Scoperto l’interruttore genetico dell’altezza e come può influenzare l'artrosi
di Maria Rita Montebelli
Scoperti in corrispondenza di alcuni geni, degli ‘interruttori’ che possono determinare, se ‘accesi’ in corrispondenza del piatto di accrescimento delle ossa lunghe, la statura di un individuo. La variante ‘bassa statura’ è particolarmente rappresentata all’interno delle popolazioni europee e asiatiche e potrebbe aver rappresentato un vantaggio evolutivo. Questi ‘interruttori’, se ‘accesi’ a livello delle articolazioni, sembrano aumentare il rischio di osteoartrosi.
05 LUG - Un gruppo di ricercatori dell’università di Harvard ha appena pubblicato su
Nature Genetics la scoperta di una sorta di interruttore genetico dell’altezza , in grado di modificare l’attività di alcuni geni dello scheletro, fondamentali per il determinismo della statura di un individuo. Lo stesso gruppo di ricerca è riuscito inoltre ad individuare una variante genetica di questo ‘interruttore’ che favorirebbe la bassa statura e che risulta molto prevalente nella popolazione euroasiatica.
Nel corso dei loro studi i ricercatori americani hanno infine individuato un collegamento tra la sequenza genica che favorisce la bassa statura e un aumentato rischio di osteoartrosi.
“Le varianti geniche che abbiamo scoperto si trovano in sequenze non codificanti - spiega
Terence Capellini, professore associato di Biologia Evolutiva Umana – il che significa che il macchinario genetico intorno ad un gene può esercitare un impatto drammatico su come questo gene funzionerà. Ugualmente interessante è il fatto che, se da un punto di visto evolutivo si è verificato un aumento della frequenza del variante genetica ‘statura bassa’, a causa di una serie di mutazioni collegate, è andato aumentando anche il rischio di osteoartrosi.”
Le ricerche che hanno portato a questi risultati sono il risultato combinato degli sforzi di tre università (Harvard, Stanford e Waterloo) nei campi della biologia dello sviluppo, della genomica evolutiva e delle scienze bioinformatiche. La scelta è caduta su un singolo gene, il GDF5 già da tempo collegato alle variazioni di altezza in una serie di studi di
genome wide association (GWAS), studi questi che hanno coinvolto oltre 250 mila persone.
Le varianti correlate alle variazioni di statura si trovano tutte nelle regioni non codificanti intorno al gene e possono influenzare l’attività del gene in diverse aree del corpo, se si verificano in ‘interruttori’ genetici specifici. “In altre parole – spiega Capellini – se vuoi influenzare l’altezza di un individuo, uno dei punti dove andare ad ‘accendere’ questo gene è nel piatto di crescita delle ossa. Tuttavia, tutti gli studi sull’altezza condotti finora non sono mai riusciti ad individuare questi ‘interruttori’ e meno che mai la regione di GDF5 che contiene la variante di DNA responsabile delle variazioni di statura.
Per cercare questo ago nel pagliaio dunque Capellini e colleghi hanno attaccato un gene ‘reporter’ che colora di blu ogni ‘interruttore’ potenziale, andando poi a vedere dove il colore si andava ad appalesare nell’embrione di topo; in questo modo sono riusciti ad individuare una sequenza che controlla l’attività del gene nei piatti di accrescimento e, cosa ancor più importante, l’esistenza di una mutazione che interessa una singola base nell’interruttore che influenza l’attività del gene e l’altezza.
Andando a cancellare l’interruttore del GDF5 dal piatto di accrescimento osseo dei topi, le loro ossa e il collo del femore diventavano più corte.
La variante associata ad una bassa statura è più prevalente nelle popolazioni europee e asiatiche mentre si osserva raramente in quelle africane.
Probabilmente, secondo gli scienziati americani, la bassa statura in passato poteva rappresentare un vantaggio soprattutto per chi vive in un clima freddo (anche gli animali artici hanno delle appendici più corte, per ridurre il rischio di congelamento e per mantenere il calore del corpo).
La variante che conferisce una bassa statura, riduce l’attività del GDF5 nei piatti di accrescimento ma ci sono molte altre mutazioni collegate a questa. “Alcune – spiega Capellini - si verificano in altri ‘interruttori’ che abbiamo individuato, ognuno dei quali ‘accende’ il GDF5 a livello delle articolazioni. E queste mutazioni, che verosimilmente riducono l’attività di GDF5 nelle articolazioni, si associano ad un aumentato rischio di artrosi dell’anca e del ginocchio. Sappiamo che la genetica dell’altezza e dell’artrosi è molto complessa e coinvolge potenzialmente migliaia di geni. La biologia è veramente complessa ed è necessario tirar fuori tante di queste relazioni per capire come un carattere possa essere associato ad un altro”.
Maria Rita Montebelli
05 luglio 2017
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci