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Regionalismo differenziato. E adesso che succede?

di Ivan Cavicchi

Dopo l’ultimo Cdm, la partita è tutt’altro che scontata e molto dipende dalla fermezza dei propositi del M5S, dal senso politico di Salvini ma soprattutto dall’intelligenza, di un pensiero di mediazione attraverso il quale il valore dell’autonomia non sia distruttivo dei valori di solidarietà e di universalità

18 FEB - Ciò che sul regionalismo differenziato, sembrava ineluttabile e scontato, si è rivelato tutt’altro. Dopo l’ultimo Consiglio dei ministri, prevale a livello politico, quello che in medicina si definirebbe “desistenza terapeutica” cioè la sospensione di un qualche trattamento perché considerato tutto sommato problematico.
 
Ma la partita è tutt’altro che scontata molto dipende dalla fermezza dei propositi del M5S, dal senso politico di Salvini ma soprattutto dall’intelligenza, di un pensiero di mediazione attraverso il quale il valore dell’autonomia non sia distruttivo dei valori di solidarietà e di universalità.
 
Il modo di decidere
Non condivido l’ottimismo di maniera dei governatori secessionisti (Bonaccini: “Passo avanti ma intesa da trovare”. Fontana: “Avanti con ottimismo”. Zaia: “Pronti per ultimo miglio”), ma non perché penso che perderanno la loro guerra assurda (non ignoro il loro peso politico e meno che mai la complessità politica della partita) ma perché spero che più si allargherà la discussione e più le ragioni del regionalismo differenziato, saranno costrette a mediazioni destinate a cambiarle anche profondamente.
 
Il “colpo di stato” come per certi versi è il regionalismo differenziato, o il proverbiale “assalto alla diligenza”, o il semplice “colpo di mano”, è un atto prepotente per la conquista del potere a basso contenuto di democrazia ed ad alto contenuto di aggressività.
 
Queste cose o si fanno in un modo irresistibile cioè seguendo la via impositiva dei rapporti di forza, o rischiano di non essere più quello che pretendono di essere.
 
Il successo o l’insuccesso del regionalismo differenziato, alla fine dipende molto dal modo attraverso il quale la politica lo dovrebbe imporre o far accettare al paese.
 
Nel momento in cui la politica è costretta a rinunciare ai modi autoritari, per esempio accettando di fare la discussione parlamentare, la sua sorte è segnata.  Troppe sono le menzogne e le omissioni messe in giro per giustificare il regionalismo differenziato soprattutto la sua sotto-determinazione vale a dire lo sforzo di malafede dei suoi propugnatori di nascondere la tragedia che esso implicherebbe.
 
Nell’ultimo consiglio dei ministri con la posizione critica del M5S è mancata la condizione per fare il disastro quindi è mancata la condizione per imporre in modo fraudolento, al paese una contro riforma costituzionale senza precedenti.
 
La desistenza
Dopo l’ultimo consiglio dei ministri:
- il regionalismo differenziato subisce di fatto una battuta di arresto, dal momento che probabilmente non si deciderà niente di concreto   prima delle elezioni europee di maggio,
 
- dire, come ha detto il governo, che la cosa sarà lunga vuol dire che la cosa non sarà semplice e meno che mai scontata,
 
- il problema passa di mano, nel senso che diventa un meta-problema. Dalle ragioni tecniche dei ministeri (problema delle competenze) si passa al “vertice politico” proposto da Salvini,
 
- il regionalismo differenziato come super questione di Stato si riprende per intera la sua irriducibile complessità costituzionale, sociale etica politica,
 
- non si può dire “il regionalismo differenziato non è “niente altro che…” esso è soprattutto una controriforma dello Stato una secessione mascherata con forti caratteristiche eversive.
 
Non è un caso se viene finalmente fuori, soprattutto grazie al M5S, il problema dell’anti-costituzionalità che fino ad ora era stato rimosso in due sensi:
- il regionalismo differenziato dice il M5S è contro la Costituzione perché mettere i fabbisogni delle persone in relazione alle capacità fiscali delle regioni è anticostituzionale,
- espropriare il parlamento di una decisione che riguarda comunque una riforma della costituzione è anticostituzionale.
 
Il Parlamento, quindi, come è giusto che sia, si riprende grazie alla battaglia del M5S, per intero le proprie prerogative. Come deve essere. Non può darsi che su questioni tanto fondamentali che interessano gli assetti statuali, l’unità del paese, siano solo quatto gatti senza scrupoli a decidere. Come può la lega negare su una roba tanto strategica il dibattito parlamentare? Noi lo pretendiamo, i contro-riformatori d’assalto dicano al paese come stanno veramente le cose.
 
Una volta tanto vorrei compiacermi
Sul regionalismo differenziato sono due anni che scrivo facendo analisi anche piuttosto impegnative, martellando in modo ostinato quelli che in sanità sono i nostri interlocutori politici, prima fra tutti il ministero e il governo ma anche tutta la sanità intesa quale comunità.
 
Fin da quando Bonaccini con quel bravo ragazzo di Gentiloni, se ne è uscito con la sua “terza via al federalismo” avvertii la gravità e l’importanza, della questione, per cui dopo tanto predicare, non posso che compiacermi soprattutto di tre cose:
- della posizione politica unitaria e compatta del M5S che anziché subire l’iniziativa sovversiva di tre regioni senza scrupoli, ha messo in campo un report sui costi-benefici dell’autonomia regionale con il quale ha saputo confutare le ragioni alla fine di un leghismo di altri tempi che ormai non è più. Oggi senza l’opposizione del M5S con la sinistra ormai in disfacimento, il regionalismo differenziato sarebbe passato senza se e senza ma,
 
- della posizione del ministro Grillo finalmente chiara, ferma, coerente alla quale proprio su questo giornale avevo contestato posizioni incaute e confuse (brava ministro),
 
- della prudenza saggia di Salvini, colui che più di ogni altro è in difficoltà politica, perché si trova in mezzo ad un proto leghismo e la necessità di dare alla lega il respiro di un partito nazionale quindi la necessità di mantenere i suoi rapporti con il sud.
 
Salvini, il nuovo padre dell’universalismo?
Salvini ha dichiarato a sua volta una cosa importante “niente cittadini di serie A e di serie B”. Non si faccia l’errore di considerare questa posizione, per altro slogan di riferimento del M5S, come uno slogan di circostanza. Non si dimentichi che al contrario le tre regioni secessioniste vogliono al di la delle loro rassicurazioni ipocrite fare coscientemente cittadini id sera A e di serie B.
 
La loro proposta è quella di mettere scientemente a regime le disuguaglianze. Non si trascuri il fatto che per Salvini il sud resta il vero grande elettore senza il quale il suo peso politico nel paese resterebbe contenuto.  Per Salvini dire che non si possono fare cittadini di seria A e di serie B   vale come la necessità di trovare (impresa non facile) le soluzioni di compossibilità, quindi la rimozione di tutte le contraddizioni che esistono tra il regionalismo differenziato e i valori costituzionali, per fare in modo che l’autonomia sia davvero tale, cioè un valore, ma senza ledere in nessun modo i diritti delle persone, il valore dell’eguaglianza e della solidarietà e dell’unità del paese.
 
Secondo me Salvini, non può che proporsi come un garante dell’unità nazionale, un garante dell’attuale SSN, un garante del sud. Ma tutto dipende dal tipo di mediazione che sarà in grado di mettere in campo.
 
Naturalmente Salvini non può ignorare le ragioni delle regioni leghiste, per cui deve trovare il modo di dare loro l’autonomia evitando ogni autarchia, anche perché, come ho sempre detto, i problemi ci sono e non possono essere negati. Ho sempre detto che quello che è sbagliato è il modo secessionista di risolverli.
 
A questo punto Salvini per tenere tutto insieme dovrà definire una idea positiva di autonomia ma anche una idea discreta cioè equa di universalismo.
 
Quale autonomia?
L’autonomia in sanità, in medicina, è un valore nei confronti del particolare e della specificità, ma solo se essa è concepita come perfezionamento di valori universali. Giammai come la loro negazione. Cioè come equità. Senza una corretta autonomia non è possibile ad esempio fare una concreta giustizia nel paese o per un medico interpretare la singolarità di un malato, o per chiunque governare gradi alti di complessità o definire adeguate soluzioni organizzative. Ma in questi casi l’autonomia in nessun modo può essere fraintesa, come propongono il Veneto, la Lombardia, l’Emilia Romagna, in autarchia, in laissez faire, in arbitrio, in sopraffazione, in egoismo.
 
Quando queste ricche regioni propongono di curare i cittadini, non in base ai loro diritti ma in base al gettito fiscale, prodotto nei loro territori, non fanno un discorso di autonomia, ma come ho scritto più volte, di autarchia e di autoreferenza.
 
Vorrei ricordare che:
- autarchia vale come la condizione di un paese che mira esattamente come il Veneto e la Lombardia all'autosufficienza economica, nell'obiettivo di produrre sul territorio nazionale i beni che consuma,
 
- autoreferenza vale come il riferirsi a se stessi cioè una regione che con le proprie risorse provvede ai propri bisogni.
 
Siccome le risorse sono mie allora mi prendo la libertà di spenderle come voglio. In questa logica autarchica le regioni come ho scritto di recente, è come se si privatizzassero. Decide solo chi è padrone delle risorse (QS 11 febbraio 2019).
 
Ebbene a questa autonomia negativa Salvini, se vuole governare il problema del regionalismo differenziato, deve proporre, come dicevo, una autonomia positiva. Quasi inventarla.
 
Povero PD povera Emilia Romagna
L’ultimo pensiero, ma di pena e di compassione va al PD, all’Emilia Romagna al presidente Bonaccini e alle regioni rosse (Umbria, Toscana ecc) che si sono per conformismo amministrativo, accodate all’infame progetto.
 
Come è noto in questi giorni Renzi ma anche Zingaretti si è dichiarato contrario al regionalismo differenziato e questo di certo non ha fatto piacere al presidente Bonaccini e meno che mai ha ridotto la confusione che regna nel PD.
 
La posizione di Renzi non è per niente strumentale ma è del tutto coerente con il referendum del 4 dicembre 2016 che lui ha perso. Vi ricordate quando in campagna elettorale andava in giro a dire che con il suo referendum tutti i malati sarebbero stati curati alla stessa maniera e che le diseguaglianze nord/sud sarebbero state superate?
 
In quel referendum il tentativo di Renzi fu di contenere i danni fatti con la riforma del titolo V restituendo allo Stato più poteri anche al fine di ridurre il contenzioso enorme che la legislazione concorrente aveva creato.
Chi non è coerente è il presidente Bonaccini che non si rende conto di quale guaio storico ha combinato, e che quel referendum aveva sostenuto e promosso, e Gentiloni che in modo del tutto arbitrario, inopinato e irresponsabile, senza nessun mandato, nessuna discussione, di fatto ha dato la stura a questa cosa mostruosa che nega la sinistra e che è il regionalismo differenziato.
 
Nel film “Master e Commander, sfida ai confini del mare” un pennone e un marinaio della “Surprise” cadono in mare durante la tempesta. Rimanendo impigliati nelle funi c’è il rischio di mandare a fondo la nave. La subitanea decisione del capitano Jack Aubrey, è tagliare le funi e liberarsi del pennone sacrificando, per il bene di tutti, il marinaio.
 
La sinistra, in particolare il PD, rispetto alla sanità, se vuole tornare ad essere sinistra deve tagliare le cime con il pensiero contro-riformatore che è nato in questi anni al suo interno.
 
Nello stesso tempo deve chiedersi perché una regione come l’Emilia Romagna con una gloriosa storia riformatrice, sia arrivata a sostenere politiche tanto sovversive come il regionalismo differenziato? Perché i metalmeccanici hanno aperto la porta al welfare aziendale? Perché le regioni di sinistra sono tra le prime sostenitrici della fungibilità e della flessibilità dei ruoli professionali? O perché gli amministratori di sinistra adorano la “medicina amministrata” che ammazza la professione medica? O perché in 40 anni non siamo stati capaci di mettere per davvero al centro della strategia  la prevenzione delle malattie? O riformare la medicina generale, o adeguare il modello di ospedale alla nostra società? O perché per fare della profilassi non abbiamo saputo fare altro che imporre alla gente 10 vaccini trattandola come un gregge di pecore? O perché per gestire la sanità abbiamo dovuto copiare un modello di azienda dal settore manifatturiero pur sapendo che la sanità non produce scarpe? E ora copiando dalla contabilità industriale proponiamo i costi standard?
 
Probabilmente si scoprirà che tutto nasce perché la sinistra da anni ha smesso di essere sinistra cioè ha smesso di avere un vero pensiero riformatore e perché alla fine la sinistra ha deciso di amministrare questo mondo rinunciando all’idea di poterlo cambiare diventando schiava dell’economicismo fino a fare della sostenibilità una ideologia.
 
Un tentativo di sinistra di governare la sostenibilità è stata, nel 99, la razionalizzazione, la riforma della grande Rosy, ma essa, dobbiamo dire, che a distanza di 20 anni esatti, si è ridotta di fatto ad una forma di amministrativismo tecnocratico, lasciando sopravvivere tutte le profonde anti-economicità e diseconomie del sistema e soprattutto lasciando intatte le sue grandi invarianze culturali. Quindi una riforma, concepita da bravi tecnocrati e bravi amministratori messa in campo per difendere la natura pubblica del sistema, ma solo di superfice. Intesa solo per amministrare uno status quo.
 
Insomma alla radice del regionalismo differenziato c’è la vecchia questione del “riformista che non c’è” . Oggi come ieri e probabilmente come domani, abbiamo il problema della sostenibilità perché abbiamo riformato troppo poco e non sempre nei modi adeguati. La sostenibilità irrisolta è il tiranno che spiega tra le tante altre cose la crisi della sinistra in sanità.
 
Giulia Grillo e il popolo della sanità
Il 23 febbraio al teatro Argentina alle ore 930 si svolgerà la riunione delle federazioni e degli ordini nazionali delle professioni, cioè del popolo della sanità. Essa vale come una manifestazione nazionale della sanità contro il regionalismo differenziato. Io ci sarò ma non solo perché in quel teatro ci sarà la mia gente, ma perché oggi più che mai è un dovere di civiltà per chiunque di noi difendere l’integrità del SSN. Per noi i malati sono sacri, per noi tutti i malati sono uguali, in quel teatro noi andiamo soprattutto per loro. Il regionalismo differenziato è un pensiero disumano, è per combattere questa disumanità oscurantista, che oggi va difeso il SSN.
 
Noi siamo per l’uomo il regionalismo differenziato è contro l’uomo per questa semplice ragione per noi la sanità è indevolvibile (QS 24 settembre 2018).
 
Venga il ministro della salute a parlare con il proprio popolo, venga a mettersi alla sua testa, venga ad ascoltare le sue ragioni, venga a restituirgli la dignità che merita . Venga ministro, vieni Giulia, a lottare con noi contro l’ignominia dell’inganno della stupidità e dell’egoismo, nel primario interesse del nostro paese di questo governo ma soprattutto dei nostri diritti.
 
Ivan Cavicchi

18 febbraio 2019
© Riproduzione riservata


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