Covid. Al 31 gennaio un totale di 147.875 denunce di casi sul lavoro e 461 decessi. Nella sanità il 68,8% delle denunce e il 25,9% dei morti
Il dato registrato nel quadrimestre ottobre 2020-gennaio 2021, pari a oltre 92mila denunce di infortunio (numero peraltro destinato ad aumentare nella prossima rilevazione per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie), supera quello del trimestre marzo-maggio 2020 (50.502 denunce). IL NUOVO REPORT INAIL.
19 FEB - La seconda ondata di contagi da Covid-19 ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo e non solo per la presenza di un mese in più. Il quadrimestre ottobre 2020-gennaio 2021, con oltre 92mila contagi, incide infatti per il 62,3% sul totale delle infezioni di origine professionale denunciate all’Inail dall’inizio della pandemia, rispetto agli oltre 50mila casi registrati nel trimestre marzo-maggio 2020, pari al 34,2%.
A rilevarlo è il 13º report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto che, alla data dello scorso 31 gennaio, registra 147.875 denunce di infortunio sul lavoro da nuovo Coronavirus dall'inizio della pandemia, pari a circa un quarto delle denunce complessive di infortunio pervenute all’Inail dall’inizio del 2020 e al 5,8% dei contagiati nazionali totali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla fine di gennaio. I casi in più rispetto ai 131.090 del mese precedente sono 16.785 (+12,8%).
Oltre un quarto delle denunce in novembre. Le denunce sono concentrate soprattutto nei mesi di novembre (25,3%), marzo (19,2%), ottobre (15,9%), dicembre (15,1%), aprile (12,4%) e gennaio 2021 (6,0%), per un totale del 93,9%, mentre il rimanente 6,1% riguarda gli altri mesi del 2020: maggio (2,6%), settembre (1,3%), febbraio (0,7%), giugno e agosto (0,6% per entrambi) e luglio (0,3%), oltre alle 16 denunce del gennaio 2020. Come emerge anche da questi dati, nel periodo estivo tra la prima e la seconda ondata era stato registrato un consistente ridimensionamento del fenomeno, fino alla leggera risalita rilevata a settembre, che lasciava presagire la ripresa dei contagi che ha caratterizzato i mesi successivi.
Nell’aprile 2020 il 40,8% dei casi mortali. I casi mortali rilevati al 31 gennaio sono 461, circa un terzo del totale dei decessi denunciati dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al complesso dei deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa data.
L’aumento rispetto ai 423 casi rilevati al monitoraggio del 31 dicembre è di 38 casi, di cui 13 avvenuti a gennaio 2021, 16 a dicembre e sette a novembre 2020. I restanti due decessi risalgono a marzo e aprile. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire le informazioni non disponibili nei mesi precedenti.
A differenza del complesso delle denunce, i casi mortali sono concentrati soprattutto nella prima ondata dei contagi. Il 72,9% dei decessi da Covid-19 denunciati all’Inail, infatti, sono avvenuti nel trimestre marzo-maggio 2020, con un picco del 40,8% nel solo mese di aprile, contro il 24,3% del periodo ottobre 2020-gennaio 2021. I casi mortali riguardano soprattutto gli uomini (82,9%) e le fasce di età 50-64 anni (71,1%) e over 64 anni (19,1%).
Più contagiati tra le donne e nella fascia 50-64 anni. Il rapporto tra i generi si inverte prendendo in considerazione il complesso delle denunce. La quota femminile sul totale, infatti, è pari al 69,6% e sale al 70,4% per i casi avvenuti in gennaio. L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni (59 per i casi mortali). Il 42,1% delle infezioni di origine professionale denunciate riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,3%) e over 64 anni (1,8%).
L’86,0% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,0% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 20,9% dei contagiati stranieri), peruviani (13,5%), albanesi (8,0%), ecuadoregni (4,5%) e moldavi (4,3%). Concentrando l’analisi sui casi mortali, la quota dei lavoratori italiani sale all’89,8%, mentre la comunità straniera più colpita risulta essere quella peruviana (con il 19,1% dei decessi dei lavoratori stranieri), seguita da quelle rumena (12,8%) e albanese (10,6%).
Confermato il primato negativo del Nord-Ovest. Dall’analisi territoriale emerge una distribuzione delle denunce del 45,6% nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 27,1%), del 23,9% nel Nord-Est (Veneto 10,4%), del 14,2% al Centro (Lazio 5,9%), dell’11,8% al Sud (Campania 5,4%) e del 4,5% nelle Isole (Sicilia 2,9%). Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono quelle di Milano (10,5%), Torino (7,2%), Roma (4,7%), Napoli (3,8%), Brescia, Varese e Verona (2,7%), Genova (2,5%), Bergamo e Cuneo (2,0%). Milano è anche la provincia che registra il numero più alto di contagi di origine professionale nel mese di gennaio, seguita da Roma, Torino, Verona e Palermo.
Sono però le province di Fermo, Sud Sardegna, Campobasso, Lecce e Gorizia quelle che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione del mese precedente. Prendendo in considerazione i soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 48,9% (prima la Lombardia con il 35,4%), mentre il Sud con il 20,8% dei decessi (contro l’11,8% riscontrato sul complesso delle denunce) precede il Centro (14,3%), il Nord-Est (11,7% rispetto al 23,9% del totale delle denunce) e le Isole (4,3%).
Le province che contano più decessi dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo (9,5%), Milano (8,9%), Napoli (6,9%), Roma (6,1%), Brescia (5,6%), Cremona (4,1%), Torino (3,7%) e Genova (3,3%).
Nella sanità il 68,8% delle denunce e il 25,9% dei decessi. Tra le attività produttive, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto con il 68,8% del totale delle denunce e il 25,9% dei decessi codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,7% dei casi mortali.
Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), al secondo posto per numero di decessi con il 13,2% del totale, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il trasporto e magazzinaggio e le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e il commercio all’ingrosso e al dettaglio.
L’andamento del fenomeno nelle tre fasi della pandemia. Dividendo l’intero periodo di osservazione in tre intervalli – fase di “lockdown” (fino a maggio 2020 compreso), fase “post lockdown” (da giugno a settembre 2020) e fase di “seconda ondata” dei contagi (ottobre 2020-gennaio 2021) – si riscontrano significative differenze in termini di incidenza del fenomeno.
Per l’insieme dei settori della sanità, assistenza sociale e amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl - e amministratori regionali, provinciali e comunali) si osserva, infatti, una progressiva riduzione dell’incidenza delle denunce tra le prime due fasi e una risalita nella terza, comunque inferiore a quella osservata nella prima fase anche, probabilmente, per una migliore gestione del rischio (si è passati dall’80,4% dei casi codificati nel primo periodo al 54,7% del periodo giugno-settembre, per poi risalire al 77,7% nel quadrimestre ottobre-gennaio).
Viceversa l’incidenza di altri settori, con la graduale ripresa delle attività, in particolare nel periodo estivo, è aumentata tra le prime due fasi e si è ridotta nella terza. È il caso, per esempio, dei servizi di alloggio e ristorazione (passati dal 2,5% del primo periodo al 5,8% del secondo e al 2,4% del terzo) o i trasporti (passati, rispettivamente, dall’1,2% al 5,5% al 2,2%). Il decremento in termini di incidenza osservato nell’ultimo quadrimestre nei servizi di alloggio e ristorazione e nei trasporti non deve però trarre in inganno. A partire dal mese di ottobre in questi settori, come in tutti gli altri, il numero dei casi è aumentato sensibilmente. A diminuire è la loro quota sul totale, a fronte del più consistente aumento che caratterizza, sia in valore assoluto che relativo, la sanità.
Le professioni più colpite. Con il 39,2% delle denunce, l’82,7% delle quali relative a infermieri, e l’11,2% dei casi mortali codificati (il 68,0% infermieri), la categoria dei tecnici della salute è quella più coinvolta dai contagi.
Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,3% delle denunce (e il 5,1% dei decessi), i medici con il 9,2% (6,7% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 7,3% (3,3% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,8% (4,2% dei decessi). Tra le altre professioni spiccano quelle degli impiegati amministrativi, con il 3,9% delle denunce e il 10,7% dei casi mortali, degli addetti ai servizi di pulizia, dei conduttori di veicoli e dei direttori e dirigenti amministrativi e sanitari.
Fonte: Inail
19 febbraio 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi