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Vaccini e coronavirus: a che punto siamo?

di Camilla de Fazio

Attualmente vengono testati oltre 170 possibili vaccini contro Sars-CoV-2, 27 sono in fase clinica, di questi 7 hanno lanciato degli studi di fase 3, che coinvolgeranno migliaia di partecipanti in tutto il mondo. Ecco chi sono i (probabili) finalisti della “corsa al vaccino” e a quali sono i risultati degli studi condotti fin ora

31 LUG - Lo sviluppo di uno o più vaccini contro il virus Sars-CoV-2 procede ad una velocità inedita: attualmente vengono testati oltre 170 candidati di cui più di 140 sono in fase pre-clinica e 27 in fase clinica (I, II o III). Di solito occorrono tra i 15 e i 20 anni per mettere a punto un vaccino, in questo caso si parla di un anno o un anno e mezzo.

I 'finalisti' di questa “corsa al vaccino” hanno avviato o stanno per avviare gli studi clinici di fase III, in cui vengono valutate la sicurezza e la risposta immunitaria su larga scala. Attualmente sono 7 e sfruttano fondamentalmente tre meccanismi d’azione.

Moderna, una società di biotecnologie con sede nel Massachusetts, in collaborazione con il National Institutes of Health, e Pfizer, in concerto con BiBioNTech, una società tedesca, stanno sviluppando dei vaccini a mRNA. In entrambi i casi l’mRNA che codifica per la proteina Spike (S) di Sars-CoV-2 è incapsulato in nanoparticelle lipidiche, in modo tale che la molecola possa entrare direttamente nelle cellule dove quindi viene prodotto l’antigene.

Altri due team, uno presso l'Università di Oxford, nel Regno Unito, in collaborazione con la società farmaceutica AstraZeneca, e uno composto da ricercatori della CanSino Biologics di Tianjin, in Cina, stanno invece sviluppando dei vaccini basati su vettori virali. Vengono quindi sfruttati dei virus che sono modificati geneticamente in modo tale che “trasportino” il gene che codifica la proteina S. Il vaccino inglese usa come vettore un virus di scimpanzé, quello cinese invece un virus del raffreddore umano.

Le compagnie cinesi Sinovac e Sinopharm hanno optato per un approccio “classico”: un vaccino composto dal virus Sars-CoV-2 inattivato.

C’è poi il vaccino del Murdoch Children’s Research Institute, in Australia, sviluppato nel 1900 contro la tubercolosi, che viene attualmente testato su medici e operatori sanitari.

I primi risultati pubblicati sugli studi di fase I e II

Nel mese di luglio quattro dei candidati sopra citati hanno pubblicato i primi risultati provenienti dagli studi di fase I e/o II. Negli studi di fase I si valuta la sicurezza e si stabilisce il dosaggio del vaccino su un numero ristretto di volontari, mentre negli studi di fase II la sicurezza viene valutata su un numero più ampio di soggetti. In un contesto di emergenza sanitaria, una strategia per accelerare lo sviluppo del vaccino è stata quella di “combinare” le fasi: alcuni trial sono in fase I/II: i prodotti vengono quindi testati per la prima volta su centinaia di persone.

Poiché gli studi si sono concentrati su sicurezza e dosaggio, questi non offrono informazioni sull’efficacia dei vaccini nel prevenire l’infezione o la malattia, ma suggeriscono che i vaccini candidati sono sicuri e possono evocare risposte immunitarie simili a quelle osservate nelle persone che sono state infettate dal virus, come sottolinea un articolo di Nature del 21 luglio. In tutti gli studi sono stati registrati poi gli effetti indesiderati comunemente osservati con altri vaccini, come dolori muscolari, febbre e mal di testa e, in generale, pochi partecipanti hanno sviluppato reazioni gravi.

I risultati dello studio di fase I condotto da Moderna sono stati pubblicati il 14 luglio sulla rivista New England Journal of Medicine. I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi da 15 volontari ciascuno al fine di testare tre dosi di mRBA-1273 (da 25 µg, da 100 µg o da 250 µg). Sono avvenute due somministrazioni, a 28 giorni di distanza l’una dall’altra. I ricercatori hanno osservato che i titoli anticorpali generati erano dose-dipendenti ed erano molto più alti dopo il secondo ciclo di iniezioni. Il picco di anticorpi è stato osservato al 43esimo giorno, in seguito si è verificata una diminuzione delle immunoglobuline in tutti e tre i gruppi. Sarà quindi fondamentale osservare negli prossimi studi quanto effettivamente gli anticorpi durano nell’organismo.

Il 27 luglio l'azienda ha annunciato l’avvio di un trial di fase III che verrà condotto su 30.000 soggetti sani in circa 89 siti degli Stati Uniti.

Risultati simili sono stati osservati nello studio di fase I/II sul candidato di Pfizer, BNT162b1, pubblicato in pre-print il 1 luglio. Nonostante la capacità del vaccino a indurre una risposta anticorpale (che anche in questo caso aumenta in seguito alla seconda somministrazione), la casa farmaceutica e il suo partner BiBioNTech hanno annunciato, il 27 luglio, che il vaccino che passerà in fase II/III sarà un altro: BNT162b2. Si tratta comunque di un vaccino a RNA, che codifica per una regione diversa della proteina S rispetto al primo candidato. L'azienda ha precisato che entrambi inducono risposte dei linfociti T all’antigene virale e portano alla produzione di alti livelli di anticorpi neutralizzanti, ma il secondo candidato sembra essere tollerato meglio e ha portato ad una più ampia varietà di risposte delle cellule T. Lo studio di fase II/III verrà condotto su 30.000 volontari negli Stati Uniti e in altri Paesi tra cui l’Argentina, il Brasile e la Germania. Se il vaccino verrà approvato la casa farmaceutica pensa di poter produrre 1,3 miliardi di dosi entro la fine del 2021.

Il 20 luglio sono stati pubblicati sulla rivista The Lancet i risultati preliminari del trial di fase I/II condotto in cinque siti del Regno Unito sul vaccino prodotto dall’Università di Oxford in collaborazione con AstraZeneca così come i primi dati dello studio di fase II per la valutazione dell'immunogenicità e della sicurezza del vaccino di CanSino, sviluppato in collaborazione con l'Istituto di biologia dell'Accademia delle scienze mediche militari del Paese.

Il vaccino britannico (ChAdOx1) è stato testato su quattro gruppi di volontari. Il livello di anticorpi ha raggiunto un picco al giorno 28 dopo la somministrazione ed è diminuito al giorno 56, in particolare il livello di anticorpi neutralizzanti era più elevato in coloro che avevano ricevuto due dosi di vaccino. Sono attualmente in corso un trial di fase II/III in Inghilterra e dei trial di fase III in Brasile e Sud Africa. Entro ottobre potrebbe essere disponibile un vaccino di emergenza e AstraZeneca ha dichiarato che la sua capacità produttiva potrebbe essere di due miliardi di dosi.

Il vaccino cinese invece è stato testato su 508 partecipanti (di cui oltre 100 hanno ricevuto il placebo). Le due dosi testate hanno prodotto titoli elevati di anticorpi neutralizzanti tra il giorno 14 e il giorno 28 e risposte specifiche delle cellule T. Il 25 giugno l’esercito cinese ha approvato il vaccino come “specially needed drug” (un farmaco di cui si ha particolarmente bisogno), il che lo renderà il primo vaccino approvato per uso limitato (sarà somministrato solo ai militari). Questa è comunque “decisione politica e non di natura scientifica. Non dimostra nulla sulla potenziale efficacia di questo vaccino”, ha affermato Marie-Paule Kieny, ricercatrice di vaccini presso INSERM di Parigi, citata da Nature il 31 luglio.

In generale questi primi risultati vanno interpretati con cautela e non possono essere uno strumento che permette un confronto tra i diversi candidati, perché non sappiamo quale sia la risposta immunitaria più efficace nella prevenzione dell’infezione.

Anche le cinesi Sinopharm e Sinovac hanno dichiarato, in comunicati stampa, che i loro vaccini inattivati stanno dando risultati promettenti e hanno portato alla produzione di anticorpi in tutti i partecipanti degli studi preliminari di fase I e II. Questo mese Sinovac ha lanciato una sperimentazione di fase III del suo vaccino in Brasile, dove verranno arruolati circa 9.000 operatori sanitari. Sinopharm testerà i suoi vaccini inattivati su 15.000 volontari degli Emirati Arabi Uniti.

Un cauto ottimismo

Nell’editoriale di Science del 31 luglio, H. Holden Thorp (caporedattore), ha messo in evidenza le diverse incognite scientifiche che permangono nonostante i progressi condotti dalle diverse industrie farmaceutiche. “Il vaccino resta la migliore via d’uscita dalla crisi pandemica”, sottolinea. Occorre però conservare “un cauto ottimismo” rispetto ai risultati ottenuti. Prima di tutto non possiamo sapere se il vaccino sia sicuro ed efficace nei lunghi tempi, e un anno di sperimentazione non basta per offrire delle risposte certe. Gli studi condotti fin ora inoltre suggeriscono che potrebbero essere necessarie due dosi, il che comporterebbe una sfida logistica ulteriore rispetto a quella già esistente nella prospettiva di produrre e distribuire una quantità sufficiente di vaccino.


Camilla de Fazio

31 luglio 2020
© Riproduzione riservata

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