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Un viaggio nella sanità calabrese

03 AGO - Gentile Direttore,
il mio viaggio comincia a nord, dall’ASP di Cosenza che per estensione territoriale è una tra le più grandi d’Italia. Temevo potesse essere un cammino a tinte fosche, ma la realtà ha superato di gran lunga, naturalmente in peggio, l’immaginazione.
Già da tempo, come Associazione di categoria segnaliamo, con cadenza regolare, la carenza di medici Anestesisti Rianimatori in Calabria. E’ questa, una grave criticità che è ubiquitaria nel Paese e dalla quale, naturalmente, non è risparmiata neanche la provincia bruzia.

Ad inficiare l’efficacia del Sistema Sanitario Regionale (SSR) a questa carenza è doveroso aggiungere anche l’impiego, strategicamente discutibile, di questi preziosi Medici Specialisti, spina dorsale del Sistema Sanitario Regionale.
Nell’ASP di Cosenza insistono tre Spoke, due Ospedali di dubbio inquadramento e due Ospedali di zona disagiata.

Cominciamo da questi ultimi.

Vengono classificati appunto, di zona disagiata ma, a stretto rigore di termini, non lo sono. Il DCA 64/2016 prevede che questa tipologia di struttura, perché sia considerata tale, si trovi a novanta minuti dal centro Spoke/Hub di riferimento. Ma nessuno dei due, né quello Acri né quello di San Giovanni in Fiore, risponde a questi requisiti. L’Estimated Time of Arrival (ETA) calcolato con Google Maps prevede infatti per entrambi, tempi di arrivo abbondantemente sotto il cut off, con, peraltro, più di una possibile destinazione alternativa come riferimento. Ed il metodo ETA tiene conto, tra le diverse variabili, anche dei limiti di velocità, talché possa essere considerato, quello descritto, il tempo di percorrenza massimo.

Provare per credere.
Certo, ove possibile, mi piacerebbe ci fosse un Medico Anestesista Rianimatore per ogni cittadino, tanto riconosco ai miei Colleghi competenza, esperienza ed abilità nel trattare le emergenze.
Ove possibile.

Ma, e questo vale soprattutto per la Calabria, siamo in tempo di guerra, ed è cogente razionalizzare le risorse, in particolare quelle infungibili.
Il numero di accessi giornalieri in questi Pronto Soccorso (PS), che sarebbe logico fossero classificati come Punti di Primo Intervento (PPI) è dal punto di vista statistico significativamente basso, tanto basso da non giustificarne la presenza di una Task Force. Immagino l’irritazione dei politici locali nel leggere questa considerazione. Ma dobbiamo necessariamente fuggire dall’equazione un ospedale per acuti, o presunto tale, per ogni campanile.
E ciò per due principali motivi.

Il primo, perché drenano risorse, mal utilizzandole e sottraendole agli Spoke facendo perdere a questi la funzione di filtro e congestionando, limitandone la capacità recettiva, gli Hub, estremi baluardi a tutela della salute dei calabresi.
Il secondo, perché la Calabria ha una rete dell’Emergenza Urgenza particolarmente sviluppata. Sul territorio della provincia di Cosenza, ad esempio, insistono 18 mezzi di soccorso avanzati, tutti medicalizzati. A ciò si deve aggiungere una copertura totale dello stesso dall’alto, grazie agli elicotteri di base a Cosenza, Cirò e Lamezia Terme con Medico Anestesista Rianimatore ed Infermiere di Area Critica a bordo.

Non serve dunque avere un Medico Anestesista Rianimatore a supporto del medico dell’emergenza urgenza già presente nel PS (o PPI di che trattasi): l’ambulanza medicalizzata o ove serva, l’elicottero possono centralizzare, quelle poche volte in cui è realmente necessario ed in tempi rapidi, il paziente, direttamente verso il centro Hub di competenza.

I politici dovrebbero semmai adoperarsi per dotare queste strutture di elisuperficie certificata per decollo ed atterraggio notturni, oppure chiedere ai loro colleghi delle piccole isole italiane, dalle pontine alle Egadi passando per le Eolie o l’arcipelago toscano, come facciano a garantire la salute dei loro concittadini con risorse ancora più esigue e con tempi di percorrenza decisamente maggiori.

In queste strutture, come a Trebisacce ed a Praia a Mare, se effettuata chirurgia a bassa intensità (ma è lecito domandarsi quali potrebbero essere i risultati di analisi costo-efficacia e costo-beneficio di simili scelte) potrebbe essere prevista la presenza del Medico Anestesista Rianimatore limitatamente alle ore in cui è garantito questo tipo di offerta sanitaria.

Ma stiamo vivendo una condizione di reale emergenza. Ed i Medici Anestesisti Rianimatori servono negli Spoke e negli Hub. Abbiamo già denunciato che in Calabria insiste un deficit di almeno un centinaio di nostri specialisti e che la Scuola si Specializzazione dell’Università Magna Grecia ne diploma un numero assolutamente insufficiente, pur avendo esteso in maniera encomiabile, sotto la spinta del suo Direttore, la propria rete formativa.

Esistono Spoke in Calabria, dotati di Rianimazione con due soli posti letto, come quella di Castrovillari, cui sarebbe opportuno ci si decidesse, in Dipartimento Tutela della Salute, cosa far fare da grande. Stabilire per esempio se ampliare il numero di posti letto se funzionali alla rete delle terapie intensive della regione, oppure sopprimere gli esistenti, allo stato strategicamente inutili ed onerosi, recuperando quindi risorse da destinare alle attività chirurgiche. Alle falde del Pollino, infatti, il servizio è garantito da soli cinque Dirigenti Medici Anestesisti Rianimatori, alcuni con limitazioni, con ferie arretrate anche dal 2015 ed un’eccedenza oraria residua di decine e decine di giorni di riposo da recuperare. Soggetti a turni massacranti, in barba alle disposizioni del D. Lgs. 161/2014 e con dubbia possibilità di poter godere appieno di quel diritto che la Costituzione, all’art. 36, garantisce a tutti i cittadini, e cioè le ferie estive. Ma loro sono li, in trincea, a tutelare la salute dei loro concittadini.

Qualcuno dovrebbe anche decidere cosa fare degli altri due Spoke, figure mitologiche metà chirurgiche metà mediche, figlie dei rispettivi bacini elettorali, inabili a fornire un’ efficace risposta alla domanda di salute dei propri territori, con Unità Operative al di sotto degli standard richiesti dal DM 70/2015 che restano ancora incredibilmente aperte, dove la notte non c’è il radiologo, o il cardiologo, o dove per un semplice emocromo devi chiamare l’autista reperibile perché lo porti nella struttura dov’è allocato il laboratorio di analisi. Strutture dove se ti arriva un paziente emorragico devi sperare che siano sufficienti due unità di sangue zero negativo, dove se ti serve una TAC ti devono caricare su di un ambulanza (stornandola dai suoi compiti specifici) se sei nell’ospedale “A”, per portarti nell’ospedale “B” o, se invece ti serve una Risonanza Magnetica e sei ricoverato in quest’ultimo, sempre sfruttando quell’ambulanza, devi fare il percorso inverso.

Ospedali che, allo stato delle cose, nonostante la presenza di validissimi professionisti, è bene vengano saltati a piè pari in caso di emergenza, perché privi dei più elementari, essenziali, livelli di organizzazione.
Come recenti eventi avversi hanno tristemente dimostrato.
Ospedali che continuano ad esistere perché feudo elettorale di taluni, fonte di guadagno per tal altri.

Ospedali dove, per gli stessi motivi di cui sopra, l’offerta chirurgica di routine è crollata e vengono garantite solo le urgenze. E questo genera liste d’attesa che a loro volta generano mobilità extraregionale che genera passività nel bilancio regionale, con un ulteriore feed back negativo sulle risorse disponibili. E l’assoluta necessità di interrompere questo circolo vizioso, questo gioco al massacro.

Possibili soluzioni? Come Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani abbiamo richiesto un incontro al Commissario ad acta per illustrare le nostre proposte. Almeno per quanto riguarda i Medici Anestesisti Rianimatori. Ma siamo ancora in attesa di un cenno, ove volesse avvalersi del nostro modesto contributo.

Qualcuno sul Tirreno, ultimamente, ha lanciato una proposta logica: concentrare le risorse in uno dei due presìdi. Non sta a noi stabilire se Cetraro o Paola. Lo si faccia, ed al più presto, per la sicurezza dei cittadini e degli operatori. Un plauso va al sindaco di una delle due cittadine che si è espresso anch’egli in questi termini senza campanilismi.

E per la par condicio e col medesimo razionale, mi auguro non si scandalizzi nessuno se propoponiamo anche noi, rilanciando l’idea del Rappresentante Aziendale CGIL dell’ASP di Cosenza, guarda caso anch’egli Anestesista Rianimatore, l’idea di estendere lo stesso progetto ai presìdi di Rossano e Corigliano.

A meno che, dalla Regione, non facciano sapere ai cittadini che si dispone delle risorse economico-finanziarie, tecnologiche ed umane per rendere totalmente autonome le quattro strutture, dotandole di quei requisiti che il DM 70/2015 declina per i centri Spoke.

E sarebbe comunque uno spreco.

Nel frattempo, continuo il mio viaggio alla volta di in un’altra disperata provincia calabrese confidando, per la verità con poca convinzione, in scenari migliori.

Dr. Domenico Minniti
Presidente Regionale AAROI EMAC Calabria
Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri – Emergenza ed Area Critica


03 agosto 2019
© Riproduzione riservata

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