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Sicilia. Violenza negli ospedali. Gli Ordini dei medici: “Ci costituiremo parte civile in tutti i processi”


La decisione è stata presa dopo l'ultimo episodio che ha visto il medico responsabile dell'unità di emergenza del Civico di Palermo aggredito da un giovane. Ma per Amato (Omceo Palermo) servono soprattutto soluzioni tese ad evitare che i cittadini vengano “esasperati” dalle lunghe attese e dal sovraffollamento nei triage. Come “L’apertura, diurna e notturna, di nuove strutture territoriali pubblic

31 GEN - “D'ora in poi, a tutela della categoria, tutti gli Ordini dei medici siciliani si costituiranno parte civile nei processi che coinvolgono il personale medico e paramedico degli ospedali siciliani vittime di aggressioni verbali e fisiche. Intendiamo conoscere innanzitutto l'identità degli aggressori, ma anche affermare in un'aula di tribunale la radice di disagio sociale degli episodi violenti che si moltiplicano di giorno in giorno, soprattutto nelle aree di emergenza come i Pronto soccorso e le guardie mediche. E' necessario sensibilizzare l’opinione pubblica, restituendo loro la fiducia verso tutti professionisti della sanità”. Ad annunciarlo, in una nota, il presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Palermo, Toti Amato, alla guida degli Omceo siciliani, spiegando che la decisione è stata presa dopo l'ultimo episodio che ha coinvolto Vincenzo Pio Trapani, il medico responsabile dell'unità di emergenza dell'ospedale Civico aggredito da un giovane.

“E' sotto gli occhi di tutti – spiega Amato - che le estenuanti liste d’attesa e il sovraffollamento nei triage sono due dei problemi più gravi del servizio sanitario pubblico. Il più delle volte, i pazienti con i loro familiari vi arrivano già esasperati per l'impossibilità di curarsi adeguatamente fuori dalle strutture pubbliche a causa del loro impoverimento. Una condizione che degenera in comportamenti violenti perché chiedono un ascolto immediato impossibile”.

Il presidente degli Ordini siciliani chiede perciò “misure urgenti e strutturali che non possono fermarsi al controllo degli agenti della sicurezza o all'intervento della polizia in emergenza perché si tratta innanzitutto di un problema sociale”. “Una soluzione sicuramente efficace – conclude Amato - è realizzare un'alternativa ai triage, come l'apertura, diurna e notturna, di nuove strutture territoriali pubbliche a cui potere accedere telefonando al Cup, così come avviene per altre prestazioni, chiedendo un orario serale o anche festivo. In questo modo, si accorcerebbero di gran lunga le liste d’attesa e si ridurrebbe il sovraffollamento, restituendo serenità al lavoro dei medici e paramedici, ma anche al dialogo, ormai distorto, con i pazienti”.

31 gennaio 2017
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