, frutto anche del non essere sottoposto ai “rigidi vincoli” dei piani di rientro.
In Campania purtroppo è il cosiddetto 'cane che si morde la coda': i piani di rientro rigidi non ci permettono di avere risorse per effettuare investimenti, senza investimenti la sanità non migliora. Se non miglioriamo non usciremo mai dal commissariamento.
La diminuzione dei servizi con la riduzione dei posti letto (9,2%) ed una riduzione del personale (-9% dal 2010 al 2014) si accompagna ad un aumento in parallelo dei costi dei servizi per gli utenti (da 2009 al 2015 i ticket sono aumentati del 40,6%, le visite intramoenia a pagamento presso gli ospedali pubblici sono aumentate del 21,9% ed i ticket per i farmaci del 76,7%).
I cittadini percepiscono in tutto ciò un logorio del SSN, questa situazione si traduce nel rinvio o la rinuncia alle cure per il 26% degli italiani solo nel 2016, il tutto probabilmente causato dall’impatto determinato della spending review degli ultimi 5 anni.
Occorre ripensare seriamente al Patto con i cittadini per quanto riguarda la promozione e la tutela della salute, il 77% degli intervistati nel rapporto annuale
Ospedali & Salute/2016 è consapevole che in un prossimo futuro non sarà più possibile 'dare tutto a tutti'.
La stessa ricerca evidenzia che il 71% degli stessi intervistati chiede di promuovere un nuovo sistema di welfare, in cui possano convergere coperture pubbliche ed assicurative private, al fine di creare una condizione di migliore equilibrio tra esigenze crescenti delle persone e possibilità di offrire risposte eque e solidali nel loro insieme.
La realtà è che una sanità territoriale non è sostenibile. Bisognerebbe pensare ad un sistema sanitario centralizzato, che possa garantire eguali diritti di cura a tutti i cittadini.
Non esistono pazienti di serie A e di serie B. Solo così si potrà davvero rinnovare il sistema Paese.
Filippina Ciaburri
Componente segreteria regionale ANAAO CAMPANIA
Componente segreteria aziendale AOC A.CARDARELLI, Napoli
07 febbraio 2017
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore