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Le disuguaglianze crescono, a partire da quelle in salute, fermiamo il regionalismo differenziato

di Roberto Polillo e Mara Tognetti

Mentre esprimiamo un giudizio positivo sull’entità delle risorse messe a recentemente disposizioni per il rilancio del SSN (20 miliardi in conto capitale con Il PNRR e 2 miliardi di incremento del fondo sanitario nazionale per il periodo 2022-2024) esprimiamo altrettanto forte perplessità sulla ricomparsa nell’agenda del governo della proposta di autonomia differenziata regionale

22 OTT - Introduzione
Il tema delle disuguaglianze oltre ad essere una questione di equità è innanzitutto un tema centrale per ripensare i servizi sanitari e in generale gli interventi per la salute.
 
Una necessità che si impone perché le disuguaglianze hanno registrato, a partire dagli ultimi decenni un incremento significativo per un concatenarsi nel tempo di fattori diversi: l’impatto economico indotto dalla grande crisi del 2008; le politiche restrittive di stampo neo-liberista che a questa hanno fatto seguito; la frammentarietà  della capacità di risposta del nostro SSN verso bisogni sanitari crescenti; la diversa efficacia dei 21 sistemi sanitari regionali (SSR) che hanno compromesso l’unitarietà delle politiche della salute.
 
A questo si è aggiunto l’impatto determinato dalla pandemia Covid 19, le cui caratteristiche, per richiamare un concetto di Richard Horton sulla rivista The Lancet (Horton R. Offline: Covid-19 is not a pandemic. Lancet 2020; 396: 874) sono quelle della “sindemia”: una condizione in cui l’infezione e i suoi possibili esiti non sono una variabile indipendente ma, al contrario, sono strettamente collegati a situazioni cliniche preesistenti con cui interagiscono in funzione di fattori co-esistenti più ampi di natura sociale politica ed economica.
 
Anche con la sindemia dunque studiare le disuguaglianze sociali nella salute significa comprendere come il sociale s’inscrive, s’incorpora nella malattia dell’individuo e della società.
 
Alcune cifre della diseguaglianza
In periodo di pandemia le disuguaglianze sociali sono esplose come ci ricorda la Banca d’Italia. Secondo l’OMS la pandemia ha portato in povertà estrema tra 119 e 124 milioni di persone. Così come sono stati erosi i risparmi accumulati precedentemente, secondo la Commissione Europea, specialmente per le fasce di età fino a 21 anni (-21%) mentre per le persone fra i 30-49 anni è stato del -14%. Chi non aveva risparmi accumulati in molti casi ha allungato la fila ai centri di distribuzione dei pacchi viveri, dei banchi alimentari. Una frattura fra generazioni scavata già dalla richiamata crisi finanziaria del 2008, e ora pesantemente aggravata con la pandemia.
 
I determinati di salute
Vi sono dunque fattori sociali alla base delle iniquità, delle disuguaglianze a partire dagli stili di vita, il ruolo della comunità e delle reti sociali a cui un individuo appartiene, le condizioni di vita e di lavoro, la stratificazione sociale, i fattori strutturali.
 
Fattori strutturali che sono particolarmente importanti in quanto contribuiscono a definire la posizione sociale degli individui, cosi come lo sono le condizioni di contesto sociale, economiche e politiche in cui sono compresi anche i sistemi sanitari.
 
Le differenze in ambito regionali
Le disuguaglianze di salute, come abbiamo già evidenziato, sono determinate da fattori individuali (istruzione, reddito, ecc.), da fattori istituzionali e organizzativi dei sistemi sanitari. Particolarmente importante è proprio il ruolo che possono e debbono assumere i SSR in questo ambito.
 
In tempo di COVID i SSR hanno dimostrato una scarsa resilienza, in non pochi casi sono stati inadeguati, con sostanziali differenze nell’accesso e nell’utilizzo dei servizi da parte dei cittadini. Pensiamo alle diverse performance dei 21 SSR: la differente prevalenza dei contagi nei diversi contesti regionali, la diversa letalità grezza, il differente tasso di mortalità grezza.
 
Esiti differenti per le differenti scelte organizzative (servizi territoriali contro servizi ospedalieri, ecc.). Modalità e attenzioni difformi per l’esecuzione dei tamponi per individuare i soggetti contagiati. Ora modalità ben lungi da una programmazione condivisa della somministrazione dei vaccini.
 
I differenti SSR hanno anche determinato una difforme esposizione del personale sanitario al Covid 19, i molti incidenti da lavoro per Covid 19 che hanno riguardato in modo specifico i medici, le figure sanitarie e le figure sociosanitarie. Di più le donne degli uomini. In alcune Regioni la maggior istituzionalizzazione dei malati da Covid 19 ha determinato un forte incremento del rischio da lavoro per il personale sanitario.
 
Dimensione sociale e produzione di diseguaglianze nella pandemia da Covid 19   
Rispetto al tradizionale manifestarsi delle diseguaglianze di salute, in cui sono i fattori di nocività accumulati nel corso dell’intera esistenza, a determinare gli esiti di salute delle classi svantaggiate (riduzione dell’attesa di vita, e della vita senza disabilità) la pandemia da Covid 19 ha dimostrato come anche un evento acuto riproduca identici gradienti differenziali.
 
Numerosi studi epidemiologici hanno chiaramente evidenziato come, aldilà della dimensione “biologica” (le modalità con le quali avviene la trasmissione del contagio e le condizioni che ne favoriscono la diffusione), esista nella pandemia da Sars Cov 2 una ancora più importante dimensione “sociale”.
 
In tale contesto secondo un’impostazione sociologica ormai classica è possibile identificare, procedendo dal generale al particolare, tre diversi livelli di significatività analitica: (macro, meso e micro) attraverso i quali fare emergere con tutta chiarezza le implicazioni socio-sanitarie di un fenomeno biologico.
 
Il livello macro del sistema mondo
A livello macro o di sistema-mondo un ruolo di rilievo gioca la stratificazione dei diversi paesi per reddito e grado di protezione sociale in dipendenza dal ruolo da essi svolto nella divisione sociale del lavoro globale.
 
A questo si aggiunge poi la diffusa connettività che caratterizza la nostra era globalizzata, in cui ogni evento anche se in ambito “locale” (il salto di specie nel mercato umido di Wuhan, il caso zero del primo malato di Codogno o l’emergere della variante inglese del virus) acquista immediatamente una dimensione “globale” diffondendosi oltre i confini dei singoli stati; con effetti tuttavia diversi tra i diversi paesi che continuano a mantenere il gradiente di cui sopra.
 
Coesiste inoltre, come condizione ex-post, una pari diseguale distribuzione dei mezzi atti al controllo e al contrasto della pandemia (dall’ossigeno di cui era totalmente sfornito il Brasile ai vaccini di cui è privo l’intero continente africano) che si riflette in un drammatico incremento della morbilità e mortalità generale.
 
Il livello meso della stratificazione sociale
A livello meso, Covid 19 mostra un gradiente socio-economico ben definito colpendo più duramente, in ogni nazione e in ogni luogo della nazione, le classi socialmente svantaggiate; un fenomeno isomorfico che si mostra identico nei paesi ad alto reddito come l’America e nei paesi più poveri come quelli dell’America latina o del continente africano.
 
In uno studio del gennaio 2021 sulla prestigiosa rivista Jama, Tim Liao studiando l’incidenza cumulativa da Covid-19 e i tassi di mortalità per i primi 200 giorni della pandemia negli Stati Uniti, ha esaminato l'associazione tra incidenza dell'infezione e mortalità da un lato e fattori strutturali di composizione razziale/etnica e disparità di reddito dall'altro. (F. Liao, PhD; Fernando De Maio, PhD Association of Social and Economic Inequality With Coronavirus Disease 2019 Incidence and Mortality Across US Counties JAMA Network Open. 2021;4(1): e2034578. doi:10.1001 /jamanetworkopen.2020.34578).
 
L’analisi condotta a livello di ogni singola contea americana (3.142 nei 50 stati) ha confermato in modo chiaro non solo l'associazione tra composizione razziale/etnica eincidenza e mortalità da Covid-19 (a svantaggio della popolazione ispanica o nera) ma anche il ruolo, indipendente dai precedenti, giocato dalle disparità nel reddito.
 
Lo stesso differenziale tra afroamericani ispanici e bianchi, si ritrova anche per quanto riguarda i diversi tassi di vaccinazione tra i diversi gruppi sociali con un netto svantaggio a carico dei primi rispetto agli altri (L. Balasuriya et  Covid 19 Vaccine accetpance  and access among black and laltinx communities Jama network open 20121:400).
 
La riproducibilità sociale del fenomeno emerge anche da uno studio di Gonzalo Mena et al sulla rivista “Science” condotta in Cile, un paese collocato in molto totalmente diverso dagli USA nella divisione sociale del lavoro e ricchezza (Mena et al., Socioeconomic status determines COVID-19 incidence and related mortality in Santiago, Chile, Science 372, 934 (2021) 28 May 2021).
 
Anche qui analizzando i dati della città di Santiago del Cile, emerge con altrettanta chiarezza come esista un chiaro rapporto tra mortalità e condizione socio-economica della popolazione. Grandi differenze, emergono infatti raffrontando i quartieri ad alto reddito rispetto a quelli in condizioni di deprivazione con un rapporto direttamente proporzionale al differenziale tra i diversi ambiti territoriali.
 
Complementare a questo, anche se in una dimensione di nuclei familiari sono gli esiti dell’affollamento abitativo che caratterizza i quartieri poveri delle grandi città dove il Covid ha fatto strage (il Bronx per citarne uno) per l’alto livello di promiscuità da cui deriva l’impossibilità di mantenere il distanziamento sociale indispensabile per circoscrivere i cluster di infezione.
 
Il livello micro della fragilità degli individui a rischio
A livello micro Covid 19 colpisce gli individui con maggiori fragilità incrementando il livello di disabilità preesistente; l’infezione nei soggetti con presenza di concomitanti patologie (cardiopatie o diabete mellito) o con carenti livelli di istruzione ha un andamento più grave, riduce la qualità della vita già compromessa e si accompagna spesso a esiti infausti (Andrew Briggs & Anna Vassa , Count the cost of disability caused by COVID-19, Nature Vol 593, 27 May 2021).
 
Il dato è emerso con estrema chiarezza nel nostro paese dove il monitoraggio continuo dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha dimostrato un gradiente netto tra mortalità e concomitanza tra patologie croniche non trasmissibili e tassi di mortalità.
 
È questo il campo in cui le diseguaglianze di salute accumulate nell’intero corso della vita hanno modo di dispiegare i loro effetti compromettendo quella capacità di affrontare eventi acuti o traumatici e di darsi nuove regole (normatività) che Canguilhem identifica con lo stesso concetto di salute.
 
Ripensare i servizi sanitari
In un Viewpoint sulla rivista The Lancet del 2 settembre 2021 dal titolo “Seizing the moment of rethink health system”, Koyo Nimaco e Margaret Kruk  richiamano il concetto del “momento cosmopolita” elaborato da Ulrich nel Beck libro “Critical theory of world risk society: a cosmopolitan vision” (Constellations 2009, 16: 3-22)  in cui  si sottolinea come  un “nuovo apprezzamento del rischio sanitario può indurre una nuova apertura morale e politica tesa a migliorare le sorti dell’umanità”.
 
Il Covid 19 è in questo senso un’occasione da non perdere per ripensare i servizi sanitari dei paesi a basso medio-reddito, come sostengono gli autori ma anche quello dei paesi ad alto reddito come gli USA, il Regno Unito e il nostro dove il Covid 19 ha dimostrato la fragilità di sistemi di protezione drammaticamente de-finanziati per assurde politiche di tagli lineari.
 
Emblematico il caso del nostro Paese dove al più alto tasso di mortalità complessivo (132.000 casi a ottobre 2021) ha corrisposto la più pesante contrazione del PIL (-9%) dimostrando così in modo inconfutabile come tra economia e stato sociale ci sia un rapporto di complementarità e non di trade-off.
 
Ripensare il sistema sanitario secondo le linee tracciate dai due autori citati significa agire a quattro diversi livelli che non mostrano sostanziali differenze tra paesi ad alto e basso reddito. Nell’uno e nell’altro caso migliorare il principale sistema di protezione significa rivedere il ruolo e le funzioni di: operatori, setting di cura e modalità organizzative, management e nuove modalità di finanziamento degli erogatori e implementazione e gestione dei dati sanitari per renderli accessibili ai fini delle cure e trasparenti.
 
Le azioni da intraprendere nel nostro paese
Il Covid 19 ha mostrato la estrema fragilità raggiunta del nostro sistema sanitario in cui a una mancata risposta della medicina di iniziativa (le cure primarie) ha anche corrisposto una grave carenza della gestione dei percorsi di gestione delle infezioni negli ospedali. Drammaticamente esemplare in tal senso la vicenda dell’ospedale di Alzano in provincia di Bergamo dove il contagio si è rapidamente diffuso per la mancanza di indicazioni chiare da parte del management sanitario.
 
È dunque necessario in modo sistematico, svelare e discutere in ogni luogo l’esistenza, le cause e la consistenza delle disuguaglianze di salute.
 
Rendere pubblici e comprensibili i dati a disposizione sulle disuguaglianze di salute. Ricordiamo che siamo di fronte alla più grande ingiustizia sociale. Mettere al centro degli interventi, delle azioni la dimensione sociale per comprendere gli esiti di salute. Sviluppare e implementare politiche di riduzione delle disuguaglianze di salute avendo sempre presente il peso del reddito, dell’istruzione, dell’occupazione, del genere e dell’etnia. Una logica intersezionale.
 
Avviare una profonda e complessa riorganizzazione dei SSR. Puntare su sistemi sanitari più equi e meno differenziati che diano a tutti le stesse opportunità di salute capaci di salvaguardare i bisogni, le specificità, le aspettative e le aspirazioni dei singoli e quindi la salute di tutti.
 
E in tale prospettiva mentre esprimiamo un giudizio positivo sull’entità delle risorse messe a recentemente disposizioni per il rilancio del SSN (20 miliardi in conto capitale con Il PNRR e 2 miliardi di incremento del fondo sanitario nazionale per il periodo 2022-2024) esprimiamo altrettanto forte perplessità sulla ricomparsa nell’agenda del governo della proposta di autonomia differenziata regionale.
 
Andare avanti con quel provvedimento, che renderebbe ancora più differenti i diversi territori del paese significherebbe infatti accentuare quelle disuguaglianze che sono cresciute con le crisi finanziarie degli anni 2000 e che l’epidemia COVID ha reso ancora più profonde e intollerabili.
 
Roberto Polillo e Mara Tognetti

22 ottobre 2021
© Riproduzione riservata


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