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Asl Napoli 1 Centro. I sindacati medici si “dimettono” dalle unità di crisi ospedaliere e territoriali

I rappresentanti di 11 sigle  bocciano le strategie fin ora attuate, come la riconversione del San Giovanni Bosco in ospedale Covid “frettolosa ed opaca. Scelte incomprensibili ed irrazionali, sia a livello di attività che di personale, che non mancheremo eventualmente di denunciare” e  invitano il Dg Verdoliva a correggere le decisioni prese. E non va meglio sul territorio

02 NOV - “Comunichiamo la disdetta dalla partecipazione con un nostro componente alle unità di crisi ospedaliera e territoriale ed invitiamo l’azienda a correggere in tal senso i relativi atti deliberativi”.

È un’alzata di scudi compatta quella delle 11 sigle sindacali della dirigenza medica - Anaao Assomed, Anpo Ascoti Fials Medici, Aupi, Cgil Medici, Cimo, Cisl Medici, Fassid Snr, Feder. Medici Uil Fpl, Fesmed, Fvm e Sinafo - che rigettano le decisioni prese dalla Asl Napoli 1 Centro per contrastare la seconda ondata pandemica, e chiedono la costituzione di un tavolo tecnico permanente “che si riunisca almeno ogni settimana, al quale sia assicurato il dovuto supporto informativo ed un ascolto non solo formale”.

In una durissima nota  inviata al Direttore generale Ciro Verdoliva denunciano la loro profonda delusione rispetto alla funzionalità delle unità di crisi, l’impossibilità allo svolgimento di un efficace ruolo di rappresentanza sindacale e la costatazione che con le stesse si sono “indebitamente compresse e precarizzate le relazioni sindacali”. Respingono al mittente le inaccettabili modalità̀ di convocazione e le relative limitazioni “non motivabili con necessità di distanziamento sulle quali si può ottemperare agendo sugli spazi e non sulla rappresentanza” ed esprimono il profondo dissenso rispetto ad importanti scelte organizzative “passate, presenti ed in fieri e rispetto alla gestione delle risorse umane”.

“La Asl Napoli 1 Centro – scrivono i sindacati – già ha pagato un notevole prezzo organizzativo ospedaliero sia a livello dell’Ospedale del Mare (unico Dea di secondo livello inserito in un’azienda sanitaria locale e nel quale ora si realizzerà quella coesistenza di reparti Covid e non Covid, che in passato si sostenne che non si poteva realizzare per motivi strutturali e di percorsi), sia a livello del Loreto Mare, chiuso per essere riconvertito in presidio Covid (ed ancora sottoutilizzato e mal utilizzato), destabilizzando la rete dell’emergenza per perdita di un pronto soccorso ad elevata produttività”.

Per i sindacati è poi grave la decisione sulla riconversione Covid del San Giovanni Bosco “un altro presidio strategico nell’emergenza”: “Una riconversione frettolosa ed opaca, senza ancora una bozza scritta della proposta aziendale, ma per la quale già si intravedono scelte incomprensibili ed irrazionali, sia a livello di attività che di personale, che non mancheremo eventualmente di denunciare”. Secondo le sigle esistono altre soluzioni da mettere in atto che potrebbero consentire sia il contenimento del contagio, sia di mantenere aperto il PS ed il presidio.

“Si sarebbe potuto evitare la scoordinata chiusura/riconversione di ben tre presidi di pronto soccorso ( S.G. Bosco, Nola e Frattamaggiore), creando una vera e propria voragine assistenziale nella popolosissima area nord/nord-ovest, con inevitabile ulteriore congestione di Cardarelli e Ospedale del Mare, già al collasso. Riteniamo inoltre che il Loreto Mare deve essere aperto in tutte le sue potenzialità di posti letto, con accettazione urgenze”.

La decisione delle due Aou di mettere a disposizione da subito 150+100 p.l. Covid darebbe poi una boccata di ossigeno ad eventuali riconversioni “nella speranza che gli effetti delle misure di contenimento recenti e imminenti (le riconversioni sono state decise prima e vanno responsabilmente aggiornate) ed il potenziamento dell’assistenza nel territorio ne scongiurino la necessità”.

I sindacati sono consapevoli di essere “in presenza di un’emergenza estrema, cui si deve dare tempestiva risposta”, ma chiedono che venga fornito l’elenco aggiornato dei posti letto attivabili, sui quali si sta creando “incertezza e confusione, e che vengano resi noti i criteri e progressività di attivazione COVID degli stessi, con contestuale certezza del tempestivo ripristino delle attività al raggiunto contenimento dei contagi”.

C’è poi il territorio gravato da “una gestione ancora ampiamente insufficiente”. “Chiediamo di conoscere i relativi piani operativi e i report di attività – aggiungono – , visto che l’emergenza territoriale è in ginocchio, il contact tracing è tristemente naufragato e l’assistenza domiciliare, sia sanitaria che sociale, è ancora insufficiente. Riteniamo che solo potenziando ‘finalmente’, anche se in grave ritardo, il territorio si potrà poi consolidare il contenimento dei contagi che si otterrà a costo di gravosi e rigorosi lockdown”.

Insufficiente anche il Covid residence necessario per dare risposte ai pazienti clinicamente guaritio che non possono rientrare al domicilio.
“Per quanto riguarda il personale – concludono – chiediamo un chiaro, trasparente e concordato programma di reclutamento nel rispetto delle esigenze di qualità̀ e sicurezza dell’assistenza e del lavoro e dei contratti di lavoro. Non assisteremo ulteriormente a forme di reclutamento selvaggio di ufficio senza trasparenti criteri”.

02 novembre 2020
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