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Legge concorrenza. Gizzi (Assofarm): “L’unica vera chance per le farmacie indipendenti è quella di aggregarsi”

di Venanzio Gizzi

I numeri sono più chiari delle parole: se quasi tutte le farmacie comunali italiane si unissero, avremmo un gruppo di oltre 1.000 punti distributivi sull’intero territorio italiano. Si tratterebbe di una realtà economico-sanitaria con un potere contrattuale impressionante tanto nei confronti dell’industria quanto verso le Regioni. Avremmo risorse per fare innovazione e sperimentazione in ogni ambito del nostro lavoro. 

03 NOV - A leggere la stampa di settore delle ultime settimane si ha l’impressione che il tema dell’entrata del capitale in farmacia sia più sentito oggi di quando il ddl concorrenza non era ancora stato convertito in legge e, muovendoci compatti e con una chiara strategia di lobbying, si poteva ancora incidere su assetti in via di formazione. Assetti che oggi ci sono sfavorevoli.

Nel solco di un’ormai consolidata tradizione, la farmacia italiana non riesce a condurre il gioco del proprio futuro e si riduce a rincorrere gli altri. Ci muoviamo sempre in ritardo, e quando lo facciamo fatichiamo a mantenere una rotta precisa.

Di fronte a noi avremo invece aziende che non hanno questi problemi.

Le multinazionali di cui temiamo giustamente la concorrenza sono soggetti tanto complessi e potenti quanto monocratici: le decisioni vengono prese dall’alto e calano su tutto l’organigramma aderendovi con grande efficienza. La loro azione sarà competitiva tanto nel servizio al cliente quanto in ogni attività in grado di assicurare maggiore redditività. Non ci è concesso illuderci che i cittadini le giudichino farmacie “meno brave” di noi. Qualità e redditività rafforzeranno una solidità finanziaria e patrimoniale che la farmacia indipendente negli ultimi ha via via perduto. Questa maggiore solidità si tradurrà in prezzi di vendita che le farmacie indipendenti non potranno raggiungere. Non ci è quindi nemmeno concessa una fuga verso i prodotti salutistici o similari.

E non dobbiamo pensare che il mondo dei servizi, tema che alcuni di noi hanno snobbato per anni, possa divenire zona franca dall’avanzata delle grandi catene. Di fronte a noi avremo infrastrutture logistiche e tecnologiche in grado di gestire tutti i servizi di pharmaceutical care, aziende in grado di formare ottimi professionisti della presa in carico del paziente. Se quello dei servizi diverrà un ambito adeguatamente remunerato dal SSN, le multinazionali se ne accorgeranno.

Insomma, non avremo scappatoie o alternative al confronto diretto con le società per azioni. In un certo senso ce lo siamo meritato: negli ultimi anni non abbiamo saputo dimostrare allo Stato che potevamo aiutarlo nella riforma dei servizi sanitari locali e nel contenimento della loro spesa.
E in questo confronto, l’unica vera chance per le farmacie indipendenti è quella di aggregarsi in gruppi capaci di riprodurre tutte le efficienze di sistema sopra accennate: certezza decisionale, solidità patrimoniale, efficienza operativa lungo tutto l’organigramma.

I numeri sono più chiari delle parole: se quasi tutte le farmacie comunali italiane si unissero, avremmo un gruppo di oltre 1.000 punti distributivi sull’intero territorio italiano.

Si tratterebbe di una realtà economico-sanitaria con un potere contrattuale impressionante tanto nei confronti dell’industria quanto verso le Regioni. Avremmo risorse per fare innovazione e sperimentazione in ogni ambito del nostro lavoro. Con ogni probabilità produrremmo utili maggiori di quanto oggi ogni nostra associata è in grado di assicurare al proprio Comune.
 
Nessuno di noi può ragionevolmente pensare che questo scenario sia realizzabile entro tempi brevissimi. Dobbiamo però essere molto sicuri del fatto che sia possibile e che sia imprescindibile.

Ci sia di stimolo la consapevolezza che noi farmacie comunali non partiamo da zero. In fondo molte delle nostre associate sono già oggi delle catene di farmacie, talvolta con diverse decine di presidi. Possiamo quindi attingere da un patrimonio di esperienze e professionalità già maturati. Come del resto abbiamo già sperimentato sinergie locali in tema di gruppi di acquisto e abbiamo già affrontato riflessioni sulla commercializzazione di prodotti a brand.
Dobbiamo certamente insistere con maggiore convinzione sull’elemento comunicativo della Responsabilità Sociale d’Impresa: quell’alleanza etica tra le nostre imprese e i cittadini basata sul fatto che ogni euro speso in una farmacia comunale genera risorse che i comuni impiegano per lo sviluppo locale. Alleanze che dovremo proporre anche ad altri soggetti della grande distribuzione che si rifanno a principi mutualistici e che condividono con noi l’attenzione per il sociale e il territorio.

Non è certo la prima volta che parliamo di questi temi, e ogni volta in cui lo abbiamo fatto l’interesse iniziale si è poi perso in un’agenda ricca di problemi che sembravano più importanti.

La novità di oggi sta proprio qui, non possiamo più rimandare, non possiamo più tergiversare in sofismi dietro i quali nascondere campanilisimi e indecisioni.

Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm
 
Fonte: editoriale notiziario Assofarm

03 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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