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Tubercolosi. Svelato il mistero della resistenza agli antibiotici

di Laura Berardi

Il batterio che porta la terribile malattia durante la divisione cellulare avrebbe la capacità di generare sottopopolazioni di cellule diverse. Per questo sarebbe così difficile sconfiggere la malattia. Ma una ricerca pubblicata su Science apre nuove vie per lo sviluppo di terapie efficaci.

16 DIC - La tubercolosi è una delle più gravi malattie del mondo, che uccide più di un milione e mezzo di persone ogni anno. La patologia è difficile da affrontare, perché alcune delle cellule colpite rispondono peggio agli antibiotici. Ma oggi alcuni ricercatori della Harvard School of publich Health (HSPH) forniscono su Science una spiegazione del perché succede, che potrebbe forse portare a trovare una soluzione. Il problema, spiegano gli scienziati nello studio, è che le cellule del batterio che porta la tubercolosi quando si dividono generano cellule diverse tra loro, alcune delle quali non rispondono al trattamento.
Lo studio, portato avanti in collaborazione con il Massachussetts General Hospital, era stato pensato proprio per capire cosa distinguesse le cellule che sopravvivono alla cura da quelle che ne vengono distrutte. Per fare questo, i ricercatori hanno analizzato una coltura di Mycobacterium smegmatis – una specie di batterio che si comporta in maniera simile al Mycobacterium tuberculosis, che porta la malattia – ed hanno registrato la divisione delle loro cellule con un sistema che permetteva di controllarle in tempo reale. “In questo modo abbiamo osservato in che modo alcune cellule batteriche hanno la capacità di sopravvivere agli antibiotici. E il risultato è stato assolutamente inaspettato”, ha spiegato Bree Aldridge, ricercatrice alla HSPH.
 
I biologi, infatti, pensavano che il batterio si dividesse in cellule tutte simili e della stessa misura, come ad esempio succede per un altro batterio molto conosciuto, quello dell’Escherichia Coli. Invece, hanno scoperto che le cellule figlie di M. smegmatis erano incredibilmente differenziate, di taglie diverse e con tassi di crescita variabili. Gli scienziati hanno scoperto che questo succede perché il batterio si sviluppa in una maniera strana, allungandosi da una parte: quando una cellula madre asimmetrica si divide, genera delle figlie molto diverse tra loro, non solo nella forma, ma anche per altre caratteristiche. Inclusi, appunto, i tassi di crescita.
 
Le diverse sottopopolazioni di cellule, secondo i ricercatori, si comporterebbero diversamente anche rispetto agli antibiotici. Questi infatti hanno come bersaglio proprio i processi di crescita e divisione cellulare. Per verificare quest’ipotesi, hanno dunque trattato le diverse cellule figlie con farmaci differenti, osservando la risposta. Il risultato? Le suscettibilità delle sottopopolazioni agli antibiotici risultavano essere diverse. Alcune cellule dei batteri risultavano infatti tollerare i farmaci.
“Se ci si pensa è quasi incredibile – ha commentato Sarah Fortune, che ha collaborato allo studio – questi micobatteri sono totalmente diversi da altri microrganismi come l’E. coli. Sarebbe molto più semplice pensare che tutti i batteri si comportino allo stesso modo, cosa che questo studio dimostra essere assolutamente errata. In alcuni casi lo fanno, ma in altri sono talmente dissimili da aver bisogno di trattamenti diversi”.
 
Secondo i ricercatori la scoperta apre la strada allo sviluppo di terapie diverse.“Per esempio si potrebbero cercare antibiotici che funzionino sulle differenti sottopopolazioni batteriche”, spiegano nello studio. “Solo in questo modo si eliminano anche quelle cellule che sembrano tollerare i nostri farmaci”.
 
Laura Berardi

16 dicembre 2011
© Riproduzione riservata

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