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Apparecchiature sanitarie. Non conta solo il grado di innovazione, ma anche come si mantengono e gestiscono le risorse

di Luisa Begnozzi

03 GIU - Gentile Direttore,
l’articolo pubblicato lo scorso 26 maggio in merito alla obsolescenza delle apparecchiature impiegate in ambito radiologico fornisce un’interessante e puntuale raccolta di dati di Assobiomedica. La ricerca, presentata al 46° Congresso SIRM durante la Tavola Rotonda "L'obsolescenza tecnologica: quali soluzioni", divide per età le tecnologie impiegate in diagnostica per immagini, giungendo alla conclusione che “il sistema sanitario pubblico e privato convenzionato sta subendo un allarmante invecchiamento con possibili riflessi negativi sulla qualità dell’esame diagnostico e sulle implicazioni per il paziente”.

La questione non è, però, così semplice e la più recente data d’installazione dell’apparecchiatura di per sé non assicura che le prestazioni siano erogate con la qualità, la protezione e la sicurezza necessari per la tutela del paziente e dell’operatore.

Esiste una normativa, il D. Lgs. 187/00, nonché tutta una serie di raccomandazioni e linee guida dei più autorevoli organismi europei e internazionali in materia di radioprotezione del paziente, costantemente aggiornate sulla base delle nuove tecnologie e problematiche ad esse connesse, che impone che tutte le apparecchiature di diagnostica per immagini, sia quelle già in uso, sia quelle di recentissima installazione, per essere utilizzate con sicurezza sui pazienti devono essere sottoposte a prove di accettazione e di funzionamento, in modo da verificare che siano soddisfatti i requisiti minimi di qualità e sicurezza. Lo stesso decreto impone inoltre che le procedure diagnostiche - a maggior ragione se effettuate con apparecchiature di ultima generazione che utilizzano complesse modalità automatiche di regolazione - siano ottimizzate, fornendo un bilancio in termini di dose al paziente e di qualità dell’immagine e contenuti informativi adeguati alla diagnosi.

Queste attività di controllo delle apparecchiature e di misura, valutazione e ottimizzazione della dose al paziente correlata ad ogni procedura sono competenze del fisico specialista in fisica medica. La nuova Direttiva Euratom 59/2013, attualmente in fase di recepimento nel nostro Paese, nel confermare e rafforzare quanto già normato dal D. Lgs. 187/00, dedica un intero Capo, il VII, alle applicazioni in campo medico delle radiazioni ionizzanti. L’Art. 83 recita molto chiaramente quali siano le attribuzioni del fisico specialista in fisica medica in questo ambito:
1. Gli Stati membri richiedono allo specialista in fisica medica di intervenire o fornire consulenza specialistica, in funzione delle esigenze, su questioni riguardanti la fisica delle radiazioni per attuare le prescrizioni di cui al Capo VII (...)
2. Gli Stati membri provvedono affinché lo specialista in fisica medica, a seconda della pratica medico-radiologica, sia responsabile della dosimetria, incluse le misurazioni fisiche per la valutazione della dose somministrata al paziente e ad altre persone soggette all'esposizione medica, fornisca pareri sulle attrezzature medico-radiologiche e contribuisca in particolare a:
a)    ottimizzare la protezione dalle radiazioni di pazienti e di altri individui sottoposti a esposizioni mediche, ivi compresi l'applicazione e l'impiego di livelli diagnostici di riferimento;
b)    definire e mettere in atto la garanzia della qualità delle attrezzature medico-radiologiche;
c)    effettuare prove di accettazione di attrezzature medico-radiologiche;
d)    redigere le specifiche tecniche per le attrezzature medico-radiologiche e la progettazione degli impianti;
e)    effettuare la sorveglianza degli impianti medico-radiologici;
f)    analizzare eventi implicanti o potenzialmente implicanti esposizioni mediche accidentali o involontarie;
(...)


e all’art. 60 individua chiaramente le modalità di gestione in qualità delle apparecchiature radiologiche:
1. Gli Stati membri provvedono affinché:
a)    tutte le apparecchiature medico-radiologiche in uso siano tenute sotto stretta sorveglianza per quanto riguarda la radioprotezione; b)
b)    un inventario aggiornato delle apparecchiature medico-radiologiche per ogni impianto medico-radiologico sia a disposizione dell'autorità competente;
c)    l'esercente attui adeguati programmi di garanzia della qualità e valutazioni della dose o verifiche dell'attività somministrata; nonché
d)    si effettuino prove di accettazione prima che l'attrezzatura sia utilizzata per la prima volta per scopi clinici e successivamente prove di funzionamento a intervalli regolari e dopo ogni intervento di manutenzione che possa compromettere le prestazioni.
2. Gli Stati membri assicurano che l'autorità competente provveda affinché l'esercente adotti le misure necessarie per migliorare le prestazioni inadeguate o insufficienti dell'attrezzatura medico-radiologica in uso. Essi adottano anche criteri specifici per l'accettabilità dell'attrezzatura, al fine di indicare quando è necessario un adeguato intervento correttivo, che contemplino la messa fuori servizio dell'attrezzatura.


È bene considerare che la qualità non è solo “l’apparecchiatura tecnologicamente più avanzata”, perché anche la migliore tecnologia, come è noto, da sola non garantisce la qualità di una prestazione diagnostica. Per operare in qualità occorre il contributo del team di Area Radiologica: del medico radiologo che ha la responsabilità clinica della prestazione, dei TSRM e
dei fisici specialisti in fisica medica. In particolare, il fisico specialista in fisica medica agisce affinché l’impiego clinico delle tecnologie sia corretto e sicuro e garantisce prestazioni di qualità anche per apparecchiature che non sono di ultimissima generazione, unendo qualità e razionalizzazione delle risorse.

Dovrebbe esser posta maggiore attenzione al rapporto costo-beneficio al momento dell’introduzione nelle strutture sanitarie di nuove tecnologie, soprattutto in questo momento di situazione economico-finanziaria così critica non solo per la sanità, ma per tutto il nostro Paese. La fisica medica può dare un forte contributo in questo, valutando con la propria insostituibile competenza il reale valore aggiunto della tecnologia emergente, ma anche il viceversa, supportando cioè la dismissione di sistemi non conformi ai requisiti minimi di sicurezza per il paziente e gli operatori.

Non vorremmo ora, dopo i tagli lineari ai finanziamenti del SSN, assistere anche ai tagli lineari sulle tecnologie radiologiche semplicemente in base all’età delle stesse.

Non c’è innovazione senza qualità, non c’è innovazione senza sicurezza, non c’è innovazione senza protezione per il paziente e per l’operatore.

Appare insolito quindi che alla Tavola Rotonda del 46° Congresso SIRM non sia stata coinvolta la figura professionale sanitaria del fisico specialista in fisica medica. Ma con spirito positivo e senza vene polemiche, ci domandiamo se forse s’intenda continuare ad ignorare la normativa in materia.

Cordialmente,

Luisa Begnozzi
Presidente Associazione Italiana di Fisica Medica

 

03 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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