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Covid. Il Vaticano: “Vaccinazione è un impegno morale”. E poi via libera a uso vaccini Covid anche se derivanti da cellule di feti abortiti 


"La moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune". La presa di posizione viene dalla Congregazione per la Dottrina della Fede che interviene anche in risposta a “diverse richieste di un parere sull’uso di alcuni vaccini contro il virus SARS-CoV-2, sviluppati facendo ricorso, nel processo di ricerca e produzione, a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso”. IL DOCUMENTO.

21 DIC - “Quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione”, è quanto scrive la Congregazione per la Dottrina della Fede del Vaticano in una nota a firma del prefetto della Congregazione Cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer e dal segretario Mons. Giacomo Morandi e approvata da Papa Francesco.
 
“La questione dell’uso dei vaccini, in generale, - si legge nel documento - è spesso al centro di insistenti dibattiti nell’opinione pubblica. In questi ultimi mesi, sono pervenute a questa Congregazione diverse richieste di un parere sull’uso di alcuni vaccini contro il virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19, sviluppati facendo ricorso, nel processo di ricerca e produzione, a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso. Nello stesso tempo, vi sono stati differenti pronunciamenti sui mass media di Vescovi, Associazioni cattoliche ed Esperti, fra loro diversificati e talvolta contraddittori, che hanno anche sollevato dei dubbi riguardo alla moralità dell’uso di questi vaccini”. 
 
“Non si intende giudicare la sicurezza ed efficacia di questi vaccini, pur eticamente rilevanti e necessarie, la cui valutazione è di competenza dei ricercatori biomedici e delle agenzie per i farmaci, ma soltanto riflettere sull’aspetto morale dell’uso di quei vaccini contro il Covid-19 che sono stati sviluppati con linee cellulari provenienti da tessuti ottenuti da due feti abortiti non spontaneamente”, sottolinea la Congregazione che ricorda come nei casi di utilizzazione di cellule procedenti da feti abortiti per creare linee cellulari da usare nella ricerca scientifica, “esistono responsabilità differenziate” di cooperazione al male”.
 
“Per esempio, nelle imprese, che utilizzano linee cellulari di origine illecita, non è identica la responsabilità di coloro che decidono l’orientamento della produzione rispetto a coloro che non hanno alcun potere di decisione”, prosegue la nota.
 
“In questo senso – affermano i due prelati - quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili (ad esempio in Paesi dove non vengono messi a disposizione dei medici e dei pazienti vaccini senza problemi etici, o in cui la loro distribuzione è più difficile a causa di particolari condizioni di conservazione e trasporto, o quando si distribuiscono vari tipi di vaccino nello stesso Paese ma, da parte delle autorità sanitarie, non si permette ai cittadini la scelta del vaccino da farsi inoculare) è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione”. 
 
“La ragione fondamentale per considerare moralmente lecito l'uso di questi vaccini – spiegano ancora i dirigenti della Congregazione - è che il tipo di cooperazione al male (cooperazione materiale passiva) dell’aborto procurato da cui provengono le medesime linee cellulari, da parte di chi utilizza i vaccini che ne derivano, è remota”.
 
E, sottolineano, “il dovere morale di evitare tale cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione, altrimenti incontenibile, di un agente patogeno grave: in questo caso, la diffusione pandemica del virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19”.
 
“È perciò da ritenere che in tale caso si possano usare tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci con coscienza certa che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti”.
 
“È da sottolineare tuttavia che l’utilizzo moralmente lecito di questi tipi di vaccini, per le particolari condizioni che lo rendono tale, non può costituire in sé una legittimazione, anche indiretta, della pratica dell’aborto, e presuppone la contrarietà a questa pratica da parte di coloro che vi fanno ricorso”, si legge ancora nella nota.
 
“Infatti – scrivono Ladaria Ferrer e Morandi - l’uso lecito di tali vaccini non comporta e non deve comportare in alcun modo un'approvazione morale dell’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti. Si chiede, quindi, sia alle aziende farmaceutiche che alle agenzie sanitarie governative, di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né a gli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi”.
 
“Nello stesso tempo – proseguono ancora - appare evidente alla ragione pratica che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria. In ogni caso, dal punto di vista etico, la moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune”. 
 
E infine, “un imperativo morale, per l'industria farmaceutica, per i governi e le organizzazioni internazionali”, quello “di garantire che i vaccini, efficaci e sicuri dal punto di vista sanitario, nonché eticamente accettabili, siano accessibili anche ai Paesi più poveri ed in modo non oneroso per loro. La mancanza di accesso ai vaccini, altrimenti, diverrebbe un altro motivo di discriminazione e di ingiustizia che condanna i Paesi poveri a continuare a vivere nell'indigenza sanitaria, economica e sociale”.

21 dicembre 2020
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