Medicina generale. Tutti i rischi di una controriforma al buio
di Ivan Cavicchi
Purtroppo i MMG non sono angioletti senza colpa ma intervenire maldestramente su uno dei pilastri dell’attuale sistema sanitario pubblico, perché signori cari, di questo si tratta, e quindi di dare luogo comunque a un atto di controriforma che, per quello che mi riguarda, non farei a cuor leggero cioè senza assicurarmi prima la garanzia di un valore aggiunto
27 SET - Condivido in pieno i sentimenti di “tristezza di delusione e di rabbia” di Ornella Mancin (
QS 21 settembre 2021).
Anche io credo che sia un errore:
• mettere le mani sul medico di medicina generale (d’ora in avanti MMG) per ridimensionarne il ruolo e la funzione, senza una discussione pubblica e soprattutto senza un progetto evolutivo di riforma degno di questo nome;
• intervenire maldestramente su uno dei pilastri dell’attuale sistema sanitario pubblico, perché signori cari, di questo si tratta, e quindi di dare luogo comunque a un atto di controriforma che, per quello che mi riguarda, non farei a cuor leggero cioè senza assicurarmi prima la garanzia di un valore aggiunto.
I diavoli di Loudun
La mia impressione, dopo aver letto un mare di articoli ma soprattutto dopo aver capito che esiste un “combinato disposto” fatto da una parte dalla missione 6 (M6C1) e dall’altra dal documento delle regioni (
QS 22 settembre 2021), è di trovarci dentro una sorta di isteria collettiva, come nei diavoli di Loudun, tutti impazienti, soprattutto a sinistra, di far la festa a all’esecrando curato, cioè al MMG, che a sua volta non sembra rendersi conto che tra un articolo e l’altro lo stanno bruciando vivo in piazza.
Come è noto, io per primo non sono mai stato indulgente nei confronti dei MMG e dei loro sindacati e io per primo, sia nella “questione medica”(1) sia nella “quarta riforma”(2), ho e continuo a sostenere la necessita di un ripensamento riformatore della medicina generale. Non posso negare che sulla medicina generale anche a causa della pandemia i problemi accumulati siano tanti, ma l’intera operazione, di contro riforma, che il governo con il consenso delle regioni, sta avallando, non mi convince.
Il rischio della contro riforma
Come riformatore non temo la sfida delle riforme ma i danni delle controriforme sì. Pensate solo al titolo V, alle aziende, al DM 70, ai fondi assicurativi, al decreto appropriatezza. Tutte cose fatte a fin di bene ma che bene alla sanità e ai malati di certo non hanno fatto. E siccome, con il ministro Speranza, il nodo del “riformista che non c’è”,(3) si è, con il PNRR, drammaticamente riproposto, temo che, sulla questione MMG avere delle preoccupazioni, dei dubbi, delle esitazioni, sia più che mai lecito .
Vedo come ha ben sottolineato Belleri (
QS 21 settembre 2021):
• analisi sui MMG preconcette cioè che non sono analisi degne di questo nome,
• stereotipi e luoghi comuni.
Ma soprattutto vedo da tutte le parti troppa semplificazione e troppa faciloneria.
Mi chiedo se con una missione 6 che a contraddizioni del sistema invarianti, non va oltre il potenziamento dell’invarianza:
• se abbia senso fare la festa al MMG e spacciarla per la riforma che non è,
• se abbia senso per i medici davanti a una strategia di non riforma rinunciare alla “questione medica” cioè all’unica strategia di riforma disponibile per rilegittimarsi.
Al governo e alle regioni chiedo: ma davvero pensate seriamente che la dipendenza sia sufficiente per risolvere tutto il complesso problema dell’assistenza primaria?
Alla Fnomceo e ai sindacai medici chiedo: siete propri sicuri che la controriforma della medicina generale in atto non abbia nulla a che fare con la questione medica quindi con la medicina amministrata e con la crisi del ruolo medico?
Davvero un bel ribaltone
Le regioni e la missione 6 sostengono che l’MMG debba essere superato perché relativamente “ai nuovi bisogni di assistenza” egli è inadeguato. Probabilmente è vero. Sono anni che personalmente parlo di “regressività” e non c’è dubbio che la sanità, come sistema ha un enorme problema di regressività, medicina generale e non solo, compresa. Tutti i servizi quindi le prassi in una società che cambia che non di ridefiniranno inevitabilmente tradiranno un grado di regressività.
Se oggi i medici pubblici non vedono l’ora di andare in pensione, o di andare all’estero o di lavorare nel privato, una qualche ragione ci sarà, o no? Se il sistema pubblico è sempre più privatizzato una qualche ragione ci sarà, o no?
Ma stento a credere che sia la “regressività” la ragione vera per la quale tanto il governo che le regioni vogliono far la pelle ai MMG. Io credo che la vera novità sia politica ossia la rottura a causa della pandemia di uno storico patto consociativo tra MMG e istituzioni in ragione del quale per anni si è andati avanti sulla scorta dell’adagio “una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia”.
Oggi, tanto il governo che le regioni, dopo aver corteggiato per decenni (il verbo corteggiare è un evidente eufemismo) i MMG, oggi, con la scusa della pandemia li hanno mollati considerandoli vergognosamente la prima controparte della pandemia stessa e per ragioni che, con la regressività, centrano poco.
Devo anche dire per onestà che sulla pandemia i sindacati dei MMG hanno perso, a mio parere, l’occasione per rilegittimarsi alla grande facendo tante di quelle brutte figure, da accrescere agli occhi della pubblica opinione il discredito di cui già godevano abbondantemente da tempo.
Ma di quali inadeguatezze parlate?
Per cui alla fine della fiera tanto al governo che alle regioni mi verrebbe da chiedere: siete proprio sicuri che nei confronti di questa presunta inadeguatezza e regressività dei MMG di non avere delle responsabilità?
Come fa un MMG a essere adeguato a un malato quando le sue prassi sono burocratizzate fino all’inverosimile? O quando le regioni e le aziende per prime lo hanno voluto sempre di più una medicina amministrata? Ma vi siete scordati gli obblighi di appropriatezza della Bindi e della Lorenzin definiti per legge?
Sono anni che scarichiamo sui MMG le questioni della sostenibilità convinti che sono loro gli unici veri effettori di spesa (ovviamente lo sono anche, ma non da soli) e che solo legando loro le mani si può risolvere questo problema. Sono anni che chiudiamo gli ospedali nella speranza di compensare la domanda di salute con il territorio ma con l’unico risultato di scaricare enormi carichi di lavoro proprio sui MMG perché nel frattempo il territorio è perfino regredito. Ma vi siete scordati i pronti soccorsi pieni di malati parcheggiati nelle barelle?
Sono anni che diciamo che basterebbe applicare integralmente la convenzione per come è scritta per risolvere tutti i problemi della sanità e, me ne dovete dare atto, sono anni che personalmente pongo, nei confronti della convenzione, il problema del “reforcing”. Ma a chi toccava verificare il reforcing se non al governo alle regioni e alle aziende? Quante convenzioni sono state revocate in questi anni per problemi di reforcing?
Sono anni che le incapacità di governo delle regioni e delle aziende cioè del più “debole dei pensieri deboli”(4) si nasconde dietro i problemi del rapporto libero professionali cioè dietro la scusa che i MMG essendo liberi professionisti sono ingovernabili. E di converso sono anni che i MMG hanno usato il rapporto libero professionale solo ed esclusivamente per farsi gli “affaracci” loro.
Ma per quale diavolo di ragione abbiamo concesso alle regioni, contro-riformando addirittura il titolo V, le più ampie autonomie organizzative e gestionali se non siamo riusciti a fare sulla medicina generale neanche un minimo straccio di cambiamento?
La mia tesi è semplice: i MMG sono inadeguati esattamente come le regioni né più e né meno perché inadeguata è la pratica del consociativismo.
Vogliamo sul serio combattere l’inadeguatezza del sistema? Bene allora facciamo una “quarta riforma” fatta come si deve e combattiamo tutte le regressività che ci sono a partire però dalla testa cioè dalla famosa governance. E a seguire tutto il resto, MMG compresi.
Se la missione 6 non è altro che un kit di pannicelli caldi che andranno ad ingrassare il privato ma davvero qualcuno pensa che basti obbligare il MMG a timbrare il cartellino nella casa di comunità per rinnovare la sanità?
Ma perché tanti anni fa ci siamo inventati i MMG?
Io credo che nell’isteria collettiva oggi si è come smarrita la ragione per la quale nel 1978 abbiamo inventato i MMG dando vita ad una particolare quanto inedita figura professionale quindi con un particolare statuto giuridico nella convinzione (diremmo oggi) che esso fosse il più adeguato a rispondere ad un alto grado di complessità.
Non ho né il tempo né lo spazio di fare una disamina sulla immensa normativa che definisce il MMG e la convenzione.
Me la cavo con una sintesi: 40 anni fa a fronte di una riforma che per la prima volta definiva una particolarissima domanda di salute quella di una comunità e quindi di un territorio, si è pensato di mettere in pista una nuova figura di medico, plurimo, polivalente, versatile, con importanti spazi di autonomia, cioè si sono inventati i MMG per andare oltre il medico della mutua e il medico condotto.
Questo nuovo medico ancora oggi è definito, con precisione, dalla definizione europea WONCA del medico specialista in medicina Generale/di famiglia e che descrive un medico con un notevole numero di compiti, un notevole numero di responsabilità e che deve avvalersi di una prassi a molte prassi e per il cui esercizio per forza va previsto una formazione adeguata e un discreto grado di autonomia.
La specificità di questo medico e direi la sua singolarità giuridica è molto ben riassunta, a mio parere, dalla dichiarazione preliminare all’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, del lontano gennaio del 1996.
Dopo una premessa sulle diverse complessità in gioco nella dichiarazione si legge:
“È quindi necessario uno strumento che abbia una doppia caratterizzazione nel senso che da una parte garantisca certezza di tutela sanitaria, dall'altra sia flessibile ed adattabile alle esigenze mutevoli della collettività.
In questo scenario in divenire, l'accordo, tenta di consolidare ulteriormente la struttura della medicina generale e di aprire nuove strade alla creatività organizzativa delle istituzioni e delle rappresentanze sociali che operano nell'area, affrancandole da uno schematismo convenzionale tradizionalmente rigido”.
Oggi mi pare di capire che tanto il governo che le regioni, purtroppo con l’appoggio della mia amata CGIL, vogliono:
• chiudere prima di tutto le porte alla “creatività organizzativa delle istituzioni” (le case della comunità sono il repechage dei vecchi poliambulatori INAM),
• tornare al sicuro “nello schematismo convenzionale tradizionalmente rigido” cioè alle logiche del dpr 761.
Da una parte si tratta di tornare indietro ad una specie di medico condotto nel terzo millennio, dall’altra di estendere la medicina amministrata cioè ridurre il grado di autonomia della categoria medica più importante a livello territoriale e quindi aggravare quella che la Fnomceo, parlando nel 2018 di “cambio di passo”, definì la “questione medica” .
Le colpe dei MMG
Purtroppo i MMG non sono angioletti senza colpa.
Anche in questo concordo con Ornella Mancin quando nel suo pezzo citando un documento Fimmg del 2007, “
La ri-fondazione della Medicina Generale”, parla giustamente di “autoinganno” cioè di una categoria che in pratica si è presa in giro da sola dando a credere di essere disponibile al cambiamento ma senza mai cambiare niente, quindi restando chiusa in una apologia mortale dei propri interessi indifferente alle contraddizioni che giorno dopo giorno stava accumulando.
Oggi siamo al redde rationem come dice la Mancin perché il gioco dell’autoinganno al quale la politica ha ampiamento collaborato, è finito.
Il guaio è che davanti al “volta faccia” della politica i MMG oltre l’apologia della convenzione non hanno nessuna altra strategia di riserva. L’unica carta che potevano giocarsi vale a dire chiedere un tavolo sulla “questione medica” se la sono tenuta in tasca. E perché? Per colpa del covid 19? Ma per piacere! Mio nonno diceva sempre che i limiti limitano e, aggiungo io, a certi generali il consociativismo piace più della guerra.
Ora siete pronti, o no?
Come forse ricorderete, nella “quarta riforma” e successivamente nelle 100 tesi sulla “questione medica” (5), ho proposto di far evolvere il medico (convenzionato e dipendente) cioè di ripensare il suo lavoro in quanto tale, in una figura che proposi di chiamare “autore”. Di fatto proponevo nulla più che una nuova transazione: più autonomia in cambio di più responsabilità misurando l’opera cioè le prassi con i risultati.
In Fnomceo mi dissero che i medici non erano pronti, che i sindacati erano troppo indietro, mi chiedo però se oggi i medici e i sindacati e la Fnomceo sono pronti a incassare la loro sconfitta storica e a tornare indietro nella storia?
L’idea di “autore” agli occhi di qualcuno ancora oggi sembra solo teoria ma in realtà nasce dal bisogno molto concreto di trovare una soluzione alla “questione medica”. Le crisi si risolvono in avanti non indietro. Non solo ma essa non faceva niente altro che riproporre mutatis mutandis il teorema che nel 1996 inaugurava la convenzione dal momento che l’idea di autore confermava:
• il bisogno di avere un medico “ flessibile ed adattabile alle esigenze mutevoli della collettività”
• la sfida di “aprire nuove strade alla creatività organizzativa delle istituzioni e delle rappresentanze sociali”
• il bisogno di “affrancare l’MMG da uno schematismo convenzionale tradizionalmente rigido”.
Vorrei che qualcuno mi spiegasse con parole semplici se la festa che lo Stato vuole fare agli MMG è una cosa diversa dal problema della medicina amministrata e se la medicina amministrata cioè la statalizzazione del MMG va considerata, dopo una pandemia, a parte dalla “questione medica”.
E se la “questione medica” e la “questione del MMG” fossero del tutto sovrapponibili, come la mettiamo?
Il ritorno del medico condotto
Nel documento delle regioni leggo che, a prescindere da quale sarà la soluzione giuridica che si prenderà per definire il MMG, restano, quelli che il documento chiama “capisaldi”:
• obbligo di partecipazione a forme organizzate,
• fornitura di prestazioni programmate,
• indicatori di garanzia di presa in carico (accountability),
• assistenza domiciliare quale parte integrante dell’attività,
• obbligo di inserimento nelle Case della Comunità, ecc..
A parte i problemi tecnici-organizzativi che questi obblighi comportano, la cosa che capisco è che dopo quasi mezzo secolo di riforme con una pandemia tra i piedi, si torna ai medici condotti quindi al Regio Decreto 2248 del 1865.
Ricordo a tutti che il termine “condotto” deriva dal latino “conductum” participio passato del verbo “conducere” che si traduce con il termine “assunto” quindi “dipendente”
Oggi alla faccia “dell’autore” che i medici per primi hanno irresponsabilmente snobbato, passa il “dipendente” cioè una idea vecchia di medico tutt’altro che flessibile, per cui nel riesumare i vecchi poliambulatori Inam, si ritorna alla vecchia medicina territoriale amministrata di mutualistica memoria. Nulla di più.
Conclusione
Morale della favola: per fare la festa al vecchio MMG prima di tutto ci sono voluti alcuni importanti errori strategici dei medici, quindi ci è voluta una pandemia, un voltafaccia della politica e un ministro di articolo 1 che i rappresentanti più importanti del MMG per primi consideravano loro amico, al quale pubblicamente davano del tu e che su loro invito veniva sorridente a portare i saluti ai loro convegni facendo fare loro una gran bella figura e che però si è inventato le case di comunità per chiudere i loro ambulatori.
Ivan Cavicchi
Bibliografia
1. I. Cavicchi, La questione medica, come uscire dalla palude e book gratuito Quotidiano sanità 2015
2. I. Cavicchi, La quarta riforma e book gratuito Quotidiano sanità 2016
3. I. Cavicchi, il riformista che non c’è ,le politiche sanitarie tra invarianza e cambiamento Dedalo 2013
4. I. Cavicchi, Il pensiero debole della sanità Dedalo 2008
5. I. Cavicchi, Stati generali della professione medica 100 tesi per discutere il medico del futuro Fnomceo 2018
27 settembre 2021
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