Psicologia. La tavola, prima “scuola sociale” dei bambini
di Lisa Rapaport
I bambini imparano a interagire con gli altri quando sono seduti a tavola con i genitori. I piccoli, infatti, prestano molta attenzione a come il cibo viene mangiato da chi è accanto a loro e, soprattutto, osservano chi lo sta mangiando. Sono queste le principali evidenze di studio comparso su Proceedings of the National Academy of Sciences.
09 SET - (Reuters Health) – I bambini imparano a interagire con gli altri quando sono seduti a tavola con i genitori. I piccoli, infatti, prestano molta attenzione a come il cibo viene mangiato da chi è accanto a loro e, soprattutto, osservano chi lo sta mangiando. Sono queste le principali evidenze di studio comparso su Proceedings of the National Academy of Sciences. La ricerca aggiunge prove alla crescente mole di studi che suggeriscono come anche i bambini molto piccoli pensino in modo sofisticato circa le interazioni sociali. Per lo studio, i ricercatori hanno mostrato a più di 200 bambini di un anno una serie di video di persone che appezzano o detestano in modo evidente alcuni alimenti.
Quando i bambini hanno visto due persone nel video parlare la stessa lingua o agire come se fossero amici, i piccoli si sono aspettati di vederli apprezzare gli stessi cibi. Quando hanno visto due persone parlare lingue diverse o agire come se fossero ostili, i bambini si sono invece aspettati di vedere scelte alimentari differenti. “Questo suggerisce che i bambini che hanno diverse esperienze sociali possono essere più flessibili nel modo in cui pensano che certe persone mangino certi alimenti”, spiega l’autrice dello studio
Zoe Liberman, una ricercatrice di neuroscienze alla University of California di Santa Barbara che ha svolto la ricerca presso l’Università di Chicago.
Le altre evidenze
Nell’esperimento, i bambini bilingue hanno avuto una reazione diversa rispetto ai loro coetanei che parlavano una sola lingua. Mentre i piccoli monolingue si aspettavano che persone che parlavano lingue diverse preferissero cibi differenti, i bambini bilingue prevedevano che le persone che parlano idiomi diversi avrebbero mangiato gli stessi cibi. Secondo gli autori questo è possibile poiché i bimbi bilingue sono abituati a sentire molte lingue a tavola. Quando si trattava di alimenti nauseanti, tuttavia, i bambini avevano aspettative diverse. Se avevano visto una persona agire in modo disgustato dopo aver mangiato un cibo, si aspettavano che anche una seconda persona sarebbe stata disgustata da quel cibo, anche se la seconda persona apparteneva a un gruppo sociale diverso. Questo suggerisce che i bambini possono essere educati ad evitare gli alimenti che potrebbero essere potenzialmente pericolosi o nocivi, notano gli autori.
I commenti
“Lo studio è stato condotto su un piccolo campione e la maggior parte dei singoli esperimenti includeva non più di due o quattro dozzine di bambini”, chiariscono gli autori. “Anche così, i risultati evidenziano che il pasto non è solo cibo”, precisa
Lenna Liu, ricercatrice dell’Ospedale dei bambini di Seattle e della University of Washington, che non è stato coinvolta nello studio. “Noi mangiamo per connetterci con gli altri (saziandoci dal punto di di vista nutrizionale, sia da quello socio-emotivo) e ha senso che la natura di queste connessioni influenzino il modo in cui mangiamo e ciò che scegliamo di mangiare”, aggiunge Liu.
Questi risultati si aggiungono alle prove a favore dei pasti in famiglia, spiega
Myles Faith, ricercatore di psicologia alla University of Buffalo. “I genitori potrebbe sfruttare questo vantaggio per creare il maggior numero possibile di momenti di insegnamento per promuovere frutta e verdura – sia mangiando quegli stessi cibi, sia essendo positivi ed entusiasti delle scelte sane, sia mostrando un fronte famigliare unito”, prosegue Faith, che non è stato coinvolto nello studio. “Questa è un’opportunità per tutti i membri della famiglia, tra cui fratelli più grandi e nonni, per diffondere il messaggio del cibo”, conclude Faith.
Fonte: Proct Acad Sci 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana per Quotidiano Sanità/Popular Science)
09 settembre 2016
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