Slow Medicine: a chi giova confondere le acque?
di Antonio Bonaldi
Negli ultimi giorni, a firma di Ivan Cavicchi e Giancarlo Pizza, sono stati pubblicati su QS una serie di articoli che presentano Slow Medicine in modo assolutamente distorto. Per questo motivo abbiamo ricevuto numerose reazioni di dissenso da parte dei nostri associati. Per correttezza di informazione e per rispetto delle nostre idee e delle persone che credono nel nostro movimento, ecco le nostre riflessioni
26 APR - A cinque anni dalla fondazione di Slow Medicine, cinque anni trascorsi lavorando molto, senza che si accendessero le luci della ribalta - cosa a cui del resto nessuno di noi teneva - improvvisamente si parla molto di noi.
Quando diciamo noi intendiamo non solo i fondatori e i soci, ma tutti i professionisti, i cittadini, i pazienti che fin dall’inizio si sono riconosciuti nella nostra idea di cura sobria rispettosa e giusta. Sono le persone che hanno letto il libro in cui esponevamo gli elementi fondanti del pensiero di Slow Medicine (Slow Medicine: perché una medicina sobria rispettosa e giusta è possibile, edizioni Sperling & Kupfer 2013) e i nostri articoli successivi, che ci hanno incontrato nei convegni, nei seminari, nelle piazze, che seguono Slow Medicine attraverso il gruppo Facebook e ci scrivono, condividono le loro difficoltà e le loro esperienze, esprimono la speranza che un movimento come il nostro cambi finalmente qualcosa nel complesso mondo della sanità e partecipano di persona a questo cambiamento.
È per rispetto all’impegno e all’onestà intellettuale di tutte queste persone che non riteniamo accettabile la diffusione sistematica, ripetitiva, invadente di un’immagine di Slow Medicine che non riconosciamo. Con termini più o meno irridenti e provocatori ci vengono attribuiti obiettivi che abbiamo sempre dichiarato di considerare sbagliati e dannosi, logiche riduzioniste e medico-centriche che non hanno nulla a che fare con la logica sistemica a cui abbiamo sempre fatto riferimento, intenti economicistici che le parole chiave del nostro manifesto - medicina sobria rispettosa e giusta - e tutto ciò che abbiamo scritto, affermato e fatto in questi anni escludono radicalmente.
Alla base di tutti i progetti che Slow Medicine ha finora lanciato, a cominciare da Fare di più non significa fare meglio - Choosing Wisely Italy, è sempre stata posta la collaborazione e l’alleanza tra professionisti sanitari e cittadini, per rendere comprensibile e condivisibile, non imposto dall’alto, l’obiettivo di una cura più sobria, rispettosa e giusta per tutti. Nulla che somigli alla “medicina amministrata” a fini di risparmio, ma al contrario, assunzione di responsabilità da parte dei medici e degli altri professionisti per arrivare a scegliere insieme al paziente, con attenzione e con saggezza condivise, la cura più adatta alla singola persona, tenendo conto del rapporto tra benefici e possibili danni e delle preferenze individuali.
In un recente articolo ho scritto:
“Da qualche decennio a questa parte ci stiamo accorgendo che questa strada (quella del riduzionismo, dello studio separato di organi, cellule, molecole e proteine, presi singolarmente e studiati da specialisti di settore
) rappresenta solo la metà del cielo. È sempre più evidente, infatti, che nulla succede in modo isolato. Viviamo in un mondo straordinariamente complesso, dove ciascuno di noi è un soggetto unico e imprevedibile immerso in un groviglio di relazioni, connessioni e legami apparentemente indecifrabile, ma da cui dipendono il nostro modo di essere, le nostre decisioni, la nostra salute fisica e psichica”. (
Genova Medica, marzo 2016)
Slow Medicine è questo fin dall’origine; come scrive
Giorgio Bert sul gruppo Facebook SlowMedicine Italia:
“la nostra storia è sistemica, centrata sulla complessità, sulla medicina narrativa, sulle medical humanities, sul dubbio, sull'incertezza, sulla curiosità per l'ignoto, sulla relazione di cura, sul rispetto, sulla giustizia”. Niente che somigli all’immagine ottusamente amministrativistica che viene diffusa in questa escalation mediatica antislow.
Viene da chiedersi a chi o a che cosa giovi attribuire a Slow Medicine proprio quei vizi del sistema che abbiamo deciso di mettere in discussione con decisione e rigore: il disinteresse per i pazienti, le logiche verticistiche, l’omologazione degli interventi a linee guida prescrittive e rigide. Non abbiamo mai proposto nulla del genere, ma allora perché insistere in questa direzione? Quali sono gli interessi che stiamo disturbando? Chi ha da guadagnare dal tentativo di stravolgere la voce di Slow Medicine?
Forse la risposta l’avevamo già prevista nelle prime pagine del libro Slow Medicine:
“Il cambiamento che propone Slow Medicine parte dal recupero di un atteggiamento critico e anticonformista nei confronti della medicina, senza che questo si traduca in un rifiuto cieco e ostinato di tutto ciò che la medicina scientifica propone. Chiede a tutti più attenzione e più vigilanza, più capacità di verifica delle informazioni, più controllo attivo. Ma anche più impegno nella ricostruzione di un confronto e di una collaborazione fra professionisti sanitari e cittadini. Parliamo di cittadini consapevoli e informati e di professionisti seriamente preparati sul piano clinico e seriamente capaci di utilizzare la comunicazione come strumento della cura. Questa è la base di una cura condivisa e slow”.
Attenzione, vigilanza e consapevolezza per la salvaguardia della salute (non solo per il controllo della malattia) sono una minaccia solo per chi ha interessi economici da salvaguardare, per chi cerca di medicalizzare ogni aspetto della vita, anche attraverso goffi tentativi di creare nuove malattie, per chi mostra disinteresse verso i seri pericoli per la salute (quotidianamente denunciati dalla letteratura medica più qualificata) di un utilizzo inappropriato di prestazioni sanitarie e per chi vuole mantenere i cittadini in una condizione di incertezza e di incapacità decisionale, favorendo un clima di sospetto, di complotto, di sfiducia di tutti nei confronti di tutti.
La nostra proposta è e rimane la maggiore condivisione delle conoscenze, l’assunzione di responsabilità da parte dei professionisti, la partecipazione alle scelte di cura individuali e collettive, lo svelamento delle inefficienze, degli sprechi e delle iniquità nella gestione e nella distribuzione delle risorse e dei servizi. Noi continueremo a lavorare in questa direzione con tutti coloro che vorranno unirsi a noi nel coraggioso tentativo di promuovere un modo nuovo di intendere la salute e di praticare la medicina.
Antonio Bonaldi
Presidente di Slow Medicine
26 aprile 2016
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