Consiglio nazionale Fofi. Mandelli: “Un grazie a tutti i farmacisti italiani per la loro abnegazione, ma ora occorre potenziare e riconoscere il nostro ruolo nell’assistenza”
Così il presidente Andrea Mandelli in apertura del primo Consiglio nazionale “dal vivo” dopo la fine del lockdown. Nella sua relazione, grande riconoscenza per tutti i colleghi che si sono spesi per la collettività: negli ospedali, sul territorio e in tutto il comparto. Ma anche una puntuale ricognizione delle criticità rivelatesi durante la pandemia. E una domanda: “Come sarebbero andate le cose se i nostri colleghi, che per settimane sono stati in prima linea per assistere e confortare i cittadini, avessero potuto contare anche sugli strumenti della farmacia dei servizi?”. IL TESTO DELLA RELAZIONE.
26 GIU - La prima riunione del Consiglio Nazionale della FOFI dalla fine del lockdown si è aperta questa mattina con un
messaggio del Ministro della Salute Roberto Speranza. “Voglio ringraziare sentitamente, senza retorica, i farmacisti italiani, siete stati un parte fondamentale della capacità del nostro Paese di reagire alla sfida che ci si è presentata. Le farmacie non hanno mai chiuso i loro battenti, e i farmacisti hanno rappresentato con coraggio la necessità di garantire l’assistenza ai cittadini” ha esordito il ministro per poi delineare i molti interventi che attendono la sanità italiana dopo questa difficile esperienza, per concludere che “dentro questa stagione dovremo continuare a tessere quella relazione positiva che ci metterà nella condizione di costruire, insieme, la sanità del futuro”.
I lavori del Consiglio sono poi cominciati con un minuto di silenzio preceduto dalla lettura dei nomi dei farmacisti caduti durante la fase più violenta dell’epidemia, che il presidente
Andrea Mandelli ha voluto ricordare uno per uno:
Lorenzo Ilario Repetto, Raffaele Corbellini, Paolo D'Ambrogi, Francesco De Donno, Patrizio Forti Paolini, Antonio Perani, Antonio Tilli, Reanna Casalini, Fernando Marcantonio, Luigi Francesconi, Giuliana Ottolenghi, Angela Casotti, Mauro Toccaceli, Francesco Giglioni, Francesco Paolo Ferraro.
“Uomini e donne – ha detto Mandelli - che esercitavano nelle farmacie, negli esercizi di vicinato, nel settore veterinario, in piccoli centri e nelle città, nelle zone rosse flagellate dal contagio e in altre aree dove apparentemente la situazione appariva meno allarmante. Tutte e tutti, però, erano dove c’era bisogno di loro”.
“Non so se questo sia eroismo, ma è il gesto più alto che ciascuno di noi può compiere, ed è quanto hanno fatto questi nostri colleghi. Anche grazie al loro esempio possiamo e dobbiamo provare l’orgoglio di appartenere a una professione, nobile e antica, che è al servizio della collettività”, ha aggiunto il presidente della Fofi che non ha mancato di sottolineare che, forse, quelle morti si sarebbero potute evitare se i farmacisti fossero stati dotati di adeguati dispositivi di protezione come richiesto ripetutamente dalla Federazione fin dal 24 febbraio al primo insorgere dei segnali inequivocabili di una crisi imminente.
Il presidente della Fofi ha poi sottolineato che “a tutti i colleghi del territorio, dell’ospedale, della filiera distributiva va il grazie di questo Consiglio nazionale. Non sono venuti meno a nessuno degli impegni che sono scolpiti nella nostra storia e incisi nel nostro codice deontologico e non si sono risparmiati mai, nemmeno nelle circostanze più difficili”.
Il dato di fondo, per Mandelli, è stato la dimostrazione che, a fronte della riduzione dei posti letto, nel generale sottofinanziamento della sanità, ben poco si è fatto per potenziare l’assistenza territoriale che avrebbe potuto intercettare l’ondata del contagio, individuando i casi meno gravi, da trattare a domicilio, e rinviando all’ospedale i malati gravi. Ma anche per assicurare la continuità delle cure per i malati non-COVID: “Come sarebbero andate le cose se i nostri colleghi, che per settimane sono stati in prima linea per assistere e confortare i cittadini - si è chiesto il presidente della Fofi - avessero potuto contare anche sugli strumenti della farmacia dei servizi? Per esempio le metodiche della telemedicina, il supporto all’aderenza alla terapia?”.
La marea è invece salita “e si è riversata sugli ospedali, che inevitabilmente non erano preparati a sostenere, in particolare nei centri più piccoli, un tale impatto. E sono riusciti in questa impresa solo grazie all’abnegazione di farmacisti ospedalieri, medici, infermieri e operatori sanitari, a una mobilitazione senza precedenti, che ha visto coinvolti tanto i più anziani, che già erano in pensione, quanto i più giovani, come i nostri colleghi delle scuole di specializzazione in farmacia ospedaliera”, ha ricordato ancora Mandelli.
Se dopo la pandemia “niente sarà più come prima”, è ora che il sistema deve far tesoro di questa esperienza per evitare che gli errori si ripetano investendo nel personale sanitario, nelle strutture e sul territorio, dove la farmacia dei servizi deve avere il ruolo di porta di ingresso al SSN. Indispensabile, quindi, riprendere la sperimentazione del nuovo modello e ampliarne anche il raggio d’azione.
In proposito Mandelli ha avanzato una serie di proposte per la farmacia e il servizio farmaceutico. In primo piano nell’agenda la semplificazione e la riduzione della burocrazia, che significano innanzitutto digitalizzazione della sanità. Ma non si tratta solo di questo: potenziare il territorio significa mettere i farmaci di nuova generazione a disposizione del medico di medicina generale e del farmacista di comunità, pensare a una seria politica di prevenzione e altro ancora.
Ma andiamo con ordine.
Dematerializzazione ricette
Se l’eliminazione dei promemoria è stata possibile in questa fase di crisi è grazie all’impegno dei farmacisti, che hanno sopperito all’inesperienza di molti pazienti con i sistemi informatici per questo la richiesta che la dematerializzazione delle ricette stabilita durante l’epidemia venga allargata anche ai farmaci soggetti a prescrizione non rimborsati dal SSN, in linea di principio, vede d’accordo la FOFI “ma l’abbiamo ritenuta inopportuna nel pieno dell’emergenza”. Occorre generalizzare e ampliare l’attivazione del FSE e soprattutto avviare il Dossier Farmaceutico aggiornato dal farmacista. Se dematerializzazione deve essere, non si possono lasciare le cose a metà e soprattutto non si devono creare ulteriori complicazioni per il farmacista, né creare sponde per comportamenti illeciti, quali la spedizione diretta dei codici NRE direttamente dal medico alla farmacia. E su questo aspetto vi esorto a vigilare con la massima attenzione e a intervenire con la massima fermezza”.
Distribuzione diretta
“Quando, nel corso della plenaria della scorsa edizione di FarmacistaPiù – sottolinea Mandelli - ho detto pubblicamente al Ministro
Roberto Speranza che la diretta era da ritenersi anacronistica, ci fu chi ebbe ad obiettare. Credo che l’emergenza COVID-19 ci abbia purtroppo fornito la conferma più puntuale di questa definizione. In piena epidemia chi poteva a cuor leggero recarsi in un ospedale o affrontare una trasferta anche lunga per ritirare un farmaco? Era prevedibile che i “guasti nascosti”, economici e sociali, di questo sistema sarebbero apparsi evidenti in tutta la loro gravità a chiunque, anche a chi non voleva vedere. Non è un caso che da settimane si susseguano gli appelli di cardiologi, oncologi e altri specialisti che denunciano un peggioramento delle condizioni dei pazienti, al quale ha contribuito anche la distribuzione diretta anche se non è stato il solo fattore in gioco. Abbiamo dunque insistito perché questi farmaci soggetti a distribuzione diretta passassero alla distribuzione per conto, con la sola ovvia eccezione di quelli a uso esclusivamente ospedaliero o per i quali sussistono esigenze di monitoraggio intensivo. In questa battaglia abbiamo guadagnato consenso nella società. Mi riferisco, per esempio, alle dichiarazioni rese da Antonio Gaudioso di Cittadinanzattiva alla Commissione Parlamentare per la semplificazione, in cui ha sottolineato che per rispettare le necessità dei pazienti e favorire la continuità delle cure, e l’aderenza alla terapia, occorre “semplificare al massimo le procedure con cui i malati cronici e rari possono ottenere direttamente in farmacia anche i farmaci e i presidi sanitari solitamente distribuiti nelle strutture pubbliche attraverso l’adozione omogenea della distribuzione per conto”, che è quanto prevedevano gli emendamenti presentati dallo stesso Mandelli ai Decreti “Cura Italia”, “Liquidità” e “Rilancio”
“Per questo obiettivo non smetteremo mai di batterci, tantomeno ora, quando i fatti dolorosi di queste settimane ci hanno dato ragione una volta di più. E ricordo che in Germania, per citare un Paese preso a modello per la risposta alla pandemia, tutti i nuovi farmaci di uso non ospedaliero sono dispensati nelle farmacie”.
Tetti di spesa
“Farmindustria – ha ricordato Mandelli - ha fatto intravvedere la proposta di abbassare il tetto di spesa della farmaceutica convenzionata a favore di quella per gli acquisti diretti. E’ un’ipotesi che non tiene minimamente conto del fatto che nella spesa per acquisti diretti rientra quella per medicinali che non hanno ragione di essere esclusi dalla dispensazione in farmacia, se non considerazioni di tipo puramente economico, anzi contabile. Né tiene conto del fatto che da anni è stata prevista a una revisione del PHT per ovviare a questa situazione. Se la convenzionata ogni anno fa registrare un avanzo di centinaia di milioni, significa che il budget ha la capienza per nuovi farmaci ora attribuiti alla distribuzione diretta. La spesa complessiva non cambierebbe? Dal punto di vista contabile può darsi, ma si cancellerebbero costi e disagi per i cittadini. E c’è un altro aspetto di fondo da considerare. Questa sostanziale riduzione dell’accesso ai farmaci innovativi ha contribuito anche a indebolire l’assistenza territoriale e non parlo soltanto della rete della farmacie, ma anche della medicina generale”.
Consegna farmaci a domicilio
“In queste settimane – ricorda Mandelli - abbiamo assistito, da parte di alcune aziende, a una serie di iniziative per consegnare direttamente al domicilio del paziente i propri medicinali, servendosi anche di professionisti per provvedere, nel caso, alla somministrazione. In molti casi recarsi in ospedale per un’infusione può essere particolarmente oneroso per i pazienti, specie per coloro che vivono lontani dai centri di riferimento, e alcune aziende hanno provveduto a offrire servizi di questo tipo. Sono soluzioni che, al di là di altre considerazioni, possono esitare in un’implicita discriminazione dei pazienti: chi è curato con un prodotto può restare a casa mentre chi è in trattamento con un altro deve recarsi in ospedale, e quindi anche in una limitazione indiretta della libertà prescrittiva.
Come proposto anche da Cittadinanzattiva è il Servizio sanitario che deve provvedere, quando necessario, a questa somministrazione a domicilio. Ben altro discorso poi è quello delle malattie croniche: sarebbe un ulteriore scardinamento del territorio, con un addio inevitabile alla presa in carico del paziente da parte delle rete delle cure primarie.
Abbiamo da subito manifestato con forza la nostra più ferma opposizione a iniziative che indeboliscano ulteriormente l’assistenza territoriale, come quelle che ho descritto. E che ignorano gli insegnamenti che, a caro prezzo, ci sono venuti dalla pandemia”.
Potenziare il territorio e la farmacia dei servizi
“Il modello centrato sull’ospedale ha una storia lunghissima in Italia, basti pensare che il primo tentativo di riforma della sanità in Italia, la Legge 13 del 1968, fu una riforma ospedaliera e si dovette appunto attendere la legge 833 del 1978 per vedere un primo interesse per l’assistenza territoriale, peraltro poi in seguito, come abbiamo visto, trascurata.
E’ in questo scenario – ricorda Mandelli - che abbiamo lanciato nel 2006 la nostra proposta di Palazzo Marini sulla farmacia dei servizi, consapevoli che l’Italia poteva contare su una rete di professionisti e presidi capillare e accessibile, quella dei farmacisti di comunità, che operando in collaborazione con i medici di famiglia e gli altri professionisti poteva dare un contributo importante alla presa in carico del paziente cronico, all’attuazione di campagne di screening, all’erogazione di prestazioni di prima istanza. Un contributo che può alleggerire il carico dell’emergenza-urgenza, assicurare l’aderenza alle terapie, ridurre le liste d’attesa e tutti gli altri aspetti che abbiamo illustrato in questi anni.
Vaccinazioni anche in farmacia
“Se vogliamo scongiurare che si crei un quadro epidemiologico favorevole al possibile riaccendersi dell’epidemia di SARS-Cov2 è fondamentale non solo generalizzare la vaccinazione antinfluenzale delle categorie a rischio, ma aumentare il più possibile anche la copertura contro il pneumococco. Uno sforzo inedito per il nostro paese. Per questo ho presentato un ordine del giorno che impegna il Governo a considerare la possibilità di allargare l’offerta della vaccinazione antinfluenzale ricorrendo alle farmacie con la presenza del medico. Del resto oggi si contano 34 paesi in cui il farmacista e la farmacia sono coinvolti a diverso livello nelle pratiche vaccinali e sono 27 quelli in cui la somministrazione dei vaccini avviene in farmacia, o effettuata direttamente da professionisti abilitati”.
Rinnovo contratto farmacisti collaboratori
“Questi giorni difficili hanno confermato che l’asset più prezioso della farmacia sono i professionisti, i collaboratori che hanno garantito l’operatività dei presidi anche in queste condizioni limite, ed è tanto logico quanto doveroso che questo venga riconosciuto anche sul piano contrattuale. E’ ovvio – sottolinea Mandelli - che questo riconoscimento deve fare i conti con la difficile situazione della farmacia italiana, per la quale è ormai indifferibile l’adozione di un nuovo schema di remunerazione, basata, come abbiamo sempre sostenuto, sull’atto professionale: quello fondamentale della dispensazione e quelli relativi ai nuovi servizi cognitivi sanciti dalla Legge 69/2009. Rinnovo contrattuale e nuova remunerazione della farmacia in questa congiuntura sono inevitabilmente legati. La Federazione non ha titolo per intervenire nelle trattative, è noto, ma continuerà nella sua opera di facilitatore non solo tra le due parti ma anche nei confronti del Governo perché si raggiungano questi obiettivi”.
Parafarmacie
“L’anno scorso – ha detto Mandelli - avevamo dato inizio anche a un confronto per individuare una soluzione alla questione delle parafarmacie, un tavolo al quale sono state invitate tutte le organizzazioni degli esercizi di vicinato e al quale si è unita poi Federfarma. E’ chiaro che per gli esercizi di proprietà di professionisti che svolgono solo questa attività è necessario più che mai trovare una soluzione condivisa. Non possiamo non considerare che questi colleghi, dall’inizio della pandemia, hanno assistito la loro comunità con impegno, dedizione e professionalità”.
Un fondo speciale per i farmacisti in difficoltà
Mandelli, infine, ha comunicato che “il Comitato centrale ha deciso la creazione di un fondo destinato al sostegno dei colleghi in difficoltà attraverso tre bonus e una misura di supporto per i famigliari dei colleghi caduti. Il primo bonus è destinato ai colleghi che, per continuare a esercitare in periodo di chiusura delle scuole, hanno dovuto ricorrere alle baby-sitter; il secondo è destinato ai colleghi disoccupati e il terzo alle farmacie che hanno subito cali di fatturato pari o superiori al 30”.
All’approvazione all’unanimità della relazione del presidente, è seguita poi l’approvazione di una mozione che impegna il Comitato Centrale a porre in essere ogni utile iniziativa istituzionale per il perseguimento del progetto di riforma della professione e degli obiettivi fondamentali di evoluzione della professione individuati dalla Federazione anche sulla base dell’esperienza di questi mesi.
26 giugno 2020
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