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Responsabilità professionale. Fucci (CoR): “Il bicchiere è mezzo pieno ma il lavoro non è ancora finito”

di Benedetto Fucci

In un buon testo, frutto di collaborazione tra maggioranza e opposizione, permangono motivi di perplessità. Alcune misure, se non corrette durante il prossimo passaggio in Senato, potrebbero in parte neutralizzare il risultato auspicato: consentire il formarsi di quelle condizioni minime di certezza giuridica che consentano al medico di lavorare in modo sereno, al tempo stesso garantendo al paziente che si ritenga danneggiato di potersi tutelare.

16 DIC - Sulla responsabilità professionale in ambito sanitario e sulla gestione del rischio clinico ci troviamo oggi in un momento cruciale: da un lato, proprio quando il disegno di legge di iniziativa parlamentare in materia è ormai vicino alla prima approvazione da parte della Camera e da gennaio dovrebbe poter essere già all’esame del Senato, vi è la concreta possibilità di arrivare finalmente a un risultato atteso da molti anni; dall’altra bisogna vigilare perché il lavoro, lungo e complesso, portato avanti nell’ultimo biennio non vada in parte sprecato quando siamo a un passo dal traguardo.

Con l’espressione “in parte sprecato” mi riferisco al fatto che, in quello che (come ho sempre coerentemente sostenuto) è un buon testo con molte cose positive frutto di un lavoro attento in spirito di collaborazione tra maggioranza e opposizione, permangono motivi di oggettiva perplessità. L’obiettivo del provvedimento, come opportunamente ribadito dal relatore, è quello di dare finalmente un quadro legislativo chiaro e non più equivoco sulla responsabilità professionale e sulla gestione del rischio clinico. Eppure, in mezzo a molte misure certamente attese e utili al raggiungimento dell’obiettivo, ve ne sono alcune che, se non corrette durante il prossimo passaggio in Senato, potrebbero in parte neutralizzare il risultato auspicato: consentire il formarsi di quelle condizioni minime di certezza giuridica che consentano al medico di lavorare in modo sereno, al tempo stesso garantendo al paziente che si ritenga danneggiato di potersi tutelare.

In altre parole, dal mio punto di vista il famoso “bicchiere” è convintamente mezzo pieno. Ma non dimentico che vi è anche un “mezzo vuoto” sul quale invito a riflettere in primo luogo il relatore del provvedimento, On. Gelli, e il PD che con il suo presidente Orfini ha affermato di voler sostenere il provvedimento. Nel contesto appena descritto desidero quindi evidenziare alcuni temi del disegno di legge su cui gli interventi finora approvati alla Camera sono a mio parere insufficienti o, addirittura, potenzialmente dannosi:
• In materia di gestione del rischio clinico, su cui gli interventi del provvedimento sono complessivamente positivi, manca a mio parere una espressa norma che preveda che le dichiarazioni potenzialmente “auto indizianti” rese dai professionisti medici e/o sanitari nel corso degli audit di monitoraggio/gestione del rischio clinico non possano essere fatte valere in sede processuale penale.
• Il testo distingue tra la responsabilità del medico, di natura extracontrattuale, e la responsabilità della struttura di natura contrattuale ex articolo 1218 del codice civile. La conseguenza di questo "doppio binario di responsabilità" è che, se il paziente/danneggiato agisce in giudizio nei confronti sia del medico che della struttura sanitaria presso la quale l'autore materiale del presunto fatto illecito ha operato, ci saranno due cause distinte, con conseguente diverso atteggiarsi dell'onere probatorio e diverso termine di prescrizione del diritto al risarcimento. Un assetto del genere rischierebbe di ingenerare confusione. Sarebbe pertanto auspicabile riconoscere anche in capo alla struttura una forma di responsabilità extracontrattuale. Ove ciò non fosse possibile, sarebbe auspicabile un successivo intervento legislativo che modificasse i termini di prescrizione della responsabilità contrattuale portandoli ad essere i più vicini possibili a quelli della responsabilità extracontrattuale.
• Sull’azione di rivalsa, la formulazione dell’art. 9 lascia aperta la porta al verificarsi di una situazione non nuova che purtroppo viene oggi affrontata in modo non convincente: con l’attuale testo, infatti, si consentirebbe alla struttura sanitaria di risarcire il paziente per via stragiudiziale senza alcun obbligo di comunicazione al professionista, il quale potrebbe quindi ricevere, ad accordo concluso, una richiesta di rivalsa senza che in precedenza gli sia stata data la possibilità di prendere parte alla “trattativa” e, soprattutto, di portare le proprie ragioni.
• Ancora sulla rivalsa, il comma 6 dell’art. 9 afferma che la struttura sanitaria esercita l’azione nei confronti dell’esercente la professione sanitaria nella misura massima di un quinto della retribuzione mensile. L’assenza di un limite temporale all’azione di rivalsa è inopportuna perché lascerebbe sulla “graticola” il professionista in modo indefinito. Allo stesso modo, per un’ovvia questione di buon senso, andrebbe stabilito espressamente che la rivalsa non debba ricadere sugli eredi del professionista.
• In merito alla copertura assicurativa (art. 10), di fatto essa è riservata sempre e solo ai danni cagionati dal professionista, mentre non si tiene in conto il fatto che circa l’85 per cento degli eventi avversi è imputabile a deficit organizzativi o strutturali delle aziende: l’esempio classico è quello di un intervento eseguito in ritardo a causa dei guasti o del malfunzionamento dell’ascensore su cui viene trasportato d’urgenza il paziente. Non affrontare un problema che gli operatori in molte circostanze vivono sulle proprie spalle, magari con pesanti conseguenze personali, sarebbe una chance sprecata nel momento in cui l’attenzione del Parlamento sul provvedimento è massima.
• Vi sono poi alcuni temi sì opportunamente affrontati dal provvedimento ma in modo non del tutto soddisfacente. Penso in particolare al tema della responsabilità penale (art. 6) su cui avevo proposto in sede di emendamenti la previsione di un’”udienza filtro” per consentire di accertare i casi più evidenti di innocenza dell'indagato, evitando la sofferenza del giudizio (così come avviene per i giornalisti per i reati di diffamazione a mezzo stampa). Questo anche considerando la natura estremamente tecnica che connota tali procedimenti.

Il mio auspicio è che il provvedimento possa arrivare all’esame dell’Assemblea della Camera il prima possibile dopo la conclusione della Legge di stabilità, quindi realisticamente a partire da gennaio. Mi auguro che, grazie anche all’emergere di una chiara volontà in questo senso da parte del relatore (che ringrazio per il lavoro svolto) e della maggioranza di accettare possibili ulteriori modifiche migliorative nel passaggio in Assemblea, si possa arrivare nel più breve tempo possibile alla necessaria regolazione della materia della responsabilità professionale del personale sanitario e della gestione del rischio clinico.

Benedetto Fucci
Conservatori e Riformisti
Commissione Affari Sociali della Camera


16 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

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