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Diabete USA /9. Associazione liraglutide-degludec: la nuova frontiera nel controllo del diabete

di Maria Rita Montebelli

Presentati a Boston i risultati dello studio DUAL V: l’associazione precostituita di liraglutide e insulina degludec, rispetto a insulina glargine , migliora il controllo del diabete, dà meno episodi di ipoglicemia e fa perdere peso. Uno stretto controllo metabolico, ottenuto senza pagare lo scotto dell’ipoglicemia che, come dimostra lo studio HAT, costa almeno 76 milioni di euro l’anno nella sola Italia.

10 GIU - Associare la nuovissima insulina basale degludec con liraglutide (un analogo del GLP-1) migliora il compenso metabolico, riducendo il rischio di episodi di ipoglicemia e in più fa anche perdere peso, rispetto al trattamento con l’insulina glargine.
 
E’ la bottomline dei risultati di ‘DUAL V’, uno studio di fase 3b presentato a Boston al congresso dei diabetologi americani (Abstract 166-OR). Si tratta del primo confronto testa a testa tra l’associazione precostituita degludec-liraglutide in monosomministrazione giornaliera con insulina glargine, senza limiti di dosaggio.
 
Lo studio, in aperto e della durata di 26 settimane, ha arruolato una popolazione di 557 pazienti con diabete di tipo 2, non adeguatamente controllati dall’insulina glargine, somministrata ad un dosaggio compreso tra 20 e 50 unità al giorno. I pazienti, che all’inizio dello studio avevano una glicata tra 7 e 10%, sono stati randomizzati all’associazione degludec-liraglutide (n=278) o a proseguire il trattamento con glargine, aumentandone il dosaggio (n=279). Tutti erano anche in terapia con metformina. Nel corso dello studio erano previsti anche adeguamenti del dosaggio di degludec, se necessario, fino ad un massimo di 50 unità.
 
L’età media dei pazienti era di circa 60 anni, il BMI di 32 e la diagnosi di diabete risaliva a 11-12 anni prima.
 
Endpointprimario era la riduzione di emoglobina glicata. Al termine delle 26 settimane dello studio, i pazienti in terapia con l’associazione degludec-liraglutide presentavano una riduzione media di glicata di 1,8 punti percentuali (passando così da una glicata media di 8,4% all’inizio dello studio, a 6,6%) contro una riduzione di 1,1 punti percentuali raggiunta dal gruppo in terapia con glargine (i pazienti scendevano da una glicata media di 8,2% a 7,1%).
 
Un compenso metabolico molto soddisfacente in entrambi i gruppi dunque, anche se più pronunciato nei soggetti in trattamento con l’associazione. Ma la parte più interessante dello studio sta nel ‘come’ sono stati ottenuti questi risultati. Nei pazienti trattati con degludec-liraglutide, al termine dello studio si registrava una riduzione di peso media di 1,4 Kg, mentre al contrario il gruppo in trattamento con glargine era aumentato in media di 1,8 Kg, facendo così segnare una differenza netta tra i due gruppi di 3,2 Kg.
 
Vantaggi notevoli anche sul fronte degli episodi di ipoglicemia. Il gruppo trattato con degludec-liraglutide ha fatto registrare il 57% di episodi di ipoglicemia in meno, rispetto ai pazienti trattati con glargine.
 
“Questi risultati – afferma il professor John Busedella University of North Carolina School of Medicine, Chapel Hill, North Carolina - provano che il trattamento con degludec-liraglutide incide positivamente sui pazienti che non raggiungono un adeguato controllo metabolico con l’insulina basale. I pazienti che hanno utilizzato la terapia di associazione hanno raggiunto livelli medi di HbA1c del 6,6%, perdendo peso e presentando un numero inferiore di episodi di ipoglicemia, rispetto ai pazienti trattati con i dosaggi più elevati di insulina glargine”.
 
Al termine dello studio, ben il 72% dei pazienti trattati con degludec-liraglutide ha raggiunto un livello di glicata inferiore al 7%, contro il 47% dei pazienti trattati con insulina glargine; il 39% dei pazienti trattati con degludec-liraglutide inoltre aveva raggiunto livelli di glicata inferiori al 7%, senza incorrere in episodi di ipoglicemia e senza aumentare di peso; un risultato questo registrato solo nel 12% dei soggetti trattati con insulina glargine.
Nettamente ridotto infine anche il fabbisogno insulinico nei soggetti trattati con la terapia di associazione;  alla fine dello studio assumevano in media 41 unità di insulina degludec al giorno, contro le 66 unità al giorno del gruppo glargine.
 
“Il trattamento con l’insulina degludec e liraglutide – afferma il professor Agostino Consoli, ordinario di Endocrinologia, Università di Chieti -  presenta una serie di vantaggi rispetto alla terapia con l’insulina basale glargine. La terapia di associazione riduce maggiormente l’insulina glicata, fa perdere peso e dà meno ipoglicemie. E’ possibile ottenere  dunque un miglior controllo metabolico, pagando uno scotto minore all’ipoglicemia e all’aumento di peso. Lo studio DUAL V dimostra dunque che la combinazione insulina degludec -liraglutide ha un forte razionale, che si traduce in vantaggi clinici importanti. Questo tipo di combinazione potrebbe dunque rappresentare la nuova frontiera della ‘basalizzazione’ insulinica del futuro”.
 
Il fatto di raggiungere target glicemici importanti, senza il rovescio della medaglia dell’ipoglicemia è una questione di grande importanza e al centro del dibattito internazionale. Oltre agli evidenti effetti negativi sulla salute e sulla compliance del paziente alla terapia anti-diabetica, l’ipoglicemia comporta anche costi notevoli, che si vanno ad aggiungere alla già rilevante spesa per la gestione delle persone con diabete.
 
Lo dimostrano i dati dello studio HAT (Hypoglycaemia Assessment Tool), il più ampio studio mai condotto sull’argomento, che ha interessato oltre 27 mila persone con diabete in terapia insulinica.
 
Dopo un singolo episodio di ipoglicemia il 60,9% delle persone con diabete di tipo 2 e il 69,7% di quelle con diabete di tipo 1, riferivano un aumento della frequenza dell’automonitoraggio della glicemia; veniva registrato inoltre un aumento di ricoveri ospedalieri pari al 3,4% per le persone con diabete di tipo 2 e al 2,1% per quelle con il tipo 1. La necessità di essere rassicurati e di trovare consiglio in merito all’episodio di ipoglicemia portava il 6,8% di persone in più tra quelle con il diabete di tipo 2 e il 3,8% in più di quelle con il tipo 1 a rivolgersi al medico o ad altro personale specializzato.
 
L’ipoglicemia infine, secondo il 6,2% delle persone con diabete di tipo 2 e il 3,9% di quelle con diabete di tipo 1, riduce la produttività sia lavorativa che scolastica, provocando un maggior numero di assenze.
 
“Lo studio - commenta Antonio Nicolucci, Presidente Data Analysis Center IBDO Foundation e Direttore scientifico del Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology (CORE) - mostra chiaramente quanto gli episodi di ipoglicemia possano avere un forte impatto sulla vita quotidiana delle persone con diabete, oltre che determinare pesanti ripercussioni sul sistema sanitario, già sovraccarico. In Italia, i soli ricoveri ospedalieri per episodi gravi o cadute, incidenti e altre conseguenze del repentino abbassamento della glicemia, comportano una spesa stimata di 57 milioni di euro l’anno, che arriva a 76 milioni se si considerano gli accessi al pronto soccorso che non sfociano in ricovero. Mediamente, secondo uno studio condotto dalla Fondazione Mario Negri Sud e dalla regione Puglia sui costi delle ipoglicemie nel periodo 2003-2010, ogni singolo ricovero causato da un episodio grave di ipoglicemia costa 2.326 euro e, se l’ipoglicemia causa conseguenze gravi quali eventi cardiovascolari o cadute con fratture, questa spesa sale a 3.489 euro”.
 
Maria Rita Montebelli
 
 

10 giugno 2015
© Riproduzione riservata

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