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Pizza risponde a Panti: “Opporsi alla delega di atti medici agli infermieri non è narcisismo”

16 GEN - Gentile direttore,
il Past Presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Firenze, dott. Antonio Panti (QS 11-1-2019), nel parlare di sé (e per sé) rispondendo al prof. Ivan Cavicchi (QS 10-1-2019) non riesce ad evitare di voler per forza impropriamente tirar per la giacchetta l’Ordine di Bologna, come esempio di arroccata arretratezza ed incuranza del the times are changing, colpevole del fatto di aver eccitato una sorta di vittimismo categoriale rispetto al necessario adeguamento e di non aver brillato nella pratica del confronto e del dialogo, a suo dire neppure tentato.
 
Mi sento di consigliare all’amico Panti di cercare, se può, di limitarsi a narrare delle sue epiche gesta e di come egli abbia felicemente contribuito ad introdurre delle importanti novità nella deontologia italiana - che  sottolinea come nel 1984 fosse ancora ferma ai dettami ippocratici - e di lasciar invece perdere l’additare inappropriatamente le pretese deteriorità altrui o proporre esempi non calzanti scomodando la Costituzione, l’operare scomposti riferimenti al “popolo” e ad amministratori “eletti”, per tali del tutto inindividuati ed inindividuabili, argomentazioni tralatizie e strumentali del tutto estranee ed inconferenti ad assunte polemiche tra medici ed infermieri che, a suo dire, “drammatizzerebbero i soli vertici associativi”.
 
Credo che sul tema delle competenze mediche previste e disciplinate da quel Codice deontologico che Panti rivendica d’aver revisionato ed attualizzato perché “tra Ippocrate ed Ivan sono successe altre cose”, l’Ordine di Bologna ha di certo percorso molta strada nell’ambito di quel ricercato confronto e del dialogo, organizzando convegni, invitando i rappresentanti del governo della sanità locale e regionale, elaborando documenti unitamente agli altri Ordini della regione, atti convegnistici e documenti RER che sono lì ad attestarlo, documenti  peraltro indirizzati a tutti i Presidenti d’Italia, ivi compreso il collega Panti, oltre che all’Assessorato alla Salute della RER.
 
Certo ho registrato con un certo piacere come il nuovo testo della legge istitutiva degli Ordini del 1946 sottolinei con decisione  il fatto che gli Ordini e le relative Federazioni Nazionali siano legislativamente investiti del compito di promuovere ed assicurare “i principi etici dell’esercizio professionale indicati nei rispettivi codici deontologici, al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva”, quei principi etici deontologici che il collega Panti ben conosce per averli revisionati ed attualizzati rispetto all’epoca ippocratica e d’averlo sicuramente fatto nell’assicurato rispetto della Costituzione Italiana, vista anche l’assonanza che traspare nel parallelismo – intelligenti pauca – tra i rispettivi articoli 3 in tema di eguaglianza ed assenza di discriminazione in riferimento all’osservanza della legge e dei doveri discendenti dalle regole  deontologiche.

In tale creduta ottica con protocollo 612GP il 20.2.2010, a mia firma in qualità di Presidente della FRER e quale incipit del documento “La funzione del medico nel lavoro in equipe con le altre professioni sanitarie. Competenze infermieristiche. Individuazione e delimitazione dell’atto medico. Tutela della salute del cittadino” certamente sottolineavo che:
“Come noto con la modifica del Titolo V della Costituzione sono state definitivamente conferite alle Regioni le competenze in ambito organizzativo assistenziale sanitario rimanendo in capo alla legislazione statale le norme per la formazione e l’attribuzione di funzioni e competenze delle diverse figure professionali. Partendo da tale presupposto alcune regioni, in particolare Emilia-Romagna e Toscana, hanno deciso di implementare una particolare organizzazione sanitaria in ambito assistenziale che preveda l’attuazione di percorsi di diagnosi e cura assegnati attraverso validazione di “taluni protocolli” che siano affidati non più soltanto a medici ma a personale infermieristico, di fatto allargando le competenze in campo sanitario a quelle figure professionali impiegate in ambito sanitario ma non in possesso della laurea in medicina.”
 
In data 20.1.2014, Pier Antonio Muzzetto, nella sua qualità di Presidente  FRER, con lettera protocollo P1/14, con  allegato specifico documento riferentesi alle posizioni delle Regioni Toscana ed  Emilia Romagna “Documento - Relazione sullo stato dell’arte della sanità in base alle esperienze regionali d’assegnazione di nuove competenze infermieristiche  e delle proposte formulate a livello federativo nazionale”   inviata al dott. Panti e a tutti gli altri Presidenti d’Italia oltre a pertinenti autorità politiche nazionali, ribadiva specificamente che alla FRER “… preoccupano le scelte di alcune Regioni con decisioni non omogenee che modificano in modo sostanziale gli equilibri lavorativi e i profili d’assistenza, secondo alcuni giuristi non completamente richiamandosi alle prerogative del Titolo V della nostra Costituzione, ove limita la potestà statale, e dunque regionale, alla decretazione d’indirizzo generale in tema di formazione e istruzione, nonostante la folta messe di Leggi che delegano a Regioni e al Governo scelte in tema di valorizzazione e responsabilità delle professioni, sia per l’aziendalizzazione che in funzione europea.”
 
Ma non basta ancora, perché il dott. Augusto Pagani con Prot.N.34_2016_AP-mcd  il 26.7.2016, in qualità di presidente FRER, con il documento “Osservazioni in merito alle Linee guida ed agli Algoritmi infermieristici avanzati predisposti sulla base della GPG/2016/582 per la armonizzazione dei protocolli avanzati di impiego di personale infermieristico adottati ai sensi dell’art.10 D.P.R. 27 marzo 1992 per lo svolgimento del Servizio di Emergenza Sanitaria Territoriale 118”, informava,  oltre il dott. Panti e tutti i presidenti di Ordini d’Italia anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, l’Assessore alle Politiche per la Salute RER dott. Sergio Venturi, i presidenti delle XII Commissioni del Senato e della Camera rispettivamente  Sen. Emilia Grazia De Biasi e On. Mario Marazziti, la Presidente del Comitato Centrale FNOMCeO dott.ssa Roberta Chersevani e gli Organi di Stampa, che in FRER sono presenti “perplessità e timori inerenti una organizzazione sanitaria che preveda l’attuazione di percorsi di diagnosi e cura assegnati attraverso validazione di taluni protocolli che siano affidati non più soltanto a medici ma a personale infermieristico, di fatto allargando le competenze in campo sanitario a quelle figure professionali impiegate in ambito sanitario ma non in possesso della laurea in medicina, rilievo già ben evidenziato nei documenti Prot. 612/GP del 20 febbraio 2010 (allegato e Prot.P1/14 del 20 gennaio 2014 (allegato 2) approvati dal Consiglio regionale di questa Federazione”
 
Il documento FRER citato proseguiva:
“Il Consiglio regionale, unanime, ritiene inoltre di dover sottolineare la difficile situazione in cui si vengono a trovare i medici quando sono posti nella oggettiva impossibilità di rispettare Leggi, disposizioni di servizio e norme deontologiche non coincidenti, e quella altrettanto difficile e sofferta in cui si vengono a trovare le Commissioni mediche quando debbono valutare, ed eventualmente sanzionare, Colleghi che hanno violato le norme deontologiche per obbedire ad altre indicazioni ed obblighi correlati alla loro attività professionale”.
 
Proseguiva ancora:
 “A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo si ritiene utile ed opportuno ricordare alcuni passaggi del vigente Codice di deontologia medica, che stabiliscono norme di comportamento alle quali i medici tutti si debbono attenere:

Art. 3, comma 3: la diagnosi a fini preventivi, terapeutici e riabilitativi è una diretta, esclusiva e non delegabile competenza del medico e impegna la sua autonomia e responsabilità.
Art. 13, comma 1: la prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico, impegna la sua autonomia e responsabilità e deve far seguito a una diagnosi circostanziata o a un fondato sospetto diagnostico.
Art. 14, comma 1: il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del paziente e degli operatori coinvolti, promuovendo a tale scopo l’adeguamento dell’organizzazione delle attività e dei comportamenti professionali e contribuendo alla prevenzione e alla gestione del rischio clinico.”.

 
E concludeva sull’argomento:
Il Consiglio regionale della FRER-OMCeO ritiene che la attuale evidente distonia normativa debba essere discussa ed armonizzata a livello nazionale”
 
In altra parte del documento la FRER menzionava peraltro anche la Sentenza n. 1873/2010 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione:
“Nel praticare la professione dunque, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato. Mentre il medico risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che  si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello regionieristico”.
 
Dunque, gentile Direttore, come può si constatare non è mancata la motivata ricerca di dialogo non tanto e non solo da parte dell’Ordine di Bologna bensì da tutti gli Ordini RER che hanno cercato di porre sempre in primo piano l’oggettiva difficoltà in cui vengono posti i medici del SSN nell’espletamento dei loro doveri professionali e deontologici.

Inutile sottolineare come i documenti citati erano stati approvati all’unanimità e dunque da tutti i 9 Presidenti degli Ordini della Regione. Pare dunque che le preoccupazioni dell’Ordine di Bologna, nella fattispecie di delega di atti medici a personale non medico, non possano essere considerate solitarie e peregrine o, al peggio, frutto di narcisismo.

L’impostazione che sollevava perplessità nella FRER, posta all’attenzione del dibattito e confronto anche attraverso appositi convegni e ribadita negli anni più volte pare oggi ulteriormente concretizzarsi in modo del tutto anomalo e fonte di ulteriori controvertibilità, come ben evidenziato dall’articolo del suo giornale, a firma Ivan Cavicchi “Il contratto e il supermarket delle competenze professionali”.

Così è, forse proprio perché the times are changing anche al di là dei principi ippocratici della beneficialità e della non maleficità.
 
Dott. Giancarlo Pizza
Presidente OMCeO Bologna

16 gennaio 2019
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