Benzodiazepine: aumentano il rischio di Alzheimer con l’assunzione prolungata
di Maria Rita Montebelli
A lanciare l’allarme è uno studio franco-canadese, che evidenzia un aumento di rischio del 51% in chi assume benzodiazepine in maniera continuativa per oltre tre mesi. Le long acting sarebbero le più pericolose
11 SET - Le benzodiazepine, assunte come ansiolitici o ipnoinducenti per lunghi periodi, potrebbero rappresentare un fattore di rischio per morbo di Alzheimer. Già in passato c’erano state segnalazioni di un aumentato rischio di demenza tra gli
habitué di questi farmaci, ma non era chiaro se questa associazione fosse solo casuale o meno.
Un gruppo di ricerca franco-canadese è andato dunque ad esaminare la relazione tra Alzheimer ed esposizione alle benzodiazepine, alla ricerca di una relazione dose-risposta, cioè di una soglia di esposizione che facesse lievitare il rischio Alzheimer.
È stata esaminata a questo scopo la banca dati del programma di assicurazione sanitaria del Quebec, andando a ricercare i casi di Alzheimer diagnosticati tra gli anziani ai quali erano state prescritte benzodiazepine.
In una finestra temporale di sei anni, sono stati individuati 1796 casi di Alzheimer, che sono stati confrontati con un gruppo di controllo composto da 7184 persone di pari età, in buona salute.
I risultati dello studio, pubblicato su
British Medical Journal, indicano che assumere benzodiazepine per più di tre mesi, aumenta il rischio di Alzheimer del 51%; il rischio aumenta di pari passo all’aumentare del periodo di esposizione, ed è maggiore per le benzodiazepine
long-acting, rispetto alle
short-acting.
Secondo gli autori, i risultati di questo studio rinforzano il sospetto di una possibile associazione diretta delle benzodiazepine sulla genesi della demenza , ma non escludono che l’assunzione cronica di questi farmaci possa rappresentare un marcatore precoce di una condizione, associata ad un aumentato rischio di demenza.
Il
take home message è dunque di non demonizzare questa categoria di farmaci, molto utili sia nella gestione dei disturbi d’ansia che nell’insonnia transitoria, ma di utilizzarli con giudizio e per brevi periodi, senza mai superare i tre mesi di trattamento. Gli autori ritengono inoltre che questi risultati siano di enorme importanza per la salute pubblica, considerato l’uso cronico che molti anziani fanno delle benzodiazepine e dell’incidenza della demenza in crescita esponenziale nei Paesi occidentali.
Ad essere affetti da demenza sono al momento circa 36 milioni di persone nel mondo, un numero destinato a raddoppiare ogni 20 anni.
Kristine Yaffe della
University of California di San Francisco e
Malaz Boustani dell’
Indiana University Center for Aging Research, in un editoriale di commento, pubblicato sullo stesso numero, ricordano che nel 2012, l’
American Geriatrics Society ha inserito le benzodiazepine nella lista dei farmaci inappropriati per gli anziani , proprio in vista degli effetti indesiderati sulla sfera cognitiva. Ciò nonostante, si stima che un anziano su due continui ad assumere, spesso fuori controllo, questi farmaci.
Maria Rita Montebelli
11 settembre 2014
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