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Presidente Renzi, la sfido a questa riforma vera

di Ivan Cavicchi

La spending review non basta, il definanziamento mette le Regioni di fronte a un bivio: o commissario o tagli. Non chiediamo soldi, ma un moderno universalismo sostenibile. Lettera aperta al presidente del Consiglio

09 NOV - Signor Presidente del Consiglio,
è poco probabile che questa lettera aperta sulla sanità traversi l’iperspazio istituzionale che ovviamente separa le nostre persone i nostri ruoli e i nostri mondi. Ma la situazione è brutta per cui io ci provo lo stesso.
 
Inizierei da una forte preoccupazione: a causa della Sua discutibile idea di sostenibilità, signor Presidente, la sanità pubblica rischia di essere negata con conseguenze indegne di un paese civile.
 
Le ricordo che da noi l’attesa di vita media continua a calare.
 
Accettando con realismo il terreno dei problemi economico-finanziari sul quale si muove la Sua azione di governo le vorrei proporre un’altra idea di sostenibilità che pur in contesti finanziari difficili affermi anziché negare la vita delle persone.
 
Le dico subito signor Presidente che ciò non è possibile senza un pensiero riformatore e che il problema più serio è che il suo governo il suo partito, i suoi parlamentari esperti di sanità, questo pensiero non ce l’hanno. I campanari sono la questione, non le campane. Ma veniamo al sodo: abbiamo a che fare con una domanda di salute in crescita e quindi con una spesa sanitaria con una forte natura incrementale ma in un contesto economico-finanziario sfavorevole se non ostile.
 
Lei per tenerci buoni ogni anno ci dà una “mollichella” cioè un tasso di incremento del fondo sanitario nazionale simbolico a fronte però di una spesa corrente sempre più crescente. Un de-finanziamento mascherato che mette le Regioni di fronte ad un dilemma: o andare in disavanzo rischiando di essere commissariati o tagliare i servizi e tassare i malati. Già sappiamo che grazie alla sua ultima manovra di bilancio il 20 per cento delle Asl finiranno in disavanzo, le lascio immaginare cosa faranno i direttori generali per non andarci.
 
Lei potrebbe obiettare, e non senza ragione, che per risolvere questi problemi le regioni potrebbero fare spending review cioè farsi bastare i soldi eliminando le diseconomie.
 
Giusto, ma le diseconomie vere, quelle importanti e costose, sono strutturali. Esse sono il modo di essere di un sistema ormai vecchio e per certi versi inadeguato e che per questo andrebbe riformato non de-finanziato. Quelle altre più disfunzionali si possono eliminare con interventi di razionalizzazione pur sapendo che i risparmi attesi sono destinati nel tempo a diminuire e nel loro complesso non sono in grado di compensare i costi della crescita della domanda e della spesa.
 
Abbiamo risparmiato tagliando 25000 posti letto ospedalieri ma non possiamo continuare a tagliare posti letto per cui questa fonte di risparmio è destinata ad esaurirsi. In sintesi la spending review da sola non fa sostenibilità. Forse è per questo che nel 2015 il suo governo ci ha imposto un taglio lineare di più di 2 miliardi.
 
È per risolvere questa brutta situazione che la sfido proprio sul suo terreno preferito cioè le riforme.
 
Dopo tre riforme sanitarie andate storte (78/92/99) perché non hanno riformato ciò che avremmo dovuto riformare. Le propongo di mettere in campo una riforma che cambi la sanità per davvero, quindi una “quarta riforma” (troverà analisi e proposte in un ebook gratuito «La quarta riforma» pubblicato dal giornale online leader in sanità Quotidiano sanita.it).
Lo scopo politico è riformare l’idea di sostenibilità attraverso la riduzione dei costi strutturali del sistema incrementando le utilità.
 
La “quarta riforma” serve a produrre salute primaria come ricchezza, rimettere in equilibrio domanda e offerta, rimuovere sul serio le diseconomie profonde, adeguare i modelli al cambiamento, ripensare le prassi, le forme di governo, gli apparati concettuali della medicina, le organizzazioni dei servizi, la partecipazione dei cittadini ecc.
 
Avrà capito, Signor Presidente, che la mia lettera aperta si rivolge al riformatore che Lei dice di essere. Come vede io in nome dei diritti non Le chiedo soldi come fanno tutti a partire dal suo smagliante ministro della salute, Le chiedo riforme vere perché di questo la sanità ha bisogno.
 
Sulla base di queste premesse se la sente, signor Presidente, da riformatore quale ritiene di essere, di misurarsi con la proposta di una “quarta riforma” e quindi con l’idea di un nuovo e moderno universalismo sostenibile?
 
Ivan Cavicchi
Lettera aperta pubblicata oggi sul quotidiano “il manifesto”                  

09 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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