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Costi standard. Cgil: "Non diventino un alibi per nuovi tagli alla sanità"

di Stefano Cecconi

Utilizzare bene il benchmark tra Regioni. Ma ai fini della qualità e del miglioramento del servizio. L’uso strumentale dei costi standard serve solo a “giustificare” i tagli alla sanità, il cui finanziamento è invece largamente insufficiente ad assicurare i Lea

31 LUG - Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha trasmesso alla Conferenza delle Regioni il documento che indica le cinque “migliori” regioni nel Servizio Sanitario Nazionale (Umbria, Emilia-Romagna, Marche, Lombardia e Veneto). Tra queste saranno scelte le tre ''benchmark'' per fissare fabbisogno e costi standard in sanità. Il documento illustra come si è arrivati ad individuare le cinque regioni standard. Si apre ora il confronto tra Governo e Conferenza delle Regioni.
 
Il documento del Ministero, interpretando le norme vigenti (in primo luogo il D.Lgs 68/2011 articolo 27 sul federalismo in sanità), utilizza una serie di indicatori - sul bilancio economico finanziario e sui Livelli Essenziali di Assistenza - per assegnare un punteggio (tramite l’I.Q.E.: Indicatore per la Qualità e l’Efficienza) alle Regioni, elaborando così una classifica che tenta di tenere insieme conti economici e quantità/qualità dell’assistenza offerta ai cittadini.
Nessuna delle regioni indicate è del Sud, nonostante il D.Lgs 68/2011 preveda di “garantire una rappresentatività in termini di appartenenza geografica al Nord, al Centro e al Sud …” (art. 27 comma 5).
 
Come avevamo già segnalato in altre occasioni, la valutazione sul bilancio economico è preponderante, mentre quella sui LEA risente ancora di una visione “ospedalocentrica” dell’assistenza sanitaria (nella valutazione prevalgono gli indicatori sull’assistenza ospedaliera, mentre gli indicatori sulla prevenzione e sull’assistenza distrettuale sono ancora poco definiti).
 
Ma soprattutto, ora è importante utilizzare bene il benchmark: non tanto per fissare improbabili “costi standard” da cui far discendere il fabbisogno di finanziamento di ogni singola regione. I criteri di riparto del finanziamento sanitario alle singole regioni devono continuare ad essere rapportati al quadro epidemiologico e demografico e, semmai, pesare più di quanto è avvenuto sin qui la situazione sociale (disoccupazione, povertà , ecc). Anche perché l’uso strumentale dei costi standard serve solo a “giustificare” i tagli alla sanità, il cui finanziamento è invece largamente insufficiente ad assicurare i LEA.
 
Il benchmark deve essere utilizzato come strumento e occasione per favorire i processi di convergenza delle regioni più in difficoltà verso quelle di “riferimento” e si devono perfezionare gli indicatori di valutazione utilizzati (più peso alla prevenzione e all’assistenza distrettuale, e indicatori anche di esito non solo di performance).
 
Per questo insistiamo: la valutazione sulla qualità dell’assistenza sanitaria offerta ai cittadini deve pesare quanto quella relativa ai bilanci, superando logiche ragionieristiche nella gestione del SSN e basando le scelte di riorganizzazione e di utilizzo delle risorse sull’appropriatezza.
 
Stefano Cecconi
Responsabile Politiche della Salute Cgil

31 luglio 2013
© Riproduzione riservata


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