I Forum di QS. La sinistra e la sanità. Grazia Labate: “Dal pensiero all’azione”
di Grazia Labate
Usare bene le risorse che ci provengono dal Recovery fund, investire nella formazione e ricerca, non solo nelle scienze mediche ma anche in quelle dell’organizzazione e dotare il nostro personale sanitario di maggiore autonomia professionale, riconoscimento economico, iniziativa organizzativa. Se si riuscisse a condensare in nuove regole e nuove armonie tra Stato e sistema delle autonomie, Regioni e Comuni, il raggiungimento di questi obiettivi, sarei molto contenta. Se vogliamo...chiamiamola quarta riforma
08 APR - Il 2021 trova il SSN, l'assistenza sociale, la sanità pubblica e l'intero paese ancora più profondamente immerso nella crisi da Covid-19 iniziata a marzo dell’anno scorso, resa enormemente più impegnativa dalle varianti di Covid.
Questo è vero per la salute e l'assistenza, sia che il personale ospedaliero stia lottando per fornire cure ai malati gravi, sia che si miri a portare a termine la più grande vaccinazione di massa del paese nella storia.
Naturalmente, è anche una crisi per i pazienti, gli utenti dei servizi e i cittadini, alle prese con l’Italia a zone, le interruzioni, le difficoltà economiche ed anche problemi di stanchezza, depressione mentale, sfiducia che si possa veder luce. Eppure, per quanto grave sia la crisi in questo momento, il programma di vaccinazione offre la speranza che il peggio inizierà presto a regredire anche se l'impatto più ampio del virus si farà sentire ancora per molto tempo, a detta dei virologi.
Carenze di forza lavoro, tempi di attesa crescenti e disuguaglianze persistenti sono ancora tutte presenti e motivo di grande preoccupazione.
A ciò si aggiunge la certezza che le risorse economiche offerte come ristori o indennizzi non sono sufficienti per coprire perdite di cospicui settori della nostra economia , dal turismo al commercio, alle tante forme di lavoro autonomo e di precariato presenti nel nostro contesto economico sociale.
Il Covid-19 ha fatto da detonatore ed ha amplificato tutti i problemi di crescita, denatalità, invecchiamento della popolazione, povertà e crisi del welfare, già presenti nel nostro paese. Per farvi fronte, sarà necessaria una soluzione a medio/lungo termine stabilendo una traiettoria programmatica negli anni, anziché nei mesi.
Gli arretrati e le interruzioni di prestazioni e servizi per la salute e l'assistenza sono aumentati nel 2020. Sebbene finora l'attenzione si sia concentrata sull'aumento dei tempi di attesa per l'ospedale e la diagnostica; ci sono state anche importanti implicazioni per l'assistenza in corso nella comunità per la salute mentale, altre prestazioni in assistenza domiciliare, per l’ADI, situazioni necessarie di supporto dell'assistenza sociale alla cronicità.
Eppure il SSN stava affrontando una grave carenza di forza lavoro per cercare di far fronte alle necessità e attese, prima che il Covid-19 colpisse.
Quella stessa forza lavoro (così come quella dell'assistenza sociale) è stata esaurita dalla pandemia e non sarà in grado di lavorare ancora più duramente, ancora più a lungo, per ridurre rapidamente i tempi di attesa.
Per far fronte alla crescente domanda di prestazioni e servizi sarà necessaria una soluzione a medio-lungo termine: un Piano nazionale per la salute pubblica capace di aumentare l'offerta, ripensare il lavoro, i rapporti fra istituzioni centrali e decentrate, innescare un forte spirito di comunità intorno ai temi della salute e dell’organizzazione sociale e sanitaria all’altezza delle esperienze compiute e degli insegnamenti che ne derivano.
Per affermare l'ovvio, dell’universalismo, sarà anche necessario parlare il linguaggio della verità sulle contraddizioni eclatanti del nostro sistema, pena il fatto di confezionare una moderna scatola riformatrice nella sanità senza le necessarie mutazioni di sistema, congrue a rimuovere l’universalismo diseguale che in oltre quarant’anni si è stratificato alla base dei grandi processi riformatori a partire dal ‘ 78 anno della riforma sanitaria i cui principi rimangono a tutt’oggi forti riferimenti ispiratori.
Il Covid-19 ha puntato . dolorosamente i riflettori sulle disuguaglianze sia nel settore della sanità che dell'assistenza, fare progressi nella riduzione di queste iniquità ora è questione essenziale ed urgente. Per un governo che si è impegnato in un'agenda di superamento della crisi, non essere all'altezza degli obiettivi per uscirne, comporta un chiaro rischio politico, dato sia il peggioramento del contesto economico che le esperienze della pandemia.
Una nota positiva: Covid-19 ha anche accelerato il passaggio strategico verso una nuova cultura di servizi integrati, sia all'interno del SSN, che con partner chiave nel governo locale, sindaci e comuni, che nel settore del volontariato.
Hanno dimostrato che senza una nuova spinta partecipativa verso servizi integrati, incentrati sulla salute della popolazione, non si può far fronte ai necessari cambiamenti che “ il nulla sarà come prima” comporta, se non vuole rimanere una mera affermazione retorica un forte processo di integrazione.
Si sono già esposte le prime opinioni su questi cambiamenti, a partire dalle opzioni di Cavicchi alla base della sua quarta riforma
sullle quali si è aperto un confronto su questo giornale, della necessità di un vero pensiero riformatore, del richiamo sostanziale al ruolo della sinistra. Dobbiamo però ricordare che l'attuale contesto è fondamentalmente diverso da tutto ciò che abbiamo visto per una generazione: le riforme degli anni ‘80 si sono svolte in un contesto di crescita storicamente elevata e sostenuta della spesa corrente e del personale, fino agli anni 2000. Anche i cambiamenti della legge del 1978 sono avvenuti mentre il paese non era in crisi finanziaria, nella sanità i tempi di attesa bassi e stabili e la crisi della forza lavoro ancora da emergere, nella maggior parte dei casi.
Il 2008 con la crisi finanziaria a livello mondiale ha assestato un colpo mortale ai regimi di welfare, soprattutto in Europa culla del welfare e dell’universalismo, la politica di austerità ha giocato un ruolo ferale nel perpetrare disuguaglianze e perdita di diritti. Si può sostenere la profonda differenza tra la teoria della sostenibilità e quella della “compossibilità” ma ciò chiama in causa l’intero sistema di un paese e delle sue politiche, la circolarità tra di esse, la fissazione di obiettivi che costruiscano nuovi punti di equilibrio tra le parti di un sistema complesso, non solo economico ma sociale e politico, così come lo stiamo conoscendo dall’ultimo decennio.
Perché mai a partire dall’OCSE e dai maggiori organismi a livello europeo si sarebbe lanciato l’obiettivo della “salute in tutte le politiche” se non si fosse compreso il livello sistemico l’interazione con economia, ambiente, demografia, cultura e innovazione scientifica e tecnologica? Insomma la complessità nella complessità, dalla crisi dei vecchi paradigmi alla costruzione di nuovi paradigmi di contrasto al neoliberismo e alle disuglianze. Nessuno di noi è esente, o ne è uscito indenne, certamente nell’ambito delle forze progressiste, a livello non solo italiano, ma europeo e mondiale. Ne è l’esempio lampante la ricerca continua di identità nell’ambito delle forze di sinistra e nel contempo l’incapacità della messa in atto di programmi soddisfacenti per le nuove povertà e disuguaglianze nella culla del welfare europeo.
E’ la “compossibilità” della sinistra che fa difficoltà a costruirsi nel panorama socioculturale, perlomeno europeo. Tuttavia siccome io e Cavicchi ci conosciamo da oltre quarantanni ed io conosco “lo spirto guerrier ch’entro ti rugge” e ho letto tutto quanto hai scritto in questi anni, animato come sei dal desiderio di scavare, elaborare, riflettere epistemologicamente e sistematicamente, vedentoti cozzare contro il muro di gomma della politica e dei sistemi di potere, anche in sanità, se penso solo per un attimo a “
te lo do io il cambiamento” mi domando come hai potuto illuderti che, offrendo il tuo disinteressato sapere, al cosiddetto governo giallo-verde sul terreno della politica della salute, avresti trovato ascolto.
Non voglio concludere che la tua passione guerriera rasenta don Chisciotte della mancia, ma come hai potuto solo per un attimo sperare che il cambiamento potesse derivare dal “vaffa e dalle ampolline del Po’. Ora in piena pandemia ci riprovi, anzi ci riproviamo, perché è un imperativo morale prima che politico, partire da questa dolorosa esperienza per mettere a fuoco ciò che non va e tentare di cambiarlo.
Però non fare l’errore di scagliarti contro i ministri, di turno che certo hanno responsabilità, ma dentro un sistema di condizioni date, e che oltre al sapere personale ci vuol ben oltre una legislatura per mutare e riformare profondamente le cose. Se come dici vuoi più sanità pubblica e più welfare porta al centro dei tuoi ragionamenti il macigno del nostro sistema fiscale che è la più grande iniquità con la sua montagna di evasione ed elusione, con tutto il paradosso delle detrazioni e poi chiediamoci cosa è il nostro universalismo e se è possibile recitare come una litania la teoria della gratuità per tutti: per reddito, per patologia, per assegno di accompagnamento, ecc. ecc. Il 2021 non potrebbe essere più diverso, da come è.
La spinta verso l'integrazione, il lavoro sistemico nei sistemi di cura ed assistenziali integrati, come potrà essere sostenuta se alla base non si rimuove questa grande ingiustizia nell’accumulazione e redistribuzione delle risorse?
Oppure, le sfide quotidiane della gestione delle risorse, del personale, dei vaccini, della ricerca, si riveleranno semplicemente lo spirito del Blitz efficientistico, che pur ci serve per domare la pandemia, evaporando con l'avanzare del 2021 quando le pressioni immediate di Covid si placheranno?
Oppure se non valga la pena giocare la carta, a partire dal Recovery Plan e dalle maggiori risorse economiche in campo, di lanciare la grande sfida di un piano strategico per la salute con cui a partire dall'esperienza del Covid-19, rimettiamo in discussione modelli, organizzazione, ruoli e funzioni per accelerare una migliore integrazione e collaborazione tra sistemi istituzionali, formativi, gestionali, organizzativi, riconoscendo che tutto ciò richiederà tempo e impegno per riqualificare il sistema salute e migliorare in questo modo, non la percezione, ma l’effettività di un diritto costituzionalmente protetto per tutti i cittadini?
Non sto proponendo una visione dell’organizzazione per l’organizzazione, di programmazione di corto respiro, non è un modo per incoraggiare il miglior funzionamento del sistema, ma so che per realizzare i cambiamenti avremo anche bisogno di una cultura di leadership e di uno stile più lungimiranti per guardare al futuro ed ai necessari cambiamenti.
So bene che affrontare l'arretrato, ridurre le disuguaglianze e fornire un cambiamento di sistema, ha bisogno di coinvolgere vasti settori del mondo della sanità, non solo gli opinion leader, ma innanzitutto il personale in tutti i settori della salute, ma anche della assistenza, il mondo delle associazioni scientifiche, l’università il mondo dell’associaziuonismo, del volontariato, dei diritti dei cittadini.
Ma ci sono alcune cose che solo il Governo ed il Parlamento possono fare: uno, reperire ed allocare le risorse superando il divario Nord/Sud non più tollerabile; due, un piano per la salute pubblica, all’altezza del postCovid; tre, la definizione di una diversa e più efficace collaborazione Stato Regioni.
C'è un'altra area in cui molti di noi sperano che il governo stabilisca presto la sua visione.
Il Covid-19 ha dolorosamente rivelato molte delle debolezze di vecchia data dell'assistenza sociale e forse più che mai la pandemia ha portato l'assistenza sociale, i suoi utenti e il personale sotto gli occhi dell'opinione pubblica con la problematica delle persone anziane fragili e non autosufficienti.
Ciò potrebbe costituire il trampolino di lancio verso la riforma fondamentale di cui l'assistenza sociale ha così disperatamente bisogno, per consentire al governo di adempiere ad un suo obbligo morale e politico verso la popolazione anziana ed il suo invecchiamento. Che risultato sarebbe poter scrivere il primo dell'anno 2022, congratulandosi con il governo, per aver finalmente risolto con una legge che attendiamo da anni il problema della non autosufficienza. Si può sperare?
Non so caro Ivan se si potrà fare e se saranno cose di sinistra, io al PD non mi sono mai iscritta, perché quel che è accaduto l’ho paventato fin dall’inizio. Senza un programma serio e condiviso di riforme per la società italiana e senza degli ideali comuni di riferimento è difficile costituire né un partito né una solida alleanza, perciò mi auguro che si riesca a ricostruire un profilo culturalmente avanzato delle forze di sinistra ed una alleanza delle forze di progresso che fin’ora non c’è. Amo il mio paese e gli ideali per cui per due terzi della mia vita mi sono battuta, uguaglianza, giustizia sociale e libertà e nonostante i miei 74 anni continuo a studiare sui numeri, sui dati economici.
Ti ricordi quando essendo io responsabile della sanità del PCI e tu nella CGIL mi dicevi: “ma tu devi trovare un pensiero nuovo oltre il fondo sanitario nazionale, le spese correnti o il conto capitale”. Ed io ti rispondevo: “tu sei il pensatore, dalla sociologia alla filosofia della scienza e quindi mi affido al tuo pensiero”.
Negli anni trascorsi, tutti per le nostre esperienze professionali e politiche abbiamo imparato ed appreso il mutare degli approcci e delle definizioni in economia, nelle scienze dell’organizazzione e nella medicina, nella complessità di sistemi sociali che alla soglia del terzo millennio si scompongono e ricompongono categorie sociali e modalità di approccio e rapporti, nelle strutture sociali, nel lavoro, nei comportamenti di vita; la digitalizzazione e le tecnologie informatiche ed assistive stravolgono le relazioni umane e risolvono questioni del tutto inedite, la salute e i suoi sistemi di governo sono con la pandemia al centro della bufera tra resilienza e cambiamento.
Da tempo ti sei cimentato con molti di questi problemi ti chiedo solo di non considerare la tua quarta riforma come palingenetica, né di pensare alla sinistra come salvifica da ogni male, ma di guardare anche ai piccoli passi che si possono fare nella direzione giusta, partendo da tre cose che io ritengo oggi nell’immediato fondamentali e necessarie: usare bene le risorse che ci provengono dal Recovery fund nella direzione di più ampi e articolati servizi salute per la comunità territoriale, investire nella formazione e ricerca, non solo nelle scienze mediche ma anche in quelle dell’organizzazione, nella pubblica amministrazione sanitaria, penso agli assessorati alla sanità che devono avere visione per programmare il futuro, e dotare il nostro personale sanitario di maggiore autonomia professionale, riconoscimento economico, iniziativa organizzativa.
Se si riuscisse a condensare in nuove regole e nuove armonie tra Stato e sistema delle autonomie, Regioni e Comuni, il raggiungimento di questi obiettivi, sarei molto contenta. Se vuoi chiamiamola quarta riforma.
Grazia Labate
Ricercatrice in pensione di economia sanitaria già sottosegretaria alla Sanità
Vedi gli altri interventi: Cavicchi, Bonaccini, Maffei, Rossi, Testuzza, Spada, Agnoletto, Zuccatelli, Mancin, Pepe, Asiquas, Giannotti, Agnetti, Gianni, Agneni, Panti, Turi, Palumbo, Vangieri.
08 aprile 2021
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