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ASH/ 3 Linfoma non Hodgkin indolente: il regime chemio-free ‘R2’ in seconda linea aumenta del 56% la sopravvivenza libera da malattia

di Maria Rita Montebelli

Lo studio Augment, presentato all’ASH, ha dimostrato in seconda linea la superiorità in termini di sopravvivenza libera da malattia dell’associazione lenalidomide-rituximab, primo regime chemio-free nel linfoma non Hodgkin indolente follicolare e a zona marginale, rispetto al solo rituximab. Il nuovo regime, sulla base degli eccellenti risultati ottenuti da questo studio internazionale, potrebbe dunque ottenere a breve l’indicazione di Fda ed Ema. Oltre a risparmiare gli effetti collaterali della chemioterapia, la lenalidomide ha anche il vantaggio di essere un farmaco in compresse.

05 DIC - Un nuovo regime terapeutico ‘chemio-free’, basato sull’associazione lenalidomide-rituximab (un immunomodulante in compresse il primo, un anticorpo monoclonale anti-CD20 il secondo) si è rivelato molto efficace nel trattamento dei linfomi indolenti follicolari e a zona marginale recidivati o refrattari.
 
Lo dimostrano i risultati di AUGMENT, studio di fase 3 randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli che ha valutato l’efficacia e la sicurezza dell’uso sperimentale della lenalidomide in associazione a rituximab (il cosiddetto regime R2) versus rituximab più placebo, in una popolazione di pazienti con linfomi indolenti follicolari (FL) ricaduti o refrattari o con linfoma marginale (MZL). Il primo autore dello studio è John P. Leonard, Weill Cornell Medicine e New York Presbyterian Hospital, New York.
 
“Il regime lenalidomide-rituximab (R2) – commenta il professor Pierluigi Zinzani Dipartimento di Ematologia e Scienze Oncologiche,Università di Bologna - Policlinico S. Orsola-Malpighi -  è il primo regime terapeutico chemio-free nell’ambito dei linfomi, che lo studio RELEVANCE, presentato all’Asco 2018, ha testato in prima linea, nei linfomi follicolari in stadio avanzato in uno studio con disegno di superiorità. Il Relevance non ha raggiunto l’endpoint primario ma ha dimostrato che in prima linea questo regime chemio-free ha la stessa percentuale di successo in termini di risposta completa, mediana di sopravvivenza libera da malattia (PFS) e sopravvivenza globale (OS) rispetto alla chemioterapia.
 
Al congresso dell’American Society of Hematology (ASH) è invece stato presentato AUGMENT, studio internazionale su tre continenti e 17 Paesi, che ha arruolato 358 pazienti, affetti da linfomi indolenti follicolari (FL) ricaduti o refrattari o con linfoma marginale (MZL). Su questa popolazione di pazienti è stata testata in seconda linea l’efficacia del regime R2 (lenalidomide più rituximab) versus rituximab più placebo”.
 
Lo schema di trattamento prevedeva un primo ciclo (28 giorni) con lenalidomide 20 mg/die (R2) o placebo (controllo) nei giorni 1-21 associata a rituximab 375 mg/m2 ev nei giorni 1, 8, 15 e 22. I cicli 2-5, sempre su 28 giorni, prevedevano lenalidomide 20 mg/die (R2) o placebo (controllo) nei giorni 1-21, associata a rituximab 375 mg/m2 ev il primo giorno del ciclo. Infine i cicli 6-12 (ognuno di 28 giorni) prevedevano la sola somministrazione di lenalidomide 20 mg/die (R2) o placebo (controllo) nei giorni 1-21.
 
“Il risultato dello studio AUGMENT – prosegue Zinzani - è supersignificativo, con una mediana di PFS di 39,4 mesi per il braccio di studio R2, contro appena 14,1 mesi per il braccio di controllo (HR 0,46). La risposta completa (CR) è del 34% per R2 contro il 18% del rituximab; la durata della risposta mediana (DOR) è 36,6 mesi per R2 contro 21,7 mesi del braccio di controllo. Quindi sia l’endpoint primario che i secondari sono stati ottenuti e sono statisticamente significativi. L’aspetto della safety di R2 è buono; questo regime inoltre aumenta in maniera stratosferica la durata della risposta. Alla luce di questi risultati ci aspettiamo dunque il via libera sia da FDA che da EMA in breve tempo per questa indicazione, che dovrebbe essere disponibile anche per i pazienti italiani nell’arco di 12-15 mesi; il regime R2 si candida dunque a posizionarsi nel trattamento dei linfomi indolenti nell’ambito della seconda linea.
 
Dei  358 pazienti arruolati nello studio AUGMENT, la maggior parte era affetto da linfomi follicolari, tranne una settantina di pazienti, che erano affetti da linfomi della zona marginale (quindi indolenti non follicolari). Bisognerà vedere se questo piccolo numero di pazienti sarà sufficiente da un punto di vista regolatorio per EMA ed FDA per concedere l’indicazione anche nei linfomi MZL.
 
Nei linfomi follicolari – spiega Zinzani - la prima linea più utilizzata in Italia è bendamustina + rituximab (chemio-immunoterapia), mentre la seconda linea, che dipende molto dalle caratteristiche del paziente e dal suo performance status, potrebbe essere CHOP + rituximab (chemio-immunoterapia). Ma, una volta ricevuta l’approvazione, l’alternativa potrebbe essere rappresentata da questo regime chemio-free (il primo in assoluto) a base di lenalidomide e rituximab. Negli Usa in seconda linea viene utilizzato molto di frequente anche il solo rituximab”.
 
La lenalidomide, un agente immunomodulante orale con attività preclinica e clinica di anti-infiammazione, è un farmaco a somministrazione orale, in compresse; il regime terapeutico ne prevede la somministrazione quotidiana per tre settimane consecutive, seguita da una settimana di intervallo.
 
I Linfomi non Hodgkin (LNH) indolenti (cioè a lenta crescita) rappresentano il 35% di tutti i LNH; i linfomi follicolari sono il 20-30% circa di tutti i LNH e i linfomi a zona marginale l’8% circa.
 
Maria Rita Montebelli

05 dicembre 2018
© Riproduzione riservata

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