Ritardi nei pagamenti. Commissione UE avvia procedura d’infrazione contro l'Italia
Per la Commissionem l'Italia non sta attuando la direttiva in materia in modo corretto. Il nostro Paese avrà due mesi di tempo per reagire all'avvertimento della Commissione. Altrimenti rischia il deferimento del caso innanzi alla Corte di giustizia europea e l'eventuale imposizione di ammende.
19 GIU - La Commissione ha deciso ieri di chiedere all’Italia e alla Slovacchia chiarimenti sull'applicazione e sull'attuazione in tali paesi della direttiva dell’UE sui ritardi di pagamento. In entrambi i casi, la richiesta di informazioni assume la forma di una lettera di costituzione in mora nell’ambito delle procedure di infrazione dell’UE.
“Stando alle informazioni di cui dispone la Commissione – spiega una nota della Commissione Ue -, la direttiva non è attuata correttamente nell'ordinamento italiano. In seguito alle denunce pervenute alla Commissione, si è appreso che l'amministrazione pubblica italiana paga i corrispettivi per i servizi prestati o per le merci fornite in media dopo 170 giorni e nel settore dei lavori pubblici dopo 210 giorni. Inoltre, alcuni enti pubblici italiani utilizzano contratti che applicano interessi legali di mora chiaramente inferiori all'interesse imposto dalla direttiva, che è pari al tasso di riferimento della Banca Centrale Europea maggiorato di almeno otto punti percentuali. La Commissione è stata inoltre informata della prassi di alcuni enti pubblici italiani che consiste nel posticipare l'emissione delle relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori (SAL) al fine di ritardare i dovuti pagamenti alle imprese del settore dei lavori pubblici”.
“Stando alle informazioni di cui dispone la Commissione – prosegue la nota -, la direttiva non è attuata correttamente nell'ordinamento slovacco. In particolare, la Slovacchia prevede un duplice sistema di tassi d'interesse di mora, uno fisso e l'altro variabile. Nel caso di tasso fisso il debitore deve pagare interessi di mora pari al tasso d'interesse di base della Banca centrale europea (BCE), maggiorato di nove punti percentuali. Nel caso di tasso variabile il debitore deve pagare interessi di mora pari al tasso d'interesse di base della Banca centrale europea (BCE), maggiorato di otto punti percentuali. Se il creditore non ha richiesto esplicitamente uno dei due tassi di interessi di mora, prevale il tasso fisso. La Commissione nutre dubbi sulla compatibilità di tale sistema con la direttiva sui ritardi di pagamento”.
I ritardi di pagamento costituiscono, secondo la Commissione Ue, “un ostacolo importante alla libera circolazione delle merci e dei servizi nel mercato unico. Essi possono ostacolare gli scambi transfrontalieri e creare distorsioni della concorrenza. Ogni anno imprese europee falliscono in attesa del pagamento delle loro fatture. I ritardi di pagamento hanno quindi un effetto negativo sull'intera economia europea. La direttiva sui ritardi di pagamento costituisce un aiuto prezioso per le imprese, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano il 99% di tutte le imprese dell'UE. Adottata nel 2011, la direttiva risponde all'esigenza reale di adottare il buon costume dei pagamenti tempestivi”.
Insomma, “l'attuazione e l'applicazione corrette della direttiva nella pratica sono determinanti per il buon funzionamento dell’economia. Una corretta applicazione della direttiva dovrebbe permettere alle imprese europee di liberare flusso di cassa aiutandole a superare la crisi economica”.
L'Italia e la Slovacchia avranno ora due mesi di tempo per reagire all'avvertimento della Commissione. Qualora le informazioni ricevute dagli Stati membri siano considerate insufficienti, la Commissione può ritenere che gli Stati membri violino il diritto dell’Unione e che debbano porre rapidamente rimedio a tale violazione. La Commissione, spiega la nota, pubblicherà quindi un "parere motivato" in conformità all'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. “Il mancato rispetto di quest'ultimo può portare al deferimento del caso innanzi alla Corte di giustizia europea e all'eventuale imposizione di ammende”.
19 giugno 2014
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