Tumori. Il gene TP53 è mutato in oltre il 50% dei casi. Scoperta nuova funzionalità della proteina corrispondente
La proteina p53 mutata favorisce un microambiente tumorale di tipo infiammatorio. La scoperta, dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, suggerisce di utilizzare, in concomitanza con le terapie già esistenti, terapie che abbiano come target la citochina infiammatoria IL-1. Lo studio, pubblicato su Oncogene, è stato finanziato da AIRC
11 LUG - I ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) hanno individuato una nuova funzionalità della proteina p53 mutata, che risulta frequentemente coinvolta nel cancro, dato che il corrispondente gene Tp53 è presente in oltre il 50% dei tumori umani. Lo studio, pubblicato su
Oncogene e finanziato dall’Associazione per la Ricerca sul Cancro AIRC, mostra che la proteina è in grado di promuovere la formazione di un microambiente tumorale pro-infiammatorio che sostiene l’aggressività del tumore. L’identificazione dei meccanismi molecolari con cui avviene questo processo è stata ottenuta da
Gianluca Bossi e
Valentina Ubertini, del gruppo di
Silvia Soddu dell’Istituto Regina Elena. (V Ubertini et al., Mutant p53 gains new function in promoting inflammatory signals by repression of the secreted interleukin-1 receptor antagonist”, Oncogene (2014), 1–12).
“La p53 mutata agisce diminuendo la produzione di una proteina anti-infiammatoria denominata sIL-1Ra.. La sIL-1Ra infatti agisce bloccando IL-1, la citochina infiammatoria per eccellenza coinvolta nei processi infiammatori e nella formazione di numerosi tumori solidi”, spiegano i ricercatori .
“L’infiammazione cronica accompagna e favorisce la crescita, la progressione e la metastatizzazione del tumore, e pazienti con tumori solidi che producono alti livelli di IL-1 hanno solitamente prognosi negativa” hanno dichiarato
Bossi e
Ubertini. “La capacità della p53 mutata di tenere bassi i livelli di sIL-1Ra contribuisce notevolmente al mantenimento di un microambiente tumorale di tipo infiammatorio e quindi alla malignità del tumore».
Questa identificazione potrebbe indirizzare verso nuovi target terapeutici, sottolineano i ricercatori. Mediante la migliore comprensione di questo meccanismo oncogenico, il risultato "suggerisce di utilizzare, nei tumori che presentino questo tipo di mutazioni, terapie che abbiano come
target la citochina infiammatoria IL-1, in concomitanza con le terapie già esistenti", affermano i ricercatori.
Inoltre, “la sIL-1Ra, è attualmente utilizzata in clinica per la cura dell’artrite reumatoide”, ha spiegato Silvia Soddu. Secondo la ricercatrice “potrebbe costituire una nuova arma da utilizzare per bloccare il cancro”. un importante risultato che permette di comprendere meglio il meccanismo oncogenico della stessa, e che suggerisce di utilizzare, nei tumori che presentino questo tipo di mutazioni, terapie che abbiano come
target la citochina infiammatoria IL-1, in concomitanza con le terapie già esistenti.
“L’infiammazione”, spiega
Ruggero de Maria, Direttore Scientifico del Regina Elena “non è sempre un evento avverso per la salute del nostro organismo. Processi infiammatori acuti costituiscono spesso una condizione di difesa, mentre processi infiammatori cronici, dovuti alla presenza di bassi ma costanti livelli di citochine infiammatorie costituiscono un microambiente favorevole per molte patologie, tra cui il cancro”.
L’IRE sottolinea che “il raggiungimento dei risultati pubblicati è stato possibile grazie all’importante contributo dell’Associazione per la Ricerca sul Cancro (AIRC) che ha finanziato il progetto ‘Study of the involvement of mutant p53 gain of function in tumor microenvironment’, di cui è responsabile Gianluca Bossi”.
11 luglio 2014
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