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Tumore ovarico. Chirurgia superiore a chemioterapia adiuvante

di David Douglas

A rilevarlo è uno studio statunitense pubblicato online da JAMA Oncology. I ricercatori hanno analizzato i dati retrospettivi di 23 mila donne che hanno ricevuto diagnosi di cancro ovarico tra il 2003 e il 2011 e trattate in diversi ospedali statunitensi. Nel corso del follow up mediano durato circa 56 mesi, la sopravvivenza globale è stata di 37,3 mesi nelle donne con PCS e di 32,1 mesi nel gruppo chemioterapia neoadiuvante. 

02 DIC - (Reuters Health) – Una ricerca statunitense rivela che fra le donne con tumore ovarico epiteliale in stadio avanzato sottoposte a chirurgia citoriduttiva primaria (PCS) la sopravvivenza è superiore a quella delle pazienti che ricevono la chemioterapia neoadiuvante. Lo studio è stato pubblicato online da JAMA Oncology.
 
La metanalisi
I ricercatori hanno analizzato i dati retrospettivi di 23 mila donne che hanno ricevuto diagnosi di cancro ovarico tra il 2003 e il 2011 e trattate in diversi ospedali statunitensi. Tutte le donne avevano un’età media di circa 70 anni ed erano candidate a entrambi i trattamenti, chirurgia citoriduttiva primaria o chemioterapia neoadiuvante. Tutte presentavano stadi di malattia compresi tra IIIC e IV e un indice di comorbidità di Charlson pari a zero. Complessivamente l’86,4% ha ricevuto la chirurgia citoriduttiva primaria, mentre il 13% è stato sottoposto a chemioterapia neoadiuvante. I ricercatori hanno confrontato due gruppi di circa 3 mila pazienti trattate con chemioterapia neoadiuvante e pazienti che avevano ricevuto PCS.

I risultati
Nel corso del follow up mediano durato circa 56 mesi, la sopravvivenza globale è stata di 37,3 mesi nelle donne con PCS e di 32,1 mesi nel gruppo chemioterapia neoadiuvante. La differenza si è dimostrata robusta nonostante due potenziali fattori confondenti osservati: elevata attività di malattia e stato del BRCA. Secondo i ricercatori la sopravvivenza più bassa nelle pazienti sottoposte a chemioterapia neoadiuvante potrebbe essere legata ad altri fattori confondenti, non osservati. Il dato è interessante, sebbene non siano state considerate alcune variabili importanti quali la competenza del chirurgo e la quantità di malattia residua dopo la chirurgia. Saranno necessari ulteriori studi per identificare specifici sottogruppi di pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dalla procedura chirurgica spesso necessaria nella malattia estesa. Ulteriori studi sono necessari anche per capire gli effetti sinergici tra chirurgia, rimozione della maggior parte della malattia e approcci terapeutici adiuvanti emergenti.

Fonte: JAMA Oncology

David Douglas

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

02 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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