Gentile Direttore,
nel suo discorso al Senato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha finalmente parlato di sanità pubblica dimostrando una preoccupante mancanza di consapevolezza della crisi drammatica che il Servizio Sanitario Nazionale sta affrontando. Questo segmento del suo intervento ha avuto la struttura del comizio con un ricorso al climax, procedura che per definizione implica un crescendo di intensità al termine del quale si ha un picco, il tassello più importante degli elementi elencati.
Il picco nel nostro caso si è raggiunto quando il Presidente del Consiglio si è infiammato (giuro non è un gioco di parole) parlando delle misure troppo restrittive adottate dal precedente governo per il controllo della pandemia e in particolare quando ha parlato dei ragazzi di 12 anni non vaccinati esclusi dalla possibilità di fare attività fisica in assenza di evidenze “certe” al riguardo, ma per pura scelta politica. In chiusura il messaggio è stato che adesso alle scelte politiche si anteporranno le scelte basare sulle evidenze.
In realtà, la posizione “restrittiva” del governo era supportata da solidi riferimenti scientifici, visto che ad esempio l’Istituto Mario Negri un anno fa scriveva basandosi sui dati disponibili all’ottobre 2021 che: se da un lato vaccinare gli adolescenti non rappresenta una priorità, a meno che non si diffonda una variante capace di causare gravi malattie anche in loro, dall’altro vaccinarli potrebbe consentire di poter effettuare il ritorno alla normalità con una tranquillità e continuità maggiori, in vista della ripresa della scuola e di attività sportive e sociali.
In un aggiornamento sul tema del gennaio 2022 lo stesso Istituto affermava che: Le agenzie regolatorie raccomandano fortemente il vaccino soprattutto in quei bambini “fragili”, e cioè quelli che soffrono di malattie croniche come ad esempio il diabete, che sono malati di tumore, che presentano malattie cardiovascolari o che soffrano di asma non controllato. Queste condizioni, infatti, li espongono ad un rischio maggiore di forme gravi. Va però detto che anche i bambini “sani”, che non presentano particolari fattori di rischio, rischiano la malattia grave e il ricovero in ospedale.
Se questo discorso del Presidente del Consiglio è stato un esempio della impostazione “scientifica” del nuovo Governo i motivi di preoccupazione sono tanti. Il primo rappresentato dal molto probabile insuccesso dei futuri eventuali programmi vaccinali come dimostrato dai dati della Regione Marche che di questo governo è il riconosciuto laboratorio.
La preoccupazione cresce quando si riascoltano per intero con attenzione i circa due minuti dedicati ai restanti temi della sanità dal Presidente del Consiglio prima di parlare di pandemia e evidenze scientifiche. In questa parte il Presidente ha parlato con tono piatto scorrendo gli appunti senza mai nemmeno nominare finanziamento, PNRR, carenze di personale, servizi territoriali, integrazione sociosanitaria, prevenzione, formazione e ricerca.
E quindi ovviamente nemmeno salute mentale, consultori, cure palliative, professionisti, anziani, cronicità e disabilità. Dell’ospedale il Presidente ha parlato solo con riferimento a una maggiore digitalizzazione. In compenso ha fatto riferimento ad una non meglio precisata prossimità, al turismo sanitario e al ruolo di farmacie, medici di medicina generale e telemedicina e ha evocato con scarsa convinzione non meglio precisate battaglie per la tutela delle aree interne. Se mi dovessi basare sulla esperienza marchigiana la tutela delle aree interne si tradurrà nella difesa sbagliata dei piccoli ospedali conseguenza delle promesse elettorali che hanno portato il centrodestra a vincere due anni fa le elezioni regionali.
Tra questo intervento al Senato e quello precedente alla Camera emerge evidente che né il Presidente del Consiglio né i suoi collaboratori più stretti hanno ancora idea di quello che sta succedendo nella sanità italiana, un tema che viene di conseguenza trattato con i toni e gli argomenti di una campagna elettorale. Che però è finita, peraltro con successo.
Un ruolo importante potrebbe essere svolto nel riorientare questo atteggiamento da quella classe dirigente i cui interventi vengono ospitati qui su QS. Una classe dirigente espressione dei Sindacati, degli Ordini Professionali, del mondo accademico, dei cittadini e di tutti gli altri stakeholders.
Purtroppo da questa classe dirigente spesso provengono messaggi contrastanti ad esempio in tema di ruoli professionali (si pensi alla disputa sulla autonomia/responsabilità degli infermieri rispetto ai medici), modelli organizzativi (si pensi alla disputa sulla organizzazione della medicina generale) e assetti programmatori (si pensi alla disputa sul DM 70).
Temo che in questo contesto in cui non emerge con chiarezza un modello condiviso di sanità pubblica trovi spazio quella gestione populistica della sanità buona per le campagne elettorali, ma pessima per la salute dei cittadini.
Claudio Maria Maffei