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Nessun legame tra telefonini e cancro al cervello


Dopo anni di attesa sono stati pubblicati i dati dello studio Interphone. Anche tra i forti utilizzatori non è emerso alcun aumento del rischio di gliomi o meningiomi cerebrali.

17 MAG - L’uso del telefono cellulare non risulta legato allo sviluppo di tumori cerebrali. È questa la conclusione dello studio Interphone, la più ampia indagine epidemiologica mai realizzata sul tema, che tra il 2000 e il 2004 ha arruolato oltre 10 mila persone tra i 30 e i 59 anni in 13 Paesi europei, tra cui l’Italia.
Lo studio, pubblicato sull’International Journal of Epidemiology, è stato promosso e coordinato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organo dell’Oms la cui mission è promuovere e coordinare ricerche internazionali sulle cause dei tumori nell’uomo e sui meccanismi di cancerogenesi, e di sviluppare strategie per la prevenzione e il controllo.
I partecipanti allo studio, la metà dei quali affetti da tumori (gliomi, meningiomi, neurinomi del nervo acustico e tumori delle ghiandole salivari) sono stati intervistati sull’uso del cellulare negli anni precedenti all’indagine: se avessero mai usato un telefono cellulare, quando avevano iniziato a farlo, quante volte al giorno lo utilizzavano e quanto tempo duravano le telefonate. Specifici accorgimenti, come un confronto con i dati relativi al traffico telefonico, sono stati impiegati per accertare la l’affidabilità del ricordo sull’uso del telefono da parte degli intervistati.
Dall’analisi dei dati non è emerso alcun aumento del rischio di gliomi o meningiomi cerebrali tra gli utilizzatori di telefoni cellulari. Non è stata osservata alcuna relazione tra durata dell’uso del cellulare e rischio di contrarre una di queste formae tumorali né è stato evidenziato alcun incremento di rischio tra gli utilizzatori a lungo termine (10 o più anni). Inoltre, non è stata rilevata alcuna tendenza all’aumento del rischio di tumore cerebrale all’aumentare del numero totale di chiamate e neppure all’aumentare delle ore cumulative d’uso.
I risultati della ricerca sono concordi con gli studi di laboratorio che non hanno finora dimostrato che i campi elettromagnetici a radiofrequenza utilizzati nella telefonia cellulare abbiano effetti cancerogeni.
Tuttavia, lo studio presta il fianco a critiche che lo stesso direttore dello Iarc, Christopher Wild, non manca di ammettere: ciò che accade alle persone che si espongono a tempi cumulativi di chiamate molto lunghi e “i cambiamenti nei modelli di uso rispetto al periodo in cui sono state condotte le rilevazioni di Interphone” meritano “ulteriori analisi”, ha affermato .
Su una forte lacuna dell’indagine, lo Iarc è già corso ai ripari: la coordinatrice dello studio, Elisabeth Cardis, ha infatti spiegato che la ricerca “continuerà con ulteriori analisi sull’uso dei cellulari e i tumori del nervo acustico e della parotide”. Inoltre, ha aggiunto, “vista la preoccupazione sul rapido incremento dell’uso del cellulare tra i più giovani - aspetto non indagato da Interphone - il Centro de Investigación en Epidemiología Ambiental (Creal) di Barcellona sta coordinando un nuovo progetto denominato MobiKids, finanziato dall’Unione europea allo scopo di indagare il rischio di tumori cerebrali proprio nei bambini e negli adolescenti”.
Non manca inoltre chi storce il naso sulla provenienza dei finanziamenti dello studio. Dei quasi venti milioni di euro del costo totale, oltre un quarto è stato di provenienza aziendale. Due, in particolare, i finanziatori più generosi: il Mobile Manufacturers’ Forum e la GSM Association. Hanno contribuito con tre milioni e mezzo di euro e sono entrambi espressione degli interessi delle compagnie delle telecomunicazioni. Lo Iarc assicura però che il meccanismo di finanziamento che ha visto filtrare le donazioni dall’International Union against Cancer garantisce “l’indipendenza degli scienziati”.
Antonino Michienzi 

17 maggio 2010
© Riproduzione riservata

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