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Cure dentali cenerentola del servizio pubblico. Poche possibilità di assistenza nel Ssn e anche molte assicurazioni e fondi negano il dentista. Non resta che pagarsele da soli. I dati Istat


Piatto forte di molti programmi elettorali, le cure dentali sono spesso vittime della crisi. E chi ha problemi di denti e non vuole trascurarli è costretto a rivolgersi comunque al settore privato e pagare di tasca propria. Spesso senza rimborsi perché la maggioranza di assicurazioni e fondi integrativi non coprono questo tipo di assistenza. Il dato lo ha fornito l’Istat in occasione del rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'UE. 

15 GEN - Odontoiatria pubblica: molti ne parlano (specie in campagna elettorale, dalle dentiere gratis del primo Governo Berlusconi in poi), ma nessuno la tocca.
Nel senso che chi ha problemi con i denti alla fine fa parte del gruppo annunciato delle persone che rimandano/rinunciano alle cure che non essendo possibile avere come le altre nel pubblico si dovrebbero pagare di tasca propria e non tutti, specie con la crisi, ce la fanno. E chi ha problemi di denti e non vuole trascurarli è costretto, almeno finora, a rivolgersi comunque al settore privato, pagare di tasca propria. Spesso senza rimborsi perché la maggioranza di assicurazioni e fondi integrativi non coprono questo tipo di assistenza.
 
Il dato c’è e lo ha fornito l’Istat a fine ottobre 2017 in occasione del rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'Unione europea, dove un capitolo delle tabelle pubblicate sulle prestazioni è dedicato alle cure di dentisti, ortodonzisti e igienisti dentali. 
 
Col primo risultato che salta subito agli occhi che nella fascia oltre 15 anni di età si sono rivolti a una struttura pubblica l’11,7% degli individui, a una struttura privata convenzionata o a un libero professionista l’86,9% e 80% ha pagato di tasca propria e senza rimborsi  di alcun tipo.
 
A Bolzano il pubblico va per la maggiore con il 27,7%, seguito da Trento con il 19,5%, mentre il privato è al 96,5% in Valle d’Aosta seguita al 94,2% dalla Basilicata. I maggiori “pagatori” sono ancora in Valle d’Aosta (88,7%) e in Abruzzo (86,8%).   
 
Nela fascia over 65 – quella che secondo molti sarebbe la più bisognosa, tanto che le “dentiere gratis” erano promesse a loro - al pubblico si sono rivolti il 9,5% degli individui, ha provato convenzionati e liberi professionisti l’88,8%  e l’81,6% ha pagato da sé senza alcun tipo di rimborso.
 
E l’Istat non riporta percentuali delle singole Regioni per questa fascia di età per il servizio pubblico giudicandole “scarsamente rilevanti”, come se per gli over 65 il servizio pubblico proprio non esistesse, mentre si rivolge a strutture convenzionate e/o liberi professionisti il 97,3% degli over 65 in Basilicata e il 95,6% in Valle d’Aosta. A pagare di tasca propria sono di più gli abitanti dell’Emila Romagna (91%) seguiti da quelli di Trento e Umbria (90,1%).
 
Gli interventi più richiesti riguardano nella fascia di età dai 15 anni in su, ma anche in quella degli over 65 riguardano le visite di controllo (rispettivamente 79,9 e 68,6%), seguite nella fascia oltre 15 anni dalle ricostruttive dentali (36,5%; si tratta di devitalizzazione o cura canalare, otturazione delle carie, pulizia dei denti), mentre tra gli over 65 sono le cure parodontali.
 
Livelli di istruzione più bassi riportano un maggior ricorso alle cure dentali pubbliche. Dato evidentemente confermato analizzando la situazione per reddito dove chi ricorre di più al pubblico sono gli appartenenti al primo quintile, chi meno quelli del quinto. Anche se in realtà la differenza percentuale non è fortissima: si va nella fascia di maggior frequenza dal 51,2% del primo quintile al 39,1% del quinto e in quella di minore frequenza si invertono i termini e meno di un anno dall’intervista hanno fatto ricorso alle cure dentali il 34,2% del primo quintile e il 55,8% del quinto.
 
Infine poche le dentiere (apparecchi correttivi: dentiera/protesi mobile, ponti, corone, capsule o impianti): l’Istat, data l’esiguità dei numeri, ne parla solo per area geografica. E così da 15 anni in su il valore è del 5%, mentre negli over 65 del 2,7 per cento. E le aree dove vanno per la maggiore sono comunque quelle più densamente popolate e nel Sud.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


15 gennaio 2018
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