La fine del glorioso Servizio sanitario nazionale
di Gian Massimo Gioria e Antonio Barillà
10 GEN -
Gentile Direttore, ogni anno, puntualmente, nel periodo novembre/marzo, si pone il problema dell’affollamento dei DEA: cittadini che sostano per giorni sulle barelle senza alcuna distanza tra gli uni e gli altri, reparti che riducono le attività ordinarie per far posto alle richieste dei pronto soccorsi ecc. Ogni volta sembra una novità, ma in effetti non lo è.
Ovviamente, in questo periodo, sono tutti alla ricerca dei colpevoli, in primis taluni “tribuni” smemorati e politici incapaci; gli uni, infatti, ignorano le cause di questo grave disagio, gli altri, invece, cercano di nascondere al popolo i loro gravi errori. Tutti, quindi, guardano al momento, ma non alle cause di questo disastro sanitario pre-annunciato.
Le Regioni e le ASL conoscono bene l’annoso problema, ma, anziché agire per tempo, preparando un serio piano per la gestione dell’emergenza influenzale e parainfluenzale (dovrebbe essere fatto a settembre/ottobre), ignorano ciò o, per meglio dire, fanno finta di occuparsene, cercando in extremis rimedi tanto frettolosi quanto inefficaci. Purtroppo, se l’azione politica rimane tale, ogni anno sarà sempre peggio.
Ovviamente, in questo periodo dell’anno, gli ospedali ed i DEA in particolare sono nell’occhio del ciclone, ma non bisogna dimenticare che oltre il 90% dei problemi sanitari della popolazione vengono gestiti sul territorio, in primis dai medici di famiglia.
Detto ciò, cerchiamo di comprendere l’origine di questo ricorrente fenomeno.
Oltre alle azioni tardive e poco efficaci delle ASL e delle Regioni, bisogna individuare cause più profonde che si potrebbero riassumere con la seguente espressione: “La popolazione invecchia e si riduce l'assistenza ospedaliera in termini di posti letto e non solo”. Si riportano, a tal fine, alcuni dati molto significativi estrapolati da autorevoli riviste del settore. Nel 1980, gli over 65 erano il 13,1% della popolazione e gli over 80 soltanto il 2,1%; tali percentuali sono aumentate, raggiungendo nel 2002 e nel 2020 rispettivamente il 16% e 21% degli over 65. Oggi tale percentuale è il 24%, di cui il 7,6% sono over 80; in Italia ci sono circa 14 milioni di over 65. Un altro dato che può essere utile per comprendere alcuni fenomeni come ad esempio le lunghe liste d’attesa, l’affollamento negli ospedali e non solo nei DEA, la lunga attesa per intereventi e prestazioni sanitarie in generale, è l’andamento dei posti letto.
Nel 1980, i posti letto ospedalieri per malati acuti erano 922 ogni 100 mila abitanti; oggi sono 275. Solo dal 2000 ad oggi sono stati tagliati oltre 80.000 posti letto.
Qualcuno dirà: “Ma in Europa si è verificato lo stesso fenomeno?”
Prendiamo ad esempio la Germania:
- Posti letto nel 2000: 911 x 100 mila abitanti (popolazione 82 milioni); nel 2020, 781 x 100 mila abitanti (popolazione 83 milioni ).
Al contrario, in Italia:
- Posti letto nel 2000: 470 x 100 mila abitanti (popolazione 57 milioni). Nel 2020, 318 x 100 mila abitanti (popolazione 59 milioni).
La situazione è ancora più grave se consideriamo che la percentuale di over 65 in Italia è la più alta In Europa.
Analizzando questi dati, colpisce un paradosso tutto Italiano: la popolazione è invecchiata e sono stati progressivamente ridotti i posti letto, anche rispetto agli altri paesi europei. Qualcuno direbbe: “La sanità al contrario!”.
Probabilmente la “lungimiranza” della classe politica italiana degli ultimi 30 anni ha immaginato che invecchiare significasse stare meglio e quindi avere bisogno di meno assistenza sanitaria ospedaliera e non solo.
Di certo la drammatica situazione odierna, sotto gli occhi di tutti, essa è il risultato di scelte quali: riduzione dei posti letto, tagli al personale medico, infermieristico, riduzione di servizi, ricorso sfrenato alle prestazioni da parte di privati, cooperative, ecc.
Questo è ciò che accade in Italia. In Piemonte, la situazione non è molto diversa, sia per quanto riguarda gli ospedali sia per ciò che concerne la sanità territoriale , mancano ad esempio circa 600 medici di famiglia ed altrettanti medici di continuità assistenziale, secondo i parametri dei contratti nazionali. Le cure domiciliari sono carenti di personale infermieristico, si parla infatti di affidare le cure domiciliari alle cooperative.
L'integrazione ospedale territorio, inoltre, non esiste se non negli enunciati.
Il concetto di “grande distribuzione”, negli ultimi 20 anni, ha caratterizzato anche la trasformazione/involuzione nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, attraverso la nascita di “discount della sanità”, dove i lavoratori sono precari e sottopagati ed i servizi forniti sono spesso di non eccellente qualità.
Siamo una regione in cui i cittadini girano in lungo ed in largo per il Piemonte per poter usufruire di una prestazione sanitaria , optando per il pagamento, poiché i costi di trasporto sono superiori a quelli della prestazione stessa.
Nessuno dei nostri burocrati o politici si è mai posto il problema di pensare: “Ma un anziano (in Piemonte ci sono oltre un milione di over 65) come può spostarsi da Moncalieri a Domodossola, da Chivasso a Cuneo, o da Torino a Novara, per una prestazione? È in grado di andare autonomamente? In alternativa, Chi lo accompagna? Quanto gli costa?”.
Tra qualche mese non si parlerà più di pronto soccorso e si ritornerà a parlare di liste d'attesa; “cambia il cantante ma la musica sarà la stessa”. Vedremo cittadini in pellegrinaggio per una prestazione sanitaria o peggio pagare un servizio a cui si ha diritto gratuitamente. Medici di famiglia, inondati dalla burocrazia che, oltre a registrare quotidiane lamentele, subiscono le esternazioni talvolta violente dei cittadini.
Nel paradosso della sanità italiana, ciò che preoccupa è anche l’inerzia dei cittadini che, sentendosi probabilmente stanchi e impotenti, accettano passivamente, pagando prestazioni che dovrebbero ricevere gratuitamente. Una seria protesta insieme a medici e infermieri che lavorano spesso in condizioni disumane, sotto organico, rinunciando a ferie, riposi, servirebbe forse a scuotere le coscienze di chi ha il potere di cambiare questa situazione.
Gian Massimo Gioria Responsabile Nazionale Smi - Area convenzionataAntonio BarillàSegretario regionale Smi - Piemonte
10 gennaio 2024
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