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Sangue cordonale. Quasi sei genitori su 100 decidono di donarlo. Il report del Cns


Le unità raccolte dai 320 centri, ammontano a 19.459, cioè il 5,75% dei futuri genitori ha scelto di dare il consenso alla donazione. Il sangue cordonale continua ad essere una fonte considerata nelle strategie di ricerca del donatore da parte dei centri trapianto, ma rappresenta la seconda o terza scelta. E con la ‘spending review’ possibili accorpamenti dei centri. IL RAPPORTO

11 MAG - Nel corso del 2014 sono 338.549 i parti effettuati nei centri di raccolta afferenti alla Rete Italiana delle Banche di sangue cordonale (ITCBN),  pari al 66,5% di quelli avvenuti in Italia, che l’Istat stima essere 509.000, ovvero la copertura nazionale delle strutture in cui è possibile donare il sangue cordonale in maniera solidale, è pari ai ¾ del territorio. Le unità raccolte dai 320 centri, ammontano a 19.459, cioè il 5,75% dei futuri genitori ha scelto di dare il consenso alla donazione ed è stato possibile tecnicamente effettuare il prelievo senza ostacoli di natura clinica/organizzativa.
 
Il Report elaborato dal CNS sul Network Italiano delle 19 Banche, ci restituisce una fotografia del Sistema Italia con un inventario che aumenta di 1738 unità, portando il patrimonio complessivo a 34.775 unità caratterizzate (tipizzate a livello immunologico) e 3662 non caratterizzate, ma  che si rinforza in termini di qualità, adeguandosi alle soglie del banking internazionale che a partire dal 2011 hanno imposto una  cellularità minima per il bancaggio di 1,2 miliardi di cellule staminali nucleate. Questo si è tradotto, da una parte in una stabilizzazione dell’indice tra unità bancate su raccolte attorno al 9% (l’anno scorso era stato pari al 9,6) , ma di converso, ha incentivato le ricerche verso utilizzi alternativi delle unità non idonee al trapianto, che trovano collocazione presso le banche cordonali, dove sono in corso trials clinici sull’uso di emocomponenti ad uso topico, ottenuti dal sangue cordonale, in medicina riparativa (gel piastrinico o collirio), quale la cura di ulcere da piede diabetico, ulcere cutanee nei bambini affetti da epidermolisi bollosa (malattia congenita rara),  lesioni corneali.
 
E’ più o meno stabile il numero delle unità cordonali della rete italiana rilasciate per trapianto (69 nel 2014 vs 72 del 2013), ma cresce la richiesta dall’estero, indicatore di apprezzamento della rete trapiantologica internazionale per la qualità del nostro patrimonio di unità cordonali. Nel giro di 20 anni i trapianti con le unità cordonali della rete italiana sono decuplicati, dai 7 del 1995, quando il trapianto di cellule staminali da questa fonte era ancora all’inizio e in Italia era attiva solo la Banca di Milano,  fondata nel 1993, una delle prime nel mondo insieme a quelle di New York, Dusseldorf e Barcellona, ad effettuare la procedura.
 
“Negli ultimi due anni – si legge nel comunicato del Centro nazionale sangue - , è indubbio, osservando i dati, che l’utilizzo del sangue cordonale come fonte di CSE ha subito una flessione in favore del midollo osseo/sangue periferico ottenuto da donatore familiare aploidentico (madre soprattutto, padre, fratello) anche in virtù di risultati scientifici confortanti. Il sangue cordonale continua ad essere una fonte considerata nelle strategie di ricerca del donatore da parte dei centri trapianto, ma rappresenta la seconda o terza scelta. Questo andamento non può considerarsi definitivamente consolidato perché ancora i risultati del trapianto aploidentico sono sotto osservazione e il follow-up dei pazienti trattati è corto. In ogni caso è fondamentale migliorare sempre di più la qualità (cellularità) e il livello di tipizzazione delle unità cordonali raccolte e bancate per rendere questa fonte di CSE maggiormente efficace in termini di rapidità dell’attecchimento e risultato complessivo del trapianto. Infatti, dal momento che il principale vantaggio di questa fonte di CSE, è a tutt’oggi la ridotta incidenza di GVHD (malattia verso l’ospite) e quindi la possibilità di effettuare trapianti semicompatibili, il progetto di riqualificazione delle banche e del proprio inventario, prevede la raccolta di unità con cut off ancora piu appetibile (2.5 x  109)”.
 
“Inoltre – prosegue la nota - , un aspetto su cui la rete sta cercando di investire è il banking delle minoranze etniche mediante programmi di educazione e sensibilizzazione dedicati agli immigrati presenti sul nostro territorio provenienti dalle razze o miscugli razziali noti per la  maggiore frequenza di aplotipi rari (Africani, Afro-americani, Asiatici del SUD etc). Quanto al tema della qualità, Il FACT rappresenta lo standard di riferimento professionale di valenza internazionale. Il processo di accreditamento sulla base di questo standard è un processo volontario e oneroso per le banche. La maggior parte delle banche della rete italiana  sta intraprendendo questo percorso e 4 di esse (Milano, Pavia, Bologna e Treviso),  lo hanno portato a termine. In ogni caso tutte le banche della rete italiana hanno completato le verifiche di conformità istituzionali, condotte da CNS e CNT, sulla base di requisiti minimi e linee guida, approvati con specifici accordi Stato/Regioni, che ripropongono standard operativi di pari qualità e sicurezza di quelli del FACT. Tale accreditamento istituzionale è riconosciuto anche dal registro NMDP (Stati Uniti)  e consente alle banche italiane di esportare le proprie unità negli Usa, che peraltro sono i maggiori utilizzatori delle unità cordonali italiane. Pertanto, i livelli di qualità e sicurezza per i cittadini sono garantiti dalla regolare verifica (su base biennale) da parte delle istituzioni”.
 
 
“In tempi di “spending review”, - conclude il comunicato del Cns -  la rete si sta interrogando sulla sostenibilità per il sistema sanitario di un numero così elevato di banche e sta condividendo strategie di accorpamento delle attività che gravano maggiormente sui costi di gestione di una banca. Il processo è graduale e deve necessariamente coinvolgere i governi delle singole regioni favorendo da parte loro una programmazione attenta al soddisfacimento dei fabbisogni dei cittadini ma nello stesso tempo compatibile rispetto alle risorse disponibili”.

11 maggio 2015
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