Def 2013. Molte cose condivisibili. Ma è un’agenda già “vecchia”
di Nicola C. Salerno
Non è più tempo di lanciare spunti per il dibattito. Le condizioni straordinarie che l’economia sta attraversando chiedono che si affrontino le scelte. Una impostazione un po’ più pragmatica e un po’ più coraggiosa avrebbe aiutato. A partire dalla selettività nell'accesso alle prestazioni rivedendo il sistema di copayment
25 SET - La Nota di aggiornamento
del DEF ripercorre i più importanti snodi aperti nelle riforme del sistema di sanitario e di assistenza alle non autosufficienze. Sono, nel contempo, i punti deboli che hanno “prestato il fianco” di fronte alla crisi, ma anche i punti di una
agenda per rispondere alla crisi e costruire un modello socio-sanitario rinnovato e rinforzato.
In ordine con cui compaiono, le macro voci sono:
1. prevenzione,
2. informatizzazione (raccolta dati territoriali e fascicolo sanitario),
3. Patto per la Salute come strumento di programmazione finanziaria e di controllo della qualità tra Stato e Regioni,
4. deospedalizzazione e copertura territoriale (soprattutto per l’assistenza alle cronicità, ma anche per diagnostica e per alcuni trattamenti specialistici),
5. sviluppo della farmacia dei servizi,
6. selettività, sia nella definizione dei Lea e dei relativi
copay (i livelli essenziali di assistenza), sia nell’identificazione delle terapie e delle tecnologie migliori (
health technology assessment),
7. responsabilità professionale dei medici,
8. problema del precariato nelle professioni sanitarie nel Ssn (incide sulla qualità ed è collegato col tema della responsabilità).
Quello che manca, e che sarebbe stato importante inserire soprattutto in questo DEF, è qualche considerazione sull’ordine di priorità con cui attivarsi sui singoli punti. Un qualche indirizzo di operatività. Se non può essere l’aggiornamento del DEF a contenere vere e proprie scelte, si poteva nondimeno inserire qualche valutazione sulla praticabilità degli interventi.
Le revisioni dei contratti di lavoro (
7. e
8.) hanno bisogno di tempo e non si riverberano immediatamente sull’offerta di prestazioni e sulla qualità. Oltretutto, la regolarizzazione dei precari ha bisogno di risorse fresche per esser fatta in maniera seria. Prevenzione e informatizzazione (
1. e
2.) sono tasselli fondamentali ma hanno bisogno di programmazione, chiarezza sulle risorse disponibili a medio-lungo termine, altrettanta chiarezza su “chi fa che cosa” tra Stato, Regioni e Enti Locali, nel mosaico federalista. Ancor più coinvolti dalla transizione federalista (che, per i modi sincopati e incompleti con cui è andata avanti sinora, forse sarebbe bene definire confusione) sono le più ampie relazioni tra Stato, Regioni e Enti Locali, per quanto riguarda il finanziamento delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e l’attribuzione delle rispettive funzioni operative (
3.). Deospedalizzazione e contestuale territorializzazione (
4.) non si improvvisano in tempi rapidi. È vero che alcuni passi sono già stati compiuti soprattutto in alcune realtà del Centro-Nord, ma si tratta di un difficile processo evolutivo del sistema socio-sanitario con tanti legami endogeni con quasi tutte le altre scelte di politica economica settoriale: definizione di funzioni e responsabilità affinché lo spostamento non sia dall’ospedale verso l’”ignoto”, risorse disponibili e regole per la loro allocazione, investimenti infrastrutturali (meno “mattone” ospedaliero e più tecnologie), specializzazioni professionali disponibili, etc..
Restano due gli snodi su cui l’
agenda delle riforme appare “aggredibile” in questo momento: la selettività (
6.) e lo sviluppo della farmacia dei servizi (
5.). Sia chiaro, se anche di selettività e di riforma della distribuzione al dettaglio dei farmaci si sta discutendo da oltre un decennio, non sono semplici neppure questi snodi, per motivi diversi, tecnici, politici, di difesa corporativa e
lobby.
Da che esiste il Ssn, un raccordo esplicito tra risorse necessarie per finanziare adeguatamente i Lea (incluse le prestazioni socio-sanitaria) e risorse effettivamente disponibili e stanziabili non è mai stato fatto. Questa mancanza è aggravata da tre fattori:
- attualmente i Lea hanno una definizione molto ampia, di fatto onnicomprensiva (quasi tutto è classificato Lea);
- gli schemi di compartecipazione del cittadino ai costi sono insufficienti e non rispondono a logiche sistemiche (ci sono significative differenze territoriali);
- le risorse disponibili non sono più quelle degli anni ’70 e ’80, quando la gratuità senza limite poteva trovare sostegno nel finanziamento a pie’ di lista senza vincoli e
target di finanza pubblica.
La selettività nell’accesso alle prestazioni, con
copayment graduati in base alle condizioni di salute e al reddito, é la via piú equilibrata e prudente per rendere compatibili le promesse di prestazioni con le risorse disponibili. Si tratta di una operazione verità per risolvere uno stato di fatto che danneggia soprattutto cittadini e famiglie con minori disponibilità di mezzi. Anche se non si hanno a disposizione gli indicatori di reddito-patrimonio ottimali, soluzioni selettive sono realizzabili da subito e poi migliorate nel tempo (l’Ise, solo per fare un esempio, é già attivo in molte realtà comunali). Anzi, adottarle sarebbe anche di stimolo a migliorarle.
Per quanto riguarda la farmacia dei servizi, essa é premessa importante per la territorializzazione dell’assistenza e per la razionalizzazione della spesa. Opportunamente inquadrata nel percorso di apertura e rinnovamento del quadro regolatorio sulla distribuzione del farmaco (soprattutto pianta organica e limitazioni alla proprietà), essa aprirebbe opportunità occupazionali per tanti giovani professionisti. Ma l’introduzione della farmacia dei servizi non può essere disgiunta dalla riforma della regolazione delle farmacie; lo scoglio da superare é questo.
In conclusione, l’
agenda sintetizzata nella Nota DEF non é affatto nuova. Solo che non é più tempo di lanciare spunti per il dibattito e individuare ampi filoni per il cambiamento. Le condizioni straordinarie che l’economia sta attraversando, che si aggiungono ai troppi anni durante i quali la sanità e la socio-sanità sono rimaste cantiere aperto, chiedono che si affrontino le scelte. Una impostazione un po’ più pragmatica e un po’ più coraggiosa anche di quelle poche pagine contenute nella Nota DEF avrebbe aiutato.
Nicola C. Salerno
Senior economist del CeRM
25 settembre 2013
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