Gli infermieri e la sanità siciliana
di Salvatore Vaccaro
04 SET -
Gentile direttore,
ho letto con molto interesse la relazione della
Commissione d'inchiesta sui casi di malasanità che ritengo offre interessanti spunti di riflessione analizzando varie criticità, alcune evidenti da tempo, di diversi sistemi sanitari regionali.
Chi scrive è un infermiere Siciliano che ha vissuto e vive le vicissitudini del piano di rientro a partire dalla legge regionale n. 5/2009 (Rideterminazione della rete Ospedaliera), che ha ridotto sostanzialmente il numero dei posti letto per acuti, senza però prevedere un adeguato numero di posti letto per i pazienti cronici e lungodegenti o riabilitazione, con una disintegrazione piuttosto che integrazione, tra ospedale e territorio.
Dopo la revisione della rete ospedaliera, è stata la volta delle piante organiche calcolate sul numero dei posti letto moltiplicato per i coefficienti massimi e minimi. “Stranamente” però ,si è provveduto all'utilizzo di coefficienti minimi per il calcolo del personale infermieristico, mentre sono stati sforati “spudoratamente” i coefficienti massimi per il calcolo della dirigenza medica, realizzando così il grande paradosso tutto Siciliano: più medici dei posti letto, pochi infermieri per l'assistenza, personale di supporto al lumicino. E dire che questa riforma è stata decantata come un capolavoro! Ma i nodi vengono al pettine e si evidenzia chiaramente, nei vari rapporti, quanto i tagli al personale infermieristico costituiscono un pericolo per i pazienti.
Considerando che la Sicilia, rispetto al Friuli Venezia Giulia possiede il doppio dei medici per ogni 10 posti letto, circa il 40% di infermieri in meno, ed un Sistema Sanitario Regionale meno efficiente, viene da chiedersi come mai “nella terra del gattopardo” non si sia provveduto a un semplice riequilibrio delle forze a favore dell'assistenza. Con un aumento sostanziale del numero di infermieri,e l’ inserimento dell'ormai quasi “bramato” Operatore Socio Sanitario, che di fatto ancora oggi, dopo ben 13 anni non risulta strutturato nelle piante organiche regionali, questo consentirebbe di sgravare il personale infermieristico da alcune “mansioni” ormai non più proprie della professione, che possono essere quindi svolte da figure di supporto, a vantaggio di un assistenza di qualità.
Invece oggi, gli infermieri siciliani di molte degenze e terapie intensive, “subiscono” un carico di lavoro esorbitante, fatto di turni massacranti, straordinario programmato e continui richiami in servizio per la copertura delle assenze, un insieme di fattori di rischio predisponenti gli episodi di malasanità e cattiva pratica clinica a cui le cronache ahimè ci hanno ormai abituato.
In Italia su 570 casi di presunta malasanità, il 20%(dato pesantissimo) si è verificato in Sicilia; allora la domanda è d'obbligo: possibile che con il più alto numero di medici in Italia non riusciamo a assicurare un discreto standard di sicurezza al paziente? La risposta potrebbe essere che in realtà avere molti medici nel Sistema Sanitario Regionale, non aumenta gli standard di sicurezza del paziente, perchè per garantire la sicurezza e l'appropriatezza delle cure nelle strutture sanitarie c'è bisogno di infermieri, c'è bisogno di chi, prendendosi cura del paziente, sia il termometro del suo stato di salute, in modo da fornire tempestivamente gli elementi utili alla diagnosi medica.
Altra domanda: se la Sicilia spende troppo per il personale delle Aziende Sanitarie tanto che molte sono state richiamate dalla corte dei conti, perché non è citato per quale tipo di personale la spesa risulta essere eccessiva? Eh no… perché altrimenti, si finirebbe per mettere tutto in un unico calderone che paradossalmente ,nella riduzione dei costi porterebbe a fare dei tagli sempre tra il personale dedicato all'assistenza e sopratutto gli infermieri ,come di fatto è stato! tale operazione comporterebbe un’ ulteriore diminuzione del livello generale di attenzione, un aumento delle infezioni ospedaliere e comprensibilmente, un aumento delle giornate di degenza con più elevati costi di gestione, il tutto condito dai frequenti casi di presunta malasanità che è diventato un vero e proprio
modus pensandi dell’utente siciliano. Per non parlare della mobilità passiva verso altre regioni, non solo per la battage negativa che viene posta in risalto dalle cronache, ma anche dall'esperienza diretta dei singoli pazienti che preferiscono curarsi altrove.
Altra domanda che mi pongo: perché se la Sicilia possiede così tanti medici le liste d'attesa risultano essere comunque interminabili tanto che il paziente opta spesso per la visita specialistica privata pur di non aspettare? C'è qualcosa che non quadra, o tutto quadra perché è così che deve andare ed evidentemente a qualcuno questo sistema conviene …
La risposta in termini assistenziali delle aziende ospedaliere è ridotta ai minimi termini, lo sa l'assessore alla salute, lo sa la commissione sanità, lo sa il parlamento Siciliano e purtroppo lo sanno anche i pazienti, ma le riforme che si sono susseguite nel tempo non hanno mai toccato un punto fondamentale, il riequilibrio tra le risorse umane presenti e impegnate nel sistema sanitario Siciliano.
Lungi da me dal voler fare polemica contro la dirigenza medica, ma mi capita di vedere reparti doppioni o addirittura “triploni” nelle stesse aziende, magari con pochi posti letto, ognuno con un proprio centro di costo e, a meno che qualcuno riesca a dimostrare il contrario, non sono proprio una soluzione economica. Allora, la mia preoccupazione si trasforma nel presentimento che l'esistenza di questi doppioni non sono altro che la volontà di mantenere in vita un così alto numero di posti di dirigente, più per questioni politiche che per mera efficienza del sistema.
E’ palese che le strutture piccole vanno riconvertite, perché non assicurano i livelli essenziali di assistenza, ma prima bisogna ripensare ancora una volta il SSR, (altrimenti ci saranno sempre i soliti sindaci che faranno sempre le solite campagne elettorali per salvare il “proprio” piccolo ospedale colmo di inefficienze). Bisogna puntare sul sistema di cure domiciliari, perché le malattie croniche aumentano con l’aumentare dell’aspettativa di vita, e perché in questo modo, come è stato fatto in tante regioni virtuose, la risposta assistenziale può essere affidata all’infermiere con costi indubbiamente più bassi, economie di bilancio notevoli e sistema sanitario efficiente. Ma forse è un discorso troppo logico per avere attuazione perché “
tutto deve cambiare, affinché nulla cambi”.
Dott. Salvatore Vaccaro
Infermiere, Segretario Provinciale NurSind Catania
Componente Direzione Nazionale NurSind
04 settembre 2013
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