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Gender gap in sanità, il muro è ancora alto. Le riflessioni al convegno promosso all’Ao S. Andrea

In Italia solo un terzo delle donne è in una posizione apicale, il gap aumenta quando si parla di percorsi di carriera e salari. Inoltre le giovani donne medico hanno difficoltà a realizzare un’alleanza terapeutica con i pazienti uomini e ciò riduce l’efficacia delle cure. Sono alcune delle considerazioni emerse all’evento promosso a chiusura della campagna #lottocontrolaviolenza, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, Francesca Bagni Cipriani, Consigliera Nazionale di Parità.

07 APR - La maggioranza del personale impiegato in sanità è rappresentato da donne, ma neanche un terzo di loro occupa una posizione apicale. A confrontarsi sul “soffitto di vetro” che è ancora sopra la testa degli operatori sanitari sono stati ieri esponenti del mondo istituzionale e culturale nel corso dell’evento organizzato dall’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea e dalla Facoltà di Medicina e Psicologia di Sapienza Università di Roma per offrire un contributo concreto al superamento del gender gap in sanità.

Diverse le politiche e gli strumenti realizzati per abbattere le barriere che rendono difficile una sostanziale parità di opportunità tra uomini e donne; “un percorso lungo, in salita e accidentato, ma un percorso di civiltà” ricorda la Rettrice di Sapienza, Antonella Polimeni, nel suo videomessaggio di apertura.. Ne è una testimonianza viva la partecipazione all’incontro della Consigliera Nazionale di Parità, Francesca Bagni Cipriani, figura istituita presso il Ministero del Lavoro per la promozione e il controllo dell'attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e di non discriminazione tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Nel ribadire le funzioni sanzionatorie e premianti del suo ruolo, la Consigliera ha riferito che il nostro Paese stia seguendo le indicazioni europee per le politiche di riduzione del gender gap, anche se – guardando ai numeri - abbiamo ancora un differenziale di genere inarrestabile.

La sanità non fa eccezione. I numeri riportati dal direttore del Dipartimento di emergenza urgenza del Sant’Andrea, Monica Rocco, sono esemplari: in Italia solo il 17% dei direttori di unità di anestesia e rianimazione è donna (64/374). Se ci voltiamo indietro, di strada per chiudere il gap ne è stata fatta. Tuttavia i timidi spiragli di una parità di genere si assottigliano quando guardiamo ai percorsi di carriera e ai salari; un soffitto di vetro che è appesantito, ha ricordato Donatella Caserta, direttore del Dipartimento di Scienze ostetrico ginecologiche e pediatriche, anche da quel “muro” che ancor’oggi rappresenta la maternità per il successo professionale.

Anche il mondo dei media, come racconta la giornalista Maria Emilia Bonaccorso, restituisce la fotografia del divario che esiste tra uomini e donne, anche in ambito sanitario: “Durante la pandemia scarsa è stata la presenza sui quotidiani o in televisione delle professioniste sanitarie donne, perché poche erano ai vertici delle strutture ospedaliere o nei comitati scientifici chiamati a supportare le istituzioni, e peraltro spesso non interessate ad una visibilità pubblica”. Fortunatamente, qualcosa sta cambiando. La domanda “ma che ne fai dei tuoi figli?” non è più il sottotitolo di un’intervista di una donna di successo. Resta una domanda lecita, è stato evidenziato nel corso del convegno, ma solo perché fa parte del successo anche la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, senza tuttavia distrarre rispetto alla competenza specifica della professionista.

Se guardiamo poi al vissuto di quanti accedono alle prestazioni sanitarie, è importante prendere coscienza che esiste una differenza di genere nel percepito del paziente che incide nel rapporto di cura, ha segnato la psicologa Simona Abate “Ad esempio giovani donne medico hanno difficoltà nell’acquisire un’alleanza terapeutica da parte di pazienti uomini e ciò riduce l’efficacia delle cure”. Per questo è tanto più importante in ambito sanitario valorizzare le politiche attive volte ad abbattere gli stereotipi di genere e promuovere una cultura del rispetto nella diversità, anche attraverso iniziative come quella promossa dal Direttore del policlinico romano, Daniela Donetti, e dal Preside della Facoltà, Erino Angelo Rendina, che ha visto la partecipazione di tanti operatori sanitari, ma anche studenti e giovani leve delle medicina.

L’evento chiude al Sant’Andrea la campagna #Lottocontrolaviolenza, promossa da aziende sanitarie della Regione Lazio per contrastare ogni forma di violenza, come oltraggio ai diritti e alla dignità umana, ivi compresa la discriminazione nei confronti delle donne. Un impegno che vede congiunti il Sant’Andrea e la Facoltà di Medicina e Psicologia di Sapienza, così come le tante realtà sanitarie, associative e istituzionali che hanno aderito alla campagna, per contribuire a prevenire la violenza, in ambiti che riguardano l’istruzione, la educazione, il lavoro, gli affari sociali, la sanità. Perché è nel diffondere una cultura del rispetto dei diritti e della persona la chiave di volta per prevenire ogni forma di violenza.

07 aprile 2023
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