Tempi d’attesa e intramoenia. Ben venga la soluzione toscana. Ma deve anche finire taglio a risorse, personale e posti letto
La delibera della Giunta regionale della Toscana prende finalmente atto del fatto che i tempi di attesa non correlano ordinariamente con l’attività libero professionale. Ma la non può essere trovata solo nella produttività aggiuntiva in regime di intramoenia, senza mettere fine al blocco del turn over, al taglio dei posti letto e alla riduzione dell0fferta sanitaria
07 MAG - Gli ultimi dati dell’Agenzia Regionale di Sanità della Toscana sui tempi di attesa mediani in ambito chirurgico non sono confortanti. Il bilancio delle attività 2017, rispetto al 2016, vede un peggioramento in molte patologie.
Per la chirurgia oncologica risulta ancora superiore ai 30 giorni previsti dalla normativa nazionale l’ attesa mediana per il tumore della prostata. Cresce quella per alcuni interventi di chirurgia vascolare (aneurisma non rotto dell’aorta addominale) e per la cardiochirurgia (valvuloplastica). Se si passa alla chirurgia a bassa complessità, che ovviamente interessa una popolazione molto più ampia, le cose non vanno meglio. Una colecistectomia viene eseguita mediamente in 66 giorni, mentre per una ernia inguinale bisogna attenderne 87. Criticità evidenti emergono anche nella protesica ortopedica con tempi mediani di attesa per la protesi d’anca che variano, in base ai centri di erogazione, da 44 giorni a ben 347.
L’allungamento delle liste di attesa è figlio legittimo del rilevante taglio delle risorse destinate al finanziamento del SSN dal 2011 al 2016 ( 30 miliardi di tagli certificati dalla Corte dei Conti), dei pensionamenti senza turn over con la perdita di almeno 50.000 unità di personale dal 2009 al 2017, delle gravidanze e assenze per malattie prolungate lasciate senza sostituzioni, del massiccio taglio dei posti letto (- 71.000 dal 2000).
La non corrispondenza tra bisogni dei cittadini e flussi finanziari centrali si traduce , nelle singole Aziende sanitarie, in fatti molto concreti: blocco del turn over, limitazioni degli acquisti di beni e servizi (farmaci, protesi, device, kit diagnostici, kit chirurgici....), mancato rinnovo delle tecnologie mediche, ridotti investimenti in formazione del personale e in ammodernamento delle strutture. Nessuno ha mai sentito parlare di taglio delle sedute operatorie in elezione, magari negli ultimi mesi dell’anno, per evitare deficit di bilancio? Quanto pesa tutto ciò sui tempi d'attesa?
La
delibera della Giunta regionale della Toscana, dedicata a questa delicata problematica, punta ad ottimizzare l’offerta istituzionale attraverso l’attivazione in tutte le Aziende sanitarie di una specifica funzione di “Gestione Operativa”, il cui compito sarà quello di allineare domanda e capacità di erogare prestazioni chirurgiche.
L’elemento fortemente innovativo, rispetto a certe rigidità ideologiche manifestate in passato, è rappresentato dalla possibilità di acquisire prestazioni in regime di libera professione intramoenia (LPI) , riconducendole nell’alveo delle attività istituzionali, al fine di garantire tempi di erogazione delle prestazioni ed equità di accesso. Si prende finalmente atto del fatto che i tempi di attesa, come da tempo affermato da Anaao Assomed, non correlano ordinariamente con l’attività LPI.
Gli interventi chirurgici in regime di LPI rappresentano in Toscana nel 2017 appena lo 0,58% del totale svolto in attività istituzionale, esattamente 1437 interventi, di cui quelli oncologici 137, su un totale di circa 245.000. Numeri che parlano da soli. La LPI, di fatto, contribuisce a contenere il fenomeno delle liste d'attesa, permettendo l'accesso ad un canale sostenuto dal lavoro aggiuntivo dei professionisti, a costi calmierati e ad imposizione fiscale certa. Rappresentando per le Aziende sanitarie una delle possibilità per acquisire con proprio personale prestazioni, ed entrate economiche, aggiuntive a quelle istituzionali, anche in regime di ricovero, intercettando ed introitando denaro che altrimenti andrebbe ad alimentare il settore privato.
Il provvedimento si muove dentro disposizioni legislative emanate da molto tempo, ancorché mai applicate. Il D.Lgs 124/1998, all’articolo 3 comma 12, prevede esplicitamente il ricorso alla LPI come modalità per assicurare un obbligo, omesso frequentemente, per ogni Azienda sanitaria: il rispetto dei tempi massimi di erogazione delle prestazioni rientranti nei LEA.
E la Legge 120/2007 in aggiunta impone il “progressivo allineamento dei tempi di erogazione delle prestazioni nell'ambito dell'attività istituzionale ai tempi medi di quelle rese in regime di libera professione intramuraria, al fine di assicurare che il ricorso a quest'ultima sia conseguenza di libera scelta del cittadino e non di carenza nell'organizzazione dei servizi resi nell'ambito dell'attività istituzionale”.
La Regione Toscana ha finalmente deciso di utilizzare un istituto legislativo che valorizza i professionisti del SSR per garantire ai propri cittadini prestazioni in strutture in cui qualità, sicurezza ed esiti siano costantemente monitorati. E questo è di fondamentale importanza per i pazienti che devono affrontare interventi chirurgici ad elevata complessità.
La soluzione al complesso problema delle liste d’attesa, comunque, non può essere trovata solo nella produttività aggiuntiva in regime di LPI, senza mettere fine alla riduzione della offerta sanitaria dovuta ad un blocco del turnover che anche la Toscana ha usato a larghe mani, al taglio dei posti letto che ha portato ai minimi termini la attività di elezione, alla carenza di personale che comporta apparecchiature diagnostiche e sale chirurgiche non pienamente utilizzate.
Il lavoro della “Gestione Operativa” dovrà incentrarsi soprattutto su questi elementi, velocizzando anche i concorsi per assunzioni a tempo indeterminato ed investendo sul miglioramento qualitativo e quantitativo della formazione specialistica post-lauream, soprattutto in ambito chirurgico, valorizzando il ruolo degli ospedali del SSR anche in questo strategico settore.
La “gobba previdenziale” è arrivata anche in Toscana. Le uscite dal SSR per pensionamenti nei prossimi anni 5 anni interesseranno il 30/40% del personale attualmente in servizio. I medici che rimarranno nelle corsie, nei servizi diagnostici, nelle sale chirurgiche, nelle sale parto, nei PS, anziani, sottorganico, con carichi di lavoro incrementali, in particolare per le crescenti incombenze burocratiche, con difficoltà nel godere dei riposi giornalieri, di quelli settimanali e perfino delle ferie, esposti per questo ad un elevato rischio professionale, difficilmente potranno far fronte alla crescente domanda di prestazioni sanitarie legate all’invecchiamento della popolazione. I tempi di attesa e la natura stessa del nostro sistema sanitario nel prossimo futuro dipenderanno dalla capacità di comprendere e affrontare questi fenomeni.
Carlo Palermo
Vice Segretario Nazionale Vicario Anaao Assomed
07 maggio 2018
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