Dispositivi medici. Rimondi (Assobiomedica): “Il Ssn sta pian piano rinunciando all’innovazione tecnologica”
Per il presidente “le Regioni, insieme al Governo centrale, dovrebbero già con il Patto per la Salute cominciare a sfruttare questo potenziale per riorganizzare il Servizio sanitario, puntando a promuovere una domanda pubblica in tecnologie sanitarie che premi l’innovazione e la ricerca”.
26 NOV - Sono 3.037 le imprese di dispositivi medici in Italia e occupano circa 60mila addetti. Il 70% di queste si concentra in cinque regioni, ovvero Lombardia (816), Emilia-Romagna (404), Lazio (343), Veneto (285) e Toscana (187). Le imprese di produzione, che rappresentano il 37% rispetto al totale, riflettono tipicamente il tessuto industriale italiano: sono infatti per il 58% microimprese, per il 30% piccole, per il 10% medie e per il 2% grandi. Questi, in sintesi, alcuni dei dati sul settore dei dispositivi medici, elaborati dal Centro Studi dell’Associazione e presentati dal Presidente di Assobiomedica,
Stefano Rimondi, nell’ambito di un confronto con alcuni rappresentanti delle Regioni al Forum Risk Management in Sanità di Arezzo.
“In Italia abbiamo ancora un tessuto industriale – ha dichiarato il Presidente Rimondi - che produce valore e innovazione tecnologica e che contribuisce all’eccellenza del Paese e alla qualità dei servizi sanitari offerti ai cittadini. Le Regioni, insieme al Governo centrale, dovrebbero già con il Patto per la Salute cominciare a sfruttare questo potenziale per riorganizzare il Servizio sanitario, puntando a promuovere una domanda pubblica in tecnologie sanitarie che premi l’innovazione e la ricerca”.
“Ci auguriamo – ha concluso Rimondi – che Governo e Regioni con il Patto per la Salute mettano finalmente mano a sprechi e inefficienze in Sanità secondo principi di appropriatezza, qualità ed efficienza dei servizi. Quello che temiamo però è che, per far quadrare i conti, con i costi standard si introducano modalità di acquisto che guardino principalmente al prezzo, incentivando i monopoli, scoraggiando l'innovazione e penalizzando la qualità dei servizi offerti al cittadino. Siamo pronti a dare tutto il nostro sostegno a qualunque decisione che vada nella direzione di una maggiore trasparenza e appropriatezza. Se peró la soluzione diventa la centralizzazione esasperata degli acquisti con lo scopo d’imporre a tutti i pazienti lo stesso prodotto al prezzo più basso, annullando le esigenze specifiche e azzerando il valore dell’innovazione, si andrà alla progressiva crisi di tutto il sistema salute”.
26 novembre 2013
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