Spesa sanitaria. "Da qui al 2050 aumento del 150%". Le previsioni shock di Ambrosetti
L'analisi di European House Ambrosetti nel nuovo rapporto "Meridiano Sanità". A metà del secolo la spesa per la salute toccherà quota 281 miliardi passando dal 7,1% al 9,7% del Pil. Per evitare il fallimento del Ssn: nuova organizzazione, eliminare i dislivelli regionali e mutualità integrativa. Le dieci proposte.
06 NOV - Nei dodici mesi che sono trascorsi dalla precedente edizione di Meridiano Sanità, la situazione economica mondiale non è migliorata. Anzi, la crisi dell’eurozona si è ulteriormente deteriorata, e con essa la situazione italiana. Il futuro, poi, non è roseo, a guardare i dati consolidati e le proiezioni stimate nel Rapporto Meridiano Sanità 2012 presentato oggi a Roma.
L’Italia oggi è al terzo posto per rapporto Debito/PIL tra le economie avanzate e non ci sono prospettive di crescita economica nel breve (il ritorno della crescita del PIL è atteso solo nel 2014 per un modesto 0,4%). La sanità, già sottoposta negli ultimi anni a tagli consistenti, è dunque destinata a vivere altri duri anni. Anche a causa del suo ruolo, sempre più importante, di ammortizzatore sociale in un Paese in cui circa il 25% della popolazione vive a rischio di povertà o di esclusione sociale e il tasso di disoccupazione tra i giovani è del 36%. La domanda di salute – e quindi il fabbisogno sanitario – è inoltre destinata a crescere anche sulla spinta dei fattori di tipo socio-demografico, epidemiologico e tecnologico. Le dinamiche più importanti sono quelle legate all’invecchiamento demografico e alle cronicità.
Cosa si aspettano, dunque, gli esperti. Una crescita della spesa sanitaria pubblica, che nel 2050 supererà i 281 milioni di euro rispetto ai 112 miliardi spesi nel 2011, con un rapporto spesa/pil pari al 9,7% a fronte dell’attuale 7,1%, con un aumento della spesa che raggiunge quindi il 150% in termini assoluti. Si tratta, peraltro, di proiezioni che non possono esattamente considerare l’impatto del quadro epidemiologico della popolazione e che dunque potrebbero rivelarsi, nei fatti, anche peggiori del previsto.
A peggiorare potrebbe essere anche il divario tra la spesa sanitaria pro capite in Italia rispetto agli altri Paesi avanzati, che già oggi è inferiore del 20% rispetto alla spesa di Germania, Francia e Regno Unito.
Ma se dalla politica non arrivano segnali di maggiore disponibilità di risorse pubbliche da destinare alla sanità nel futuro, secondo Meridiano Sanità “esistono però, certamente, ancora delle aree di inefficienza e sprechi che possono essere aggredite, ma certamente non possono rappresentare una fonte di finanziamento sufficiente a coprire il nostro gap di risorse”. Sprechi su cui sarà necessario intervenire “per evitare di minare l’esistenza stessa del nostro Servizio Sanitario Nazionale”.
Meridiano Sanità 2012, in particolare, individua tre aree di intervento che devono svilupparsi poi in linee di azione concrete:
1) rivedere le scelte di allocazione delle risorse pubbliche attraverso una ridefinizione dell’assetto organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale;
2) eliminare le disparità che penalizzano l’Italia nel confronto Europeo in termini di accessibilità delle cure e ridurre le forti disomogeneità regionali presenti nel nostro Paese;
3) rafforzare la sanità integrativa in modo tale da rendere il finanziamento del sistema socio-sanitario più flessibile.
“Oltre a questi importanti cantieri di lavoro – sottolinea però il Rapporto - restano aperte altre questioni quali la “rimodulazione” dei LEA, ripresa anche dal decreto Balduzzi – che dovrebbe attuarsi a nostro avviso anche in funzione delle priorità che un sistema sanitario ha il dovere di individuare - il divario in termini di strutture e risorse tra Nord e Sud del Paese e le criticità del federalismo in sanità”.
Infine, eliminare le inefficienze, riorganizzare per processi, utilizzare al meglio le risorse private sono certamente azioni da perseguire. Anche se, precisa il rapporto, “non sono sufficienti se non si attua una strategia di rilancio della crescita del sistema economico del nostro Paese, che deve partire dai settori ad alta intensità di ricerca e sviluppo e di valore, quale è la filiera del farmaco”. E a tale proposito, sottolinea il Rapporto, i costi per sviluppare un nuovo farmaco sono già passati da 800 milioni di dollari a più di 1,3 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni.
06 novembre 2012
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