Formazione post laurea. “I prestiti d’onore sono troppo onerosi. Ma la soluzione c’è: i Social Impact Bond usati in Inghilterra per il reinserimento degli ex detenuti”. La proposta del presidente dell’Enpam, Alberto Oliveti
di Lucia Conti
Intervista esclusiva dopo l'incontro con il ministro dell'Università Valeria Fedeli dove si è parlato molto della formazione specialistica per i Mmg. Ma per Oliveti: “Il prestito d’onore non è la risposta auspicata, perché carica sulle spalle dei giovani debiti ventennali. Meglio il Social Impact Bond che unisce l’interesse pubblico a un finanziamento privato. L’esempio sui carcerati può sembrare inappropriato, ma il modello potrebbe adattarsi perfettamente al nostro Ssn”
15 SET - Il lavoro e per tutti. È questo per
Alberto Oliveti, presidente Enpam, l’elemento fondamentale per garantire il futuro del Servizio sanitario nazionale e dei medici, siano essi giovani, pensionati o prossimi alla pensione. Perché senza un flusso continuo di contributi, le prestazioni pensionistiche e assistenziali non possono essere garantite. E senza un numero adeguato di medici, il Ssn è destinato a crollare.
Il presidente dell’Enpam lo aveva sinteticamente, ma chiaramente già detto in un articolo pubblicato sul nostro giornale. Ma torna a ribadirlo oggi sollecitando un impegno “multidisciplinare” (riprendendo il termine spesso usato in medicina) che partendo dai ministeri dell’Università, del Lavoro e della Salute e dalle istituzioni di categoria (Enpam, Ordini medici e Società scientifiche) permetta di costruire un nuovo modello di formazione e lavoro per dare un futuro ai medici. Tema al centro anche dell’incontro che il 27 giugno scorso Oliveti ha avuto con il ministro dell’Università
Valeria Fedeli.
Presidente Oliveti, cosa è emerso nel corso del confronto con il ministro Fedeli?
Si è trattato di un incontro preliminare nel corso del quale abbiamo sollevato al ministro le criticità legate in particolare al corso di formazione in Medicina generale, dall’esiguo numero di borse di studio al riconoscimento di una Scuola di Specializzazione specifica.
Abbiamo richiamato l’attenzione del ministro in particolare su due ipotesi:
- avviare una nuova sinergia tra Regione e Università per arrivare all’equiparazione del Corso di formazione specifica in Medicina generale con quelli di Specializzazione;
- valutare la possibilità che l’Enpam intervenga sovvenzionando alcune borse di studio in medicina generale, cosa che rientrerebbe in pieno nella nostra mission considerato che a noi fa capo la gestione previdenziale da lavoro autonomo.
Nell’ambito del confronto è emersa poi l’idea del “prestito d’onore”, anche se sarebbe preferibile un modello che non carichi sulle spalle dei giovani debiti ventennali per supplire all’impossibilità del sistema di sostenere la loro formazione.
E quale potrebbe essere?
Quello dei
Social Impact Bond, sperimentato con successo in Inghilterra per ridurre la recidiva tra gli ex detenuti, con un privato che finanzia un progetto di formazione e reinserimento: se vengono raggiunti gli obiettivi, lo Stato rimborsa l’investitore con gli interessi, grazie al risparmio sui costi sociali.
L’esempio sui carcerati può sembrare inappropriato, ma il modello potrebbe adattarsi perfettamente al Servizio sanitario nazionale, remunerando il privato attraverso i risparmi ottenuti dal migliore funzionamento del Ssn ottenuto attraverso l’adeguata formazione di un adeguato numero di medici operanti sul territorio, determinando importanti ricadute anche sul sistema ospedaliero.
Ogni soluzione richiederà comunque il coinvolgimento di molteplici componenti governative e professionali…
Il confronto deve assolutamente vedere presenti almeno i ministeri della Salute, dell’Università e del Lavoro, oltre alla componente medica. La sanità può essere considerata anche dal punto di vista economico, che potrebbe quindi richiedere anche il coinvolgimento del ministero dello Sviluppo economico. Ciò che conta, in questa fase, è iniziare a muoversi e porre le basi per capire in che direzione andare partendo dalla definizione del servizio sanitario che vogliamo e quindi dal numero di professionisti necessari a coprire il fabbisogno di salute dei cittadini. E, se possibile, fare in modo di non garantire un welfare della tranquillità, ma anche dello sviluppo e delle opportunità per i nostri giovani medici.
È quello che l’Enpam sta cercando di fare sollecitando tutte le parti. Non vogliamo prendere il posto di nessuno, ma vogliamo fare la nostra parte. Siamo lieti di contribuire a riaprire il dibattito, ma non possiamo fermarci alle parole: servono i fatti.
Lucia Conti
15 settembre 2017
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