Gentile direttore,
si è spento pochi giorni fa a Montesano Salentino in Provincia di Lecce il dottor Luigi De Francesco, medico di medicina generale e mio amico. Non è questa la sede per ricordi personali e qui, infatti, il ricordo è legato esclusivamente al modo in cui il dott. De Francesco (d’ora in poi Gigi) interpretava il suo ruolo di medico di medicina generale, che lui, nato nel 1952, ha svolto a Montesano Salentino dal 1979 fino all’ottobre 2018, per un lungo periodo anche con il ruolo di medico condotto.
La sua storia personale professionale Gigi l’ha raccontata in un libro di quelli che chi ha cultura e passione scrive quando la pensione consente di ripensare il proprio percorso di vita e di lavoro. Il libro ha un titolo molto significativo “Dottore, vieni a casa mia”. Oggi forse una richiesta di questo tipo arriverebbe con un messaggio via whatsapp del paziente o dei familiari. In questo caso arrivò con un semplice “pizzino”, come lo chiama Gigi nel suo libro, e cioè un pezzetto di quaderno a quadretti lasciato nella cassetta delle lettere dell’ambulatorio con su scritto appunto “dottore vieni a casa mia” senza nome, cognome e indirizzo. Figuriamoci se c’era scritto il motivo. Ovviamente Gigi riconobbe il paziente cui fece presente, scherzando e mostrandogli il pizzino, l’anomalia della forma con cui era stata richiesta la visita domiciliare. Il paziente, evidentemente vergognandosene un po’, glielo strappò di mano e quindi di quel modulo di richiesta non è rimasta testimonianza.
Forte di questa esperienza Gigi da allora ha cominciato a raccogliere alcuni dei pizzini lasciati nella sua cassetta delle lettere e alcune delle “cartuccelle”, e cioè i pezzi delle confezioni dei farmaci usate dai suoi pazienti per ricordarsi come e quando prenderli. Pizzini e cartuccelle sono poi una parte integrante e caratterizzante del libro, una testimonianza della cultura popolare del luogo, ma soprattutto del rapporto dei pazienti con il “loro” medico, anzi il loro dottore.
La storia di Gigi è la storia di moltissimi medici di medicina generale dei piccoli comuni italiani, una storia in cui cambia il gergo, mentre le storpiature del linguaggio medico magari si assomigliano, ma in cui torna sempre lo stesso legame tra le persone e chi si occupa della loro salute. Il suo libro, così come tanti analoghi racconti, ci parlano di una medicina di famiglia sempre più burocratizzata e per questo a rischio di essere sempre meno utile proprio là dove serve di più, e cioè dove l’accesso alla medicina specialistica è più difficile (il che non è sempre un male in verità).
Lascio a Gigi il compito di chiudere questo suo ricordo con le sue parole che chiudono il libro: il mio più grande desiderio è di aver lasciato in ognuno dei miei pazienti e delle persone che hanno avuto l’opportunità di conoscermi, un buon ricordo che mi risparmi dalla caduta nell’oblio e faccia dire loro “Questo è il mio dottore!”. Il suo desiderio si è sicuramente avverato.
Claudio Maria Maffei