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Il "crac" della sanità. Inchiesta dell'Espresso con i nuovi dati del Rapporto della Bocconi: "Sanità in ginocchio in più della metà del Paese"

di Giovanni Rodriquez

L’austerità ha rimesso in gran parte i conti in ordine ma ha creato una crescente inadeguatezza dei servizi. Per la prima volta, la denuncia del fallimento della gestione economicistica della sanità arriva dall'anticipazione del Rapporto Oasi Cergas Bocconi. Tagli a fondi e posti letto. Attenzione ai bilanci più che all'assistenza. Ecco il quadro nel reportage di Daniela Minerva

17 GEN - E' di questi giorni la cronaca riguardante la situazione di caos all'Ospedale San Camillo di Roma, con barelle posizionate lungo i corridoi o addirittura materassi messi a terra per accogliere i pazienti a causa della penuria dei posti letto. Un situazione di tilt che non è certo unica. Anche cambiando latitudine e spostandosi alla periferia di Milano, lo scenario che incontriamo non si discosta di molto da quello di un girone dantesco. E' quanto riportato da un'inchiesta pubblicata da L'Espresso, a firma Daniela Minerva.
 
Dopo aver trascorso una notte al Pronto soccorso dell’ospedale San Carlo di Milano, le scene descritte sono le stesse: non solo una situazione di caos e promiscuità tra pazienti, mancanza di privacy, dovuta all'assenza di spazi per accogliere queste persone, ma, soprattutto, quello che viene sottolineato è l'identikit di chi si trova a passare ore, se non intere giornate, nel Pronto Soccorso. Non basta infatti la sola riduzione a livello nazionale di posti letto a spiegare l'attuale caos dei nosocomi italiani, c'è anche la mancanza di quelle famose risposte sul territorio di cui si parla da decenni ma che ancora non si concretizzano. Ed ecco quindi che, a presentarsi nei triage dei PS, non sono i classici casi da "medicina di urgenza", quanto piuttosto un gran numero di anziani che, in mancanza di altri posti dove farsi controllare, occupano in maniera 'indebita' quegli spazi rimanendo risucchiati in quel calderone di gente per ore ed ore. Vi sono anziani con una banale influenza o in stato confusionale, dovuto magari a una caduta da niente che non ha ferito il corpo ma spiazzato la mente, o ancora quelli che non riescono ad essere adeguatamente gestiti dai familiari e che vengono 'parcheggiati' nei Pronto Soccorso.
 
Quello che si sottolinea nell'inchiesta è come, oltre al danno ai pazienti che si trovano costretti a restare in condizioni troppo spesso umilianti, in questo modo si continua a perpetrare un ingente sperpero di risorse pubbliche: basti pensare che un letto costa oltre 1.000 euro al giorno. Nell'inchiesta, poi, vengono presentati in anteprima anche i dati contenuti nel Rapporto Oasi del Cergas Bocconi 2014. E qui emerge, ad esempio, come il grado di soddisfazione per le prestazioni offerte dal Servizio sanitario nazionale, oscilla molto a seconda delle aree geografiche cui si fa riferimento: possiamo quindi vedere come, mentre il 60,8% dei cittadini del Nord Est ritiene che il servizio pubblico offra tutte le prestazioni di cui si ha bisogno, alla stessa domanda, rispondono in maniera speculare solo il 34,5% dei cittadini del Sud e delle Isole. In totale, a livello nazionale, il 44,8% si ritiene soddisfatto dei servizi cui può usufruire, il 41,2% pensa che vengano coperte dal pubblico solo le necessità essenziali mentre per il resto si è costretti a rivolgersi al privato e, infine, 14% definisce insufficiente la copertura di cui può godere.
 
Tornando alla nottata trascorsa al San Carlo di Milano, si nota come causa della situazione sia anche il fatto che le strutture assistite sono pochissime e strapiene, come lo sono gli stessi reparti, ingolfati spesso perché costretti a tenersi i malati ben oltre il tempo necessario alla terapia ospedaliera. Perché? Non è una questione di semplice spreco o impeizia, è che non sanno dove mandarli per le cure che devono comunque fare. I tagli, si legge nell'articolo de L'Espresso, hanno spazzato via molte strutture, magari sprecone e da riformare, che però servivano a questi pazienti postacuti.
 
E se il cronista finisce per arrivare ad "odiare" gli infermieri presenti per i loro modi bruschi nell'approcciarsi ai pazienti resta il fatto, come si evince dallo stesso articolo, che tutto quel carico di lavoro e sofferenza pesa su gente che guadagna meno di 1500 euro al mese, che ha subìto ristrutturazioni e tagli, che deve sopportare turni di lavoro fuori dal comune e che non viene mai e poi mai coinvolta nel governo dell’ospedale.
 
Allargando il campo visivo, non si può tacere che tutto questo avviene in un settore che, dal 2011 ad oggi, è stato soggetto a tagli per 30 miliardi e, come se non bastasse, centinaia di operatori andati in pensione non sono mai stati sostituiti a causa del blocco del turnover. L'ultimo a provarci, a tentare di dar via a quel processo di medicina del territorio che potrebbe dar sollievo a quella polveriera che sta diventando la quotidianità degli ospedali, è stato l'ex ministro della Salute, Renato Balduzzi, con il suo decreto che ad hoc che, però, non prevedendo fondi per dare il via a questo processo, è rimasto ovunque inattuato.
 
Dal Rapporto Oasi della Bocconi emerge chiaramente che mezz’Italia è sanitariamente al crack: l’austerità ha rimesso in gran parte i conti in ordine ma ha creato una crescente inadeguatezza dei servizi. La buona notizia, però, c’è. Ed è nella legge di stabilità: per la prima volta dal 2011 il Fondo sanitario cresce. Cresce di quei 2 mld dovuti alla mancata entrate in vigore dei ticket dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale. O almeno, così ha dato rassicurazioni a più riprese il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Anche passando in rassegna il processo di spending review che dovrà essere portato avanti dal Commissario Cottarelli, ci sono state rassicurazioni circa il fatto che i fondi risparmiati saranno reinvestiti all'interno del Ssn.
 
C'è però da dire che, per la prima volta, è proprio il dossier degli economisti della Bocconi a indicare il disastro della gestione economicistica della sanità. A partire dagli effetti dei cosiddetti Piani di rientro imposti alle regioni con deficit (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia). I bocconiani hanno fatto i conti e misurato che "il disavanzo annuale del Ssn è notevolmente ridimensionato, sceso dall 17,3% del 2011 allo 0,9%. E questo anche perché scende il deficit sanitario delle regioni con Piano di rientro. Ma tutto questo non trova però corrispondenza sul piano della capacità di rispondere ai bisogni ed erogare servizi. I Piani di rientro, spiegano gli economisti, non sembrano sin ora stati capaci di attivare processi di positiva evoluzione organizzativa. In sintesi, dovendo rientrare dagli enormi debiti, le Regioni hanno iniziando ad aumentare le tasse locali e sforbiciare i servizi, in modo non proprio mirato. Quindi i conti sono migliorati, ma lariorganizzazione dei servizi non c'è stata e, anzi, questi sono peggiorati.
 
L’austerità ha fatto molto più male nelle Regioni del centro-sud, al punto che oggi il nostro è il Paese con maggiore disparità territoriale in Europa, in materia di sanità.
I dati Oasi mostrano che i ricoveri degli over65 sono ben oltre le esigenze reali, con una media che, dal 2006 al 2011, è passata dal 4,6 al 4,8. In controtendenza, invece, i ricoveri inefficienti che, migliorando un po' ovunque, passano dal 44,9% del 1998 al 31,9%% del 2011.
 
Nelle more di tutto questo, infine, gli amministratori che si trovano di dar seguito al mandato di ridurre ulteriormente i posti letto, passando ad una media di 3,7 per mille abitanti, e di riorganizzare la rete ospedaliera, si trovano di fronte ad un paradosso ben esemplificato dal 'caso' Lombardia. La Giunta Maroni dovrebbe chiudere 170 piccoli ospedali perché la riorganizzazione nazionale chiede di eliminare quelli con meno di 120 letti. Ma se ciò accadesse, la regione finirebbe con l’avere solo 2,59 posti per mille abitanti, ben al di sotto di quanto posto come obiettivo dallo stesso decreto. 
 
Giovanni Rodriquez

17 gennaio 2014
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